mercoledì 24 settembre 2014

La buona scuola – Il rapporto del MIUR

Una scuola efficiente, innovativa, moderna, attenta alle esigenze della società parte da valori e obiettivi condivisi che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nel rapporto ‘La buona scuola’ riporta in 12 punti fondamentali.


1. MAI PIÙ' PRECARI NELLA SCUOLA

Un piano straordinario per assumere 150 mila docenti a settembre 2015 e chiudere le Gradua¬torie ad Esaurimento.

2. DAL 2016 SI ENTRA SOLO PER CONCORSO
40 mila giovani qualificati nella scuola fra il 2016 e il 2019. D’ora in avanti si diventerà docenti di ruolo solo per concorso, come previsto dalla Costituzio¬ne. Mai più ‘liste d’attesa’ che durano decenni.

3. BASTA SUPPLENZE
Garantire alle scuole, grazie al Piano di assunzio¬ni, un team stabile di docenti per coprire cattedre vacanti, tempo pieno e supplenze, dando agli stu¬denti la continuità didattica a cui hanno diritto.

4. LA SCUOLA FA CARRIERA: QUALITÀ, VALUTAZIONE E MERITO
Scatti, si cambia: ogni 3 anni 2 prof. su 3 avranno in busta paga 60 euro netti al mese in più grazie ad una carriera che premierà qualità del lavoro in classe, formazione e contributo al migliora¬mento della scuola. Dal 2015 ogni scuola pubbli¬cherà il proprio Rapporto di Autovalutazione e un progetto di miglioramento.

5. LA SCUOLA SI AGGIORNA: FORMAZIONE E INNOVAZIONE
Formazione continua obbligatoria mettendo al centro i docenti che fanno innovazione attra¬verso lo scambio fra pari. Per valorizzare i nuovi Don Milani, Montessori e Malaguzzi.

6. SCUOLA DI VETRO: DATI E PROFILI ONLINE
Online dal 2015 i dati di ogni scuola (budget, valutazione, progetti finanziati) e un registro nazionale dei docenti per aiutare i presidi a mi¬gliorare la propria squadra e l’offerta formativa.

7. SBLOCCA SCUOLA
Coinvolgimento di presidi, docenti, ammini¬strativi e studenti per individuare le 100 proce¬dure burocratiche più gravose per la scuola. Per abolirle tutte.

8. LA SCUOLA DIGITALE
Piani di co-investimento per portare a tutte le scuole la banda larga veloce e il wifi. Disegnare insieme i nuovi servizi digitali per la scuola, per aumentarne la trasparenza e diminuirne i costi.

9. CULTURA IN CORPORE SANO
Portare Musica e Sport nella scuola primaria e più Storia dell’Arte nelle secondarie, per scom¬mettere sui punti di forza dell’Italia.

10. LE NUOVE ALFABETIZZAZIONI
Rafforzamento del piano formativo per le lingue straniere, a partire dai 6 anni. Competenze di¬gitali: coding e pensiero computazionale nella primaria e piano “Digital Makers” nella secon¬daria. Diffusione dello studio dei principi dell’E¬conomia in tutte le secondarie.

11. FONDATA SUL LAVORO
Alternanza Scuola-Lavoro obbligatoria negli ul¬timi 3 anni degli istituti tecnici e professionali per almeno 200 ore l’anno, estensione dell’im¬presa didattica, potenziamento delle esperien¬ze di apprendistato sperimentale.

12. LA SCUOLA PER TUTTI, TUTTI PER LA SCUOLA
Stabilizzare il Fondo per il Miglioramento dell’Of¬ferta Formativa (MOF), renderne trasparente l’utilizzo e legarlo agli obiettivi di miglioramen¬to delle scuole. Attrarre risorse private (singoli cittadini, fondazioni, imprese), attraverso in¬centivi fiscali e semplificazioni burocratiche.


Riportiamo di seguito l’introduzione al rapporto, mentre nei prossimi post saranno riportati i capitoli attinenti ai singoli punti individuati e analizzati, allo scopo di diffondere e condividere questa iniziativa affinchè possa portare a un ripensamento dell’istituzione scolastica, in termini di innovazione, specializzazione, efficacia ed efficienza didattica e sociale, ricordando che sul sito www.labuonascuola.it fino al 15 novembre è possibile partecipare alla consultazione online per esprimere le proprie opinioni in merito.
La CRESCITA inizia dalla PARTECIPAZIONE!




LA BUONA SCUOLA - Introduzione

All’Italia serve una BUONA SCUOLA che sviluppi nei ragazzi la curiosità per il mondo e il pensiero critico.
Che stimoli la loro creatività e li incoraggi a fare cose con le proprie mani nell’era digitale. Ci serve una buona scuola perché l’istruzione è l’unica soluzione strutturale alla disoccupazione, l’unica risposta alla nuova domanda di competenze espresse dai mutamenti economici e sociali.
Ciò che saremo in grado di fare sulla scuola nei prossimi anni determinerà il futuro di tutti noi più di una finanziaria, o di una spending review. Perché dare al Paese una Buona Scuola significa dotarlo di un meccanismo permanente di innovazione, sviluppo, e qualità della democrazia. Un meccanismo che si alimenta con l’energia di nuove generazioni di cittadini, istruiti e pronti a rifare l’Italia, cambiare l’Europa, affrontare il mondo.
Per questo dobbiamo tornare a vivere l’istruzione e la formazione non come un capitolo di spesa della Pubblica Amministrazione, ma come un investimento di tutto il Paese su se stesso. Come la leva più efficace per tornare a crescere. La scuola italiana ha le potenzialità per guidare questa rivoluzione.
Per essere l’avanguardia, non la retrovia del Paese all'Italia serve una buona scuola, Può farlo se si mette in discussione, se si apre al dibattito con il mondo che la circonda.
A partire dalle famiglie e dalle imprese. Se le scuole diventano i luoghi dove si pensa, si sbaglia, si impara.
Se diventano i centri delle nostre città. Se riusciamo ad accrescere negli studenti, nei docenti, nei dirigenti, in tutto il personale, la consapevolezza di essere parte di un progetto comune, realistico ma ambizioso, che va decisamente oltre le mura del proprio edificio scolastico. Un progetto che riguarda sessanta milioni di persone. Un Paese intero che ha deciso di rimettersi in cammino. Per la Buona Scuola non bastano più azioni circoscritte o interventi mirati. È finito il tempo delle sperimentazioni. Occorre intervenire in maniera radicale. Accettando di uscire dalla comfort zone, dal “si è sempre fatto così”, perché questo alibi non ci ha portato da nessuna parte. Il rischio più grande, oggi, è continuare a pensare in piccolo, a restare sui sentieri battuti degli ultimi decenni.
Piuttosto, abbiamo bisogno di ridefinire il modo in cui pensiamo, formiamo e gestiamo la missione educativa della
scuola. Ci serve il coraggio di ripensare come motivare e rendere orgogliosi coloro che, ogni giorno, dentro
una scuola, aiutano i nostri ragazzi a crescere. O cosa si impara a scuola. O come le nostre scuole sono gestite.
Un maestro o una professoressa possono determinare con il loro lavoro il futuro di centinaia di ragazzi più di quanto
non possa farlo un membro del Governo o l’amministratore delegato di una società.
Eppure, nei decenni, riforme incomplete e scelte di corto respiro hanno svalutato l’alta responsabilità professionale e civile di chi fa nel nostro Paese il mestiere più nobile e bello: quello di aiutare a crescere le nuove generazioni.
Abbiamo alimentato un precariato enorme, disperso in liste d’attesa infinite dove si resta parcheggiati per anni – in molti casi per decenni – in attesa di un posto di lavoro. E questa precarizzazione ha messo in contrapposizione generazioni di colleghi, che dovrebbero invece lavorare uniti nella missione più alta che esiste: quella dell’istruzione.

Mentre continueremo a rinnovare e rendere più sicure e belle le nostre scuole, con un grande piano nazionale sull’edilizia scolastica, oggi ripartiamo da chi insegna. Con un’operazione mai vista prima nella storia della Repubblica e che servirà a trasformarli in forza propulsiva di cambiamento del nostro sistema scolastico.
A loro vogliamo dire chiaramente: siamo pronti a scommettere su di voi. A farvi entrare nella partita a pieno titolo,
e a farvi entrare subito. Ma a un patto: che da domani ci aiutiate a trasformare la scuola, con coraggio. Insieme alle famiglie, insieme ai ragazzi, insieme ai colleghi e ai dirigenti scolastici. Per questo lanciamo un Piano straordinario per assumere a settembre 2015 quasi 150 mila docenti: tutti i precari storici delle Graduatorie ad Esaurimento, così come tutti i vincitori e gli idonei dell’ultimo concorso. E per questo bandiamo, nello stesso tempo, un nuovo concorso per permettere ad altri 40 mila abilitati all’insegnamento di entrare in carriera, sostituendo
via via – tra il 2016 e il 2019 – i colleghi che andranno in pensione e rinverdendo così la platea degli insegnanti. E da ora in avanti ci impegniamo a far sì che concorsi regolari restino l’unica via per diventare insegnanti. Perché è per concorso che si accede alla carriera pubblica, perché le graduatorie sono state un errore grave da non ripetere.
Questo piano straordinario non permetterà solo di risolvere per sempre il problema del precariato storico, ma soprattutto ci consentirà di dare stabilmente alle scuole tutti i docenti che oggi mancano all’appello per ridurre drasticamente le supplenze, rendere possibile il tempo pieno, insegnare saperi antichi e nuovi, e far sì che la buona scuola alleni i ragazzi, dentro e fuori dall’orario di lezione, a confrontarsi quotidianamente con la modernità.

Capitolo 1
Questo piano di assunzioni deve poi andare di pari passo con un modo nuovo di fare carriera all’interno della scuola: introducendo il criterio del merito per l’avanzamento e per la definizione degli scatti stipendiali, attraverso un sistema in cui la retribuzione valorizzi l’impegno di ogni insegnante e il suo contributo al miglioramento della propria scuola. Perché non è più concepibile una carriera scolastica in cui si cresce solo perché si invecchia.

Capitolo 2
Ogni scuola dovrà avere vera autonomia, che significa essenzialmente due cose: anzitutto valutazione dei suoi risultati per poter predisporre un piano di miglioramento. E poi la possibilità di schierare la “squadra” con cui giocare la partita dell’istruzione, ossia chiamare a scuola, all’interno di un perimetro territoriale definito e nel rispetto della continuità didattica, i docenti che riterrà più adatti per portare avanti il proprio piano dell’offerta formativa. Tutto ciò richiederà docenti continuamente formati all’innovazione didattica. Siamo il Paese di Montessori e di Don Milani, di Don Bosco e Malaguzzi: giganti che hanno, dal basso e dalla periferia, rivoluzionato il modo di educare i giovani in tutto il mondo. Quest’epoca di innovazione non è finita: la nostra scuola è piena anche oggi di innovatori silenziosi. Dobbiamo farli crescere, potenziando e rendendo obbligatoria la formazione
in servizio, con modalità nuove che valorizzino e mettano in rete gli innovatori naturali della nostra scuola, dando loro un ruolo di “guide decentrate” dell’innovazione didattica. Vogliamo poi che la scuola ritorni ad essere centro civico e gravitazionale di scambi culturali, creativi, intergenerazionali, produttivi. Per farlo servono semplicità, connessione e apertura. Serve sbarazzarsi della burocrazia scolastica. Servono connessione e connettività alla Rete, alla conoscenza, al mondo. Servono apertura verso il territorio e la comunità.

Capitolo 3
Queste nuove energie e questi nuovi strumenti hanno un solo fine: quello di garantire un aggiornamento costante del sistema educativo, a beneficio di quello che i nostri ragazzi imparano a scuola. Serve rafforzare l’insegnamento di quelle discipline, come la storia dell’arte e la musica, che sono al tempo stesso parte del nostro patrimonio storico e della sensibilità contemporanea. E serve spingere più in là la frontiera dell’alfabetizzazione, potenziando la conoscenza delle lingue straniere, del digitale, dell’economia. Di cosa si impara a scuola deve parlare tutto il Paese, in un grande dibattito aperto: perché dai libri che i nostri figli studieranno, dalle lezioni a cui assisteranno, dalle
esperienze che faranno a scuola, dipende il futuro di ciascuno di noi.

Capitolo 4
La scuola deve diventare poi la vera risposta strutturale alla disoccupazione giovanile, e l’avamposto del rilancio del Made in Italy. La soluzione sta nel rafforzare due meccanismi fondanti del nostro sistema, decisamente indeboliti negli ultimi anni: da una parte, raccordare più strettamente scopi e metodi della scuola con il mondo del lavoro e dell’impresa, muovendosi verso una via italiana al sistema duale; dall’altra, affiancare al sapere il saper fare, partendo dai laboratori, perché permettere ai ragazzi di sperimentare e progettare con le proprie mani è il modo
migliore per dimostrare che crediamo nelle loro capacità.

Capitolo 5
Per sostenere questo sforzo di miglioramento dell’offerta formativa occorrono risorse. Sia pubbliche – che devono essere certe, programmate, stabili nel tempo e monitorate dai cittadini – sia private: la scuola non è una voce di spesa della PA, ma il modo in cui il Paese investe su se stesso. Per questo occorre incoraggiare anche fiscalmente i contributi di tutti coloro – cittadini, associazioni, imprese – che credono che la scuola sia un investimento sul futuro. E serve lavorare perché la scuola sia aperta alla comunità che la circonda. Anche dopo l’orario delle lezioni, anche per chi non è uno studente.

Capitolo 6
Tutto ciò che è proposto in questo Rapporto lo abbiamo studiato, vagliato, incubato negli ultimi mesi. Oggi lo offriamo perché sia oggetto di dibattito e confronto nei prossimi fino a novembre, nel quadro di quella che vogliamo diventi la più grande consultazione – trasparente, pubblica, diffusa, online e offline – che l’Italia abbia mai conosciuto finora. Lo offriamo ai cittadini italiani: ai genitori e ai nonni che ogni mattina accompagnano i loro figli e nipoti a scuola; ai fratelli e alle sorelle maggiori che sono già all’università; a chi lavora nella scuola o a chi sogna
di farlo un giorno; ai sindaci e a quanti investono sul territorio. Lo offriamo a tutti gli innovatori d’Italia. Perché non esistono soluzioni semplici a problemi complessi. Perché ci aiutino a migliorare le proposte, a capire cosa manca,
a decidere cosa sia più urgente cambiare e attuare.


Perché per fare la Buona Scuola non basta solo un Governo. Ci vuole un Paese intero.

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