martedì 30 aprile 2013

Roba da Information Brokers (Dalla "Spir@le della conoscenza")


L' information brokering è un servizio di intermediazione che comprende il recupero, l'interpretazione e l'organizzazione di informazioni e di documenti rivolto ad aziende o a privati.
L’attività che si occupa della “rilevazione, elaborazione e diffusione dei documenti ” (secondo la definizione dello studioso Paolo Bisogno del 1979) è detta propriamente “documentazione”.
L'information broker in tale ambito  è l’intermediario tra le fonti di informazione, che oggi risiedono principalmente sulla rete Internet (in particolare le banche dati online), e i clienti che vi sono interessati, trattandosi della ricerca e dell’organizzazione dell’informazione svolti su basi commerciali da professionisti indipendenti per conto terzi.  Il cuore dell'attività di infobrokering (IB) consiste nell'esame delle informazioni richieste dal cliente (selezione, analisi e valutazione), e in particolare nel comprendere i processi di elaborazione che richiedono tali informazioni.  I dati vengono organizzai secondo la richiesta e confezionati in report ed abstract. Va sottolineato come tali servizi informativi di ricerca e le figure professionali connesse siano direttamente collegati alla nascita di un vero e proprio “mercato dell’informazione”, con valenze direttamente economiche, in un’ottica, quindi, di economia della conoscenza. Se il lavoro è divenuto ormai totalmente cognitivo e se il consumo attribuisce la maggior parte del valore al significato o al servizio associato ad un bene materiale, invece che al bene materiale di per sé, dobbiamo prendere atto del fatto che un grande cambiamento si è ormai compiuto: la nostra economia reale è diventata un'economia in cui è la conoscenza che costituisce valore aggiunto al servizio stesso. Viviamo di conseguenza in una forma di capitalismo cognitivo di cui occorre capire le leggi e le possibilità.
Il valore viene prodotto costruendo il mondo delle opportunità, frutto dell'immaginazione, della comunicazione e della condivisione.
Lo sviluppo delle attitudini e delle competenze di gestione documentale di IB riguardano alcune problematiche specifiche, riassumibili in:
·         Capacità organizzative. Intese come capacità di gestione del nucleo risorse umane a disposizione, nel caso in cui si disponga di un vero e proprio team e di individuazione delle metodologie atte alla costruzione del piano di budget per l’allocazione delle risorse e di controllo e gestione delle attività (tecniche di project management business plan).
·         Capacità di recupero e gestione delle informazioni. Risulta necessario incrociare i bisogni informativi del contesto di riferimento con le capacità professionali degli specialisti, in modo tale che i servizi informativi prodotti siano tanto efficaci da garantirne completa visibilità e usabilità ai destinatari/committenti.
·         Capacità di promozione dei servizi. Come per molte altre attività di servizio, anche la documentazione ha bisogno di strategie di marketing, che dovranno valorizzare le competenze dei soggetti coinvolti nel processo continuo di recupero dell’informazione per reinvestirle, nella maniera più opportuna, verso le diverse utenze finali.
In ultima analisi, quindi, gli elementi essenziali del marketing della documentazione possono essere individuati come: la capacità di analisi del contesto di riferimento, la creazione di un processo di continua interazione tra le risorse coinvolte (collaborazione e cooperazione), l’individuazione di nuove utenze e forniture dimostrative dei servizi che determinano la trasformazione di clienti da potenziali in reali, dimostrazione dell’economicità delle attività di tali servizi di recupero informativo mediante degli indicatori specifici, in grado di correlare attività svolte e risultati raggiunti.

http://www.infooggi.it/articolo/roba-da-information-brokers/41376/

Il management dei servizi documentali: l'Information Brokering (IB)


L'infobrokering nasce negli anni Settanta negli Stati Uniti. Inizialmente veniva interpretato come la possibilità di separare la funzione libraria-archivistica dall'edificio, la biblioteca, in cui tradizionalmente la funzione archivistica si svolgeva. I primi professionisti che esercitarono funzioni di IB furono infatti dei bibliotecari, che decisero di uscire dai confini della loro biblioteca per eseguire ricerche bibliografiche a pagamento come moderni freelance.
Tra i pionieri della professione da citare sono sicuramente Darlene Waterstreet di Milwaukee, Susan Klement e Alice Sizer e Kelly Warnken.
Nel 1976 Susan Klement creò quello che è considerato il primo manuale per specialisti dell'informazione, "Bozza di un corso per mansioni bibliotecarie alternative" (titolo originale “Draft Proposal for a Graduate Course on Alternatives in Librarianship”), che venne pubblicato sul Canadian Library Journal nel fascicolo di aprile del 1977.
Sempre nel 1977 Kelly Warnken pubblicò il primo archivio di informazioni a pagamento, che da allora continua ad essere pubblicato ancora oggi, inerente ai fatti che accadono in tutto il mondo.
Si può però considerare il 1987 (anno di nascita della prima associazione professionale di infobroker, l'Association of Indipendent Information Professionals, AIIP) come anno rappresentativo della fase più significativa della storia di questa professione. Risalgono a questo periodo, infatti, la nascita dei grandi host e la costruzione dei primi database bibliografici remoti, caratterizzati da costi e complessità tali da essere inaccessibili agli utenti finali e a volte perfino alle stesse biblioteche.
Nella seconda metà degli anni '90 l'esplosione del fenomeno Internet ha profondamente modificato la rilevanza e il ruolo di questa figura professionale, determinando un certo ridimensionamento delle prospettive che sembravano aprirsi tra la fine degli anni '80 e gli inizi degli anni '90.

Le funzioni dell'information broker possono essere così riassunte:
  • ·   Comprensione ed accettazione delle richieste del committente
  • ·         Pianificazione della strategia di ricerca
  • ·         Attuazione della ricerca
  • ·         Presentazione dei risultati
  • ·         Costante aggiornamento su metodi, strumenti e risultati.


Le ditte di grandi dimensioni dovrebbero possedere al proprio interno un reparto apposito per la ricerca di documentazione. Invece le aziende di medie dimensioni, come le case editrici, le agenzie pubblicitarie, ecc. usufruiscono in genere dei servizi di infobroker indipendenti in outsourcing. Nel mercato anglosassone molti infobroker si sono organizzati in veri e propri studi professionali.
D'altra parte l'informazione che si può trovare liberamente in rete è ormai disponibile a tutti, grazie ai motori di ricerca che utilizzano algoritmi sempre più potenti. In questo contesto, gli information broker possono conservare un vantaggio concorrenziale se uniscono alle informazioni recuperate altri servizi, di elevato valore aggiunto (es. consulenza di mercato, corsi di formazione, controllo dei contenuti, ecc.).

Le banche dati utilizzate dagli information brokers possono essere distinte, in base al contenuto, in quattro tipologie:
·         Banche dati di informazione primaria. Contengono il testo integrale o le parti fondamentali di documenti originali come ad es. articoli di riviste, di quotidiani, testi di leggi, copie di brevetti, ecc.
·         Banche dati di informazione secondaria. Contengono indicazioni bibliografiche, generalmente corredate di sommari, relative a vari tipi di pubblicazioni originali.
·         Directory online. Contengono elenchi di imprese o altri operatori economici.
·    Banche dati numeriche. Contengono dati numerici e tabelle corredati di indicazioni volte a facilitarne l'accesso e la manipolazione.

Pronti per la settimana delle Comunicazioni Sociali


Dal 5 al 12 maggio 2013 si terrà la settimana dedicata alle comunicazioni sociali, organizzata dalla Società San Paolo, dalle Figlie di San Paolo e dalla Diocesi di Avezzano (AQ). Il tema è stato offerto dal papa emerito Benedetto XVI in occasione della 47sima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2013). L’obiettivo è quello di acquisire  una maggiore consapevolezza sul ruolo dei social network come spazio di esperienza di vita reale che non può essere tralasciato. La comunicazione sta cambiando la nostra vita e ancora troppa poca attenzione, forse, si sta dando a questa svolta epocale.
Sempre come affermato da Benedetto XVI “lo sviluppo delle reti sociali digitali sta contribuendo a far emergere una nuova «agorà», una piazza pubblica e aperta in cui le persone condividono idee, informazioni, opinioni, e dove, inoltre, possono prendere vita nuove relazioni e forme di comunità. Questi spazi, quando sono valorizzati bene e con equilibrio, contribuiscono a favorire forme di dialogo e di dibattito che, se realizzate con rispetto, attenzione per la privacy, responsabilità e dedizione alla verità, possono rafforzare i legami di unità tra le persone e promuovere efficacemente l’armonia della famiglia umana”.
Lo scambio di informazioni può diventare vera comunicazione, i collegamenti possono maturare in amicizia, le connessioni agevolare la comunione. La cultura dei social network e i cambiamenti nelle forme e negli stili della comunicazione, pongono sfide impegnative a coloro che vogliono parlare di verità e di valori. Spesso, come avviene anche per altri mezzi di comunicazione sociale, il significato e l’efficacia delle differenti forme di espressione sembrano determinati più dalla loro popolarità che dalla loro intrinseca importanza e validità. Dialogo e dibattito possono fiorire e crescere anche quando si conversa e si prendono sul serio coloro che hanno idee diverse dalle nostre. La sfida che i network sociali devono affrontare è quella di essere davvero inclusivi.  L’ambiente digitale, infatti, non è un mondo parallelo o puramente virtuale, ma è parte della realtà quotidiana di molte persone, specialmente dei più giovani. I network sociali sono il frutto dell’interazione umana, ma essi, a loro volta, danno forme nuove alle dinamiche della comunicazione che crea rapporti: una comprensione attenta di questo ambiente è dunque il prerequisito per una significativa presenza all’interno di esso. La capacità di utilizzare i nuovi linguaggi è richiesta non tanto per essere al passo coi tempi, ma proprio per permettere di trovare forme di espressione che siano in grado di raggiungere le menti e i cuori di tutti. Nell’ambiente digitale la parola scritta si trova spesso accompagnata da immagini e suoni.
I social network, oltre che strumento di evangelizzazione, possono essere un fattore di sviluppo umano. Ad esempio, in alcuni contesti geografici e culturali, le reti sociali possono rafforzare il senso di effettiva unità con la comunità universale umana.
L’immagine che caratterizzerà tutte le iniziative che verranno realizzate in collaborazione con diocesi, parrocchie, associazioni e Comuni è stata curata dell’AtelierGuckArte di Milano, ed evidenzia l’interconnessione dei vari social network, ma con in mano anche dei libri, tradizionali fonti della trasmissione del sapere e della conoscenza, e il logo dell’Anno della fede. Ma i veri protagonisti sono i due ragazzi che, pur immersi nei simboli che accompagnano le loro giornate, sono sereni perché dotati di equilibrio, intelligenza e misura verso la Rete: connessi ma liberi e capaci di scegliere.

http://www.infooggi.it/articolo/pronti-per-la-settimana-delle-comunicazioni-sociali/41374/

giovedì 25 aprile 2013

Nuove esigenze di e-commerce


La tecnologia è di vitale importanza per lo sviluppo e la crescita di un Paese. Il Decreto Crescita, approvato lo scorso ottobre 2012, va nella direzione di un’adozione spinta delle tecnologie, soprattutto nel mondo della Pubblica Amministrazione. I provvedimenti a sostegno della banda larga e delle start-up innovative sono sicuramente un passo verso il mondo dell’impresa, ma non si può nascondere che manchino alcuni provvedimenti diretti a dare un ulteriore impulso al sistema economico del tessuto imprenditoriale nazionale. Tra gli strumenti dimenticati, l’e-Commerce è quello che più di altri potrebbe dare una marcia in più alle nostre aziende sul fronte della competitività.
L’e-Commerce riguarda quelle soluzioni “Internet Based” in grado di gestire i processi commerciali, dalla conoscenza iniziale di un prodotto o di un servizio all’assistenza post-vendita, partendo dalla relazione commerciale che lega i fornitori pubblici o privati ai clienti.
Complessivamente l’e-Commerce nazionale vale circa 220 miliardi di euro, cioè il 6% circa del transato totale. Siamo, quindi, di fronte a uno strumento potente, che potrebbe dare grandi risultati in termini di sistema. Sarebbe però un errore ridurlo a mero strumento di vendita attraverso portali web, magari pensandolo come il mezzo per sostenere l’export del made in Italy, in quanto il mercato va fatto maturare anche dall’interno, non solo pensando alla sua valenza sull’estero. Pensare all’e-Commerce significa pensare alla produttività del lavoro, non guardando solo alla conquista di mercati, ma favorendo la competitività delle imprese, sia sui mercati nazionali che su quelli esteri. In questa ottica è importante, quindi, stimolare la fase preliminare di marketing e comunicazione digitale, ancora più di quelle transazionali e di pagamento. Ad esempio un’azienda intenzionata ad aprire un canale commerciale via Internet rivolto al consumatore finale italiano o estero deve maturare prima un’efficace azione di marketing per poi pensare ad aprire il “negozio elettronico”.
Infatti, per abilitare la transazione e il pagamento online basta appoggiarsi a servizi internet già esistenti, ma per far conoscere efficacemente la propria offerta al mercato occorre che il supporto significativo si concentri sulla fase pre-transazionale. Le micro e piccole imprese vanno sostenute con iniziative per la messa a punto della strategia di internazionalizzazione e con progetti di collaborazione con i provider, attraverso convenzioni o contratti quadro, in grado di facilitare l’adozione di soluzioni commerciali e di spingere le imprese, soprattutto quelle meno dotate di cultura e mezzi, verso i mercati digitali.
Oltre alla predisposizione di adeguate strategie di marketing digitale e la partecipazione a portali aggregatori già esistenti, sarebbe senz’altro utile avere incentivi fiscali per la digitalizzazione del ciclo ordine-pagamento, accompagnati da una buona politica volta allo sviluppo della conservazione sostitutiva dei documenti, della fatturazione elettronica e l’utilizzo di piattaforme digitali per gli acquisti, dando luogo a benefici non solo in termini monetari, ma anche di trasparenza, generando condizioni eque di competitività, efficacia ed efficienza dei processi di vendita e di crescita economica.


http://www.infooggi.it/articolo/nuove-esigenze-di-e-commerce/41161/

Info & contatti:

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Da "La spr@le della conoscenza" - Applicazioni Cloud e GED


L’ambito della Pubblica Amministrazione (PA) dovrebbe essere quello in cui maggiormente utilizzare le moderne strategie e tecnologie di condivisione, anche se dai risultati di alcune ricerche sembra che il settore pubblico in generale non stia sfruttando al massimo i benefici derivanti dal cloud computing, tra cui il semplice accesso alle informazioni e un migliore utilizzo della conoscenza con conseguente aumento della flessibilità, in un’ottica di business.
Questo probabilmente è una conseguenza della considerazione dei processi documentali come non interconnessi tra di loro e la convinzione che persone e tecnologie coinvolti in tali processi siano da considerarsi come elementi a sé stanti, distinti e separati tra di loro, anziché complementari, come in realtà sono.
Dalle ricerche risulta che il 47% degli enti pubblici utilizza il cloud per condividere i documenti, mentre per il 71% ne usufruisce per consentire ai dipendenti di accedere alle informazione a partire da dispositivi mobili (mobile devices). Ci sono comunque organizzazioni del settore pubblico che riconoscono che la tecnologia possa realmente aiutare a migliorare i servizi al cittadino erogando grande utilità e qualità. In tale contesto è importante che i processi documentali vengano gestiti in modo che le informazioni siano assolutamente corrette e condivise tra i vari uffici in maniera sicura ed efficiente. La sfida è che la PA utilizzi sempre maggiormente dati in formato elettronico e che il cloud svolga così un ruolo fondamentale nel passaggio dall’utilizzo del cartaceo al digitale. In questo modo si può garantire accesso alle informazioni al momento giusto e nel momento corretto, gestendo workflow documentali organizzati in base alle proprie esigenze ed a quelle di tipo funzionale.
Secondo i report delle ricerche condotte si evince, inoltre, che esiste un gap tra le tecnologie del front office e del back office, che si traduce in inefficienze, duplicazioni e impossibilità di accedere in tempo reale alle informazioni, minacciate anche dal problema della sicurezza degli accessi, esponendosi addirittura a rischi di perdita di dati.
Una delle maggiori sfide che il settore pubblico oggi affronta, riguarda proprio la necessità di rendere le informazioni accessibili e, dunque utilizzabili sia dal personale che dai cittadini, allo stesso tempo senza minare alla sicurezza dei dati. Un’analisi periodica dei processi documentali, inoltre, aiuterebbe ad identificare eventuali rischi ed opportunità al fine di migliorare la condivisione  delle informazioni in maniera sicura, all’interno di processi che in un’azienda si verificano in modo regolare e costante, riguardando, ad esempio, la gestione e la reportistica finanziaria, nonché la contabilità.


http://www.infooggi.it/articolo/applicazioni-cloud-e-gestione-documentale/41164/

giovedì 18 aprile 2013

Ulteriori delucidazioni per la richiesta del Cud 2013 Inps online


Ci siamo occupati qualche tempo fa (con l’articolo “Al via il Cud telematico Inps e Inpdap”) della possibilità di utilizzo, in ottemperanza alla Legge di Stabilità, del canale telematico per la richiesta di comunicazioni e certificazioni al cittadino. Da quest’anno, l’INPS renderà disponibile la certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente e delle pensioni in modalità telematica, accedendo al sito ufficiale dell’Istituto di previdenza sociale (www.inps.it), nella sezione “Servizi al cittadino - Cassetto previdenziale per il cittadino” per gli utenti già in possesso di un codice identificativo PIN. Per coloro che ancora non ne posseggono uno, c’è la possibilità di richiederlo online sempre al sito istituzionale dell’istituto previdenziale, nella sezione “Pin online”, oppure chiamando il contact center al numero 805.164, gratuitamente da rete fissa o al numero 06.164164 da cellulare a pagamento secondo i costi stabiliti dal proprio gestore telefonico. Altra modalità per ottenere il PIN è quella di rivolgersi ad uno sportello territoriale Inps. I cittadini in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata CEC-PAC, noto all’istituto, il Cud verrà recapitato alla corrispondente casella PEC.
Coloro che ne faranno esplicita richiesta, potranno ottenere il Cud cartaceo attraverso:
·         Sportelli veloci delle agenzie Inps: in tutte le strutture territoriali almeno uno sportello veloce sarà dedicato al rilascio del Cud cartaceo.
·         Postazioni informatiche self-service: gli utenti in possesso del PIN, potranno stampare i certificati reddituali utilizzando le postazioni self-service istituite presso tutte le strutture territoriali dell’istituto di previdenza.
·         Posta elettronica: tutti i cittadini possono ottenere gratuitamente l’attribuzione di una PEC attraverso i servizi disponibili sul sito www.postacertificata.gov.it. Una volta ottenuto l’indirizzo PEC potranno fare richiesta di ricevere il certificato reddituale sulla propria casella di posta scrivendo a “richiestaCUD@postacert.inp.gov.it”.
·         CAF: per ottenere il Cud ci si può rivolgere e dare mandato a un Centro di Assistenza Fiscale.
·         Uffici Postali: si può ottenere il Cud anche presso lo sportello Amico degli uffici postali aderenti al progetto “Reti amiche”.
·         Sportello mobile: per alcune categorie di utenti particolarmente disagiati (come ultra ottantacinquenni con indennità di accompagnamento e pensionati all’estero), l’Inps ha attivato presso tutte le strutture territoriali lo “sportello mobile” per il rilascio agevolato di alcuni prodotti istituzionali, tra i quali il Cud.
L’Inps garantisce comunque l’invio del Cud a domicilio ai cittadini che ne facciano specifica richiesta al numero verde 800.434320 appositamente dedicato, in aggiunta al tradizionale numero verde 803.164. il numero è gratuito per le chiamate da rete fissa e non è abilitato per le chiamate da cellulare, per i quali è invece disponibile il numero 06.164.164 a pagamento in base a quanto stabilito dal contratto con il proprio gestore di telefonia.
Insomma una pluralità di mezzi e strumenti per agevolare il cittadino in questa prima fase di innovazione e informatizzazione del dialogo con la PA, il tutto non solo per rispondere alle attuali esigenze normative, ma anche ad esigenze di tipo pratico, quali abbassare i costi e i tempi di consegna delle stesse certificazioni, migliorando l’efficacia e l’efficienza dei processi amministrativi.


http://www.infooggi.it/articolo/ulteriori-delucidazioni-per-la-richiesta-del-cud-2013-inps-online/40811/


martedì 16 aprile 2013

Definizione e realizzazione di una rete di cooperazione del Sistema Paese


In ottemperanza agli obiettivi dell’Agenda Digitale Italiana, le iniziative che riguardano proposte di cooperazione permanente al fine di garantire davvero l’effettiva crescita e innovazione del Sistema Paese è da segnalare sicuramente la presentazione da parte di Assinter dei risultati della “Ricerca sui Modelli organizzativi e di Governance delle Società Pubbliche Regionali ICT” e  il “Rapporto 2012 sull’innovazione nell’Italia delle Regioni” (RIIR) proposto da CISIS, ossia l’associazione tra le regioni e le province autonome costituita nel 1989 come organo tecnico della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome per le materie di Sistemi Informatici, Geografici e Statistici. Le regioni definiscono in questo modo iniziative e prospettive del loro accordo di “cooperazione permanente” attraverso progetti interregionali volte al potenziamento della società dell’informazione, in attuazione a quanto promosso proprio dall’Agenda Digitale. obiettivi di tale programma di sviluppo sono: la condivisione di politiche d’innovazione, l’individuazione di una cultura condivisa del monitoraggio e dei risultati, la possibilità di rinnovare dati e modelli interpretativi riguardanti l’innovazione, il rendersi parte attiva nella produzione e nella diffusione delle informazioni che le riguardano. Il RIIR oltre a riportare i risultati su temi già affrontati negli scorsi anni, come le policy e la governance, la cooperazione applicativa e quant’altro, approfondisce tematiche regolate dalla normativa vigente, quali la firma digitale, gli sportelli unici, la sicurezza informatica, e-commerce, alfabetizzazione e scuola digitale, cloud, ricerca e innovazione, ecc.
In particolare le tematiche affrontate dal RIIR riguardano l’innovazione del tessuto delle infrastrutture, quali la banda larga che dovrebbe interessare aree marginali e soggette in tal senso a fallimento di mercato, in un’ottica di cooperazione applicativa che consenta lo scambio di informazione e servizi interoperabili tra di loro.
Altro punto importante del Rapporto elaborato dal CISIS è l’e-government, con la distribuzione e diffusione di oltre 20 milioni di carte regionali dei servizi in 14 regioni, garantendo così l’accesso a servizi di carattere sanitario, destinati alle imprese, al pagamento dei tributi, al diritto allo studio, di tipo catastale e territoriale in senso più ampio. I Sistemi Informativi Territoriali di province e regioni consentono l’utilizzo online dei dati territoriali, del Fascicolo Sanitario Elettronico, già realizzato in 5 regioni e province, (Lombardia, Provincia Autonoma di Trento, Emilia-Romagna, Toscana e Sardegna) e in fase di sperimentazione in 7 (Piemonte, Liguria, Marche, Toscana, Veneto, Abruzzo, Campania e Basilicata). Altro obiettivo del RIIR è quello dell’istituzione di luoghi e opportunità di alfabetizzazione digitale, tramite i Punti di Accesso Assistiti e appropriati corsi di formazione e approfondimento.
Più di cinque miliardi sono stati stanziati per gli interventi 2007-2013 per l’innovazione della società dell’informazione, tra risorse regionali, nazionali e comunitarie, investendo soprattutto sulla sanità elettronica e sulla ricerca.
Particolare attenzione viene posta nei confronti della “governance”, in base alla costituzione delle cosiddette “Community networks”, a conferma del successo di queste dinamiche di cooperazione e della possibilità di dare continuità e sostenibilità alle politiche attuate. 

Tematiche trattate dal RIIR 2012


Tematiche trattate dal “Rapporto 2012 sull’Innovazione nell’Italia delle Regioni (RIIR)”, elaborato dal CISIS sulle proposte di cooperazione permanente tra regioni e società pubbliche regionali nella definizione e realizzazione del progetto di innovazione e crescita del sistema paese.

Infrastrutture:
·         Banda Larga: numerosi progetti regionali si sono succeduti in questi anni per aumentare la copertura del territorio in banda larga riguardo alle aree marginali a fallimento di mercato, sviluppati attraverso il coinvolgimento delle società in house e di altri operatori privati; sono stati avviati interventi autonomi in Sardegna, Trento e Lombardia, per la banda ultra larga ed è prossimo un primo intervento attuativo del Progetto Strategico Nazionale mediante l’utilizzo di fondi strutturali delle Regioni del Mezzogiorno.
·         Interoperabilità e cooperazione: tutte le Regioni e le Province autonome hanno una porta di dominio per la cooperazione applicativa. Gli altri soggetti istituzionali sul territorio, in primo luogo Comuni, dispongono di 671 porte di dominio per consentire lo scambio di informazioni e servizi di interoperabilità tra enti diversi.

E-government:
·         Carta Regionale dei Servizi: oltre 20 milioni di carte distribuite da 14 Regioni a 175 servizi diversi, di cui circa un terzo di tipo sanitario, un quinto destinato alle imprese, a seguire il pagamento dei tributi, l’istruzione, il diritto allo studio e il territorio. La maggior parte delle carte e dei servizi è stata attivata in Lombardia, seguita da Friuli – Venezia Giulia e Marche.
·         Territorio: i Servizi Informativi Territoriali di tutte le Regioni e le Province autonome sono pienamente operativi, consentendo accesso online al dato territoriale: il requisito di adozione e applicazione di standard di interoperabilità è diffuso in 17, tra Regioni e Province.
·         Sanità: il Fascicolo Sanitario Elettronico risulta già realizzato in 5 tra Regioni e Province Autonome (Lombardia, Provincia Autonoma di Trento, Emilia-Romagna, Toscana e Sardegna) e in fase di sperimentazione in altre 7 (Piemonte, Liguria, Marche, Veneto, Abruzzo, Campania e Basilicata).
·         Inclusione digitale: i luoghi dell’alfabetizzazione digitale – PAAS Punti di Accesso Assistiti ad internet regionali sono 1.200, coinvolgono circa 900 Comuni e oltre 700 associazioni. Su 12 Regioni che li hanno attivati, 8 effettuano corsi di formazione.

(Tratto da “Innovazione.PA” – gruppo Soiel International Anno X – N. 1/2, 2013)

giovedì 11 aprile 2013

Alla base della conoscenza


Negli ultimi anni si è tentato di spiegare, in vari modi, cosa si intenda per Knowledge Management (KM). Nel 1986 Karl Wing, autore del libro “Knowledge Management foundations”, enuncia i principi del Knowledge Management, termine da lui coniato. Obiettivo del KM è quello di migliorare l’efficienza dei gruppi collaborativi, esplicitando e mettendo in comune la conoscenza che ogni membro ha maturato durante il suo percorso formativo. I primi investimenti si concentrano soprattutto sullo sviluppo dei mezzi per rendere veloce e semplice l’archiviazione, la descrizione e la comunicazione dei dati e dell’informazione. È in una prima fase, la first generation KM, che si tende a ridurre la gestione della conoscenza, alla sua componente strutturale, l’information communication technology (ICT), che è fondamentale, ma non ne esaurisce le potenzialità. La seconda fase del KM si focalizza su come poter mettere a servizio di tutta l’azienda le conoscenze professionali specifiche di ogni membro. Questa logica spinge il KM a diventare una sorta di “filosofia” della collaborazione e della condivisione negli ambienti di lavoro, che può portare alla produzione di nuova conoscenza.
Non esiste un’unica e conclusiva definizione di KM. In senso lato, il concetto può riferirsi alla preservazione e alla condivisione della conoscenza ed è portato avanti dall’antichità con lo sviluppo di biblioteche e strumenti di comunicazione. Nei tempi più recenti della rivoluzione digitale, chiamiamo KM quel filone di ricerca teorica e applicativa che sviluppa il ciclo della conoscenza all’interno di una comunità di pratica o di apprendimento tramite strumenti dell’ICT.
Il Gartner Group, sostiene che “il Knowledge Management promuove un approccio integrato per identificare, catturare, recuperare, condividere e valutare tutto il patrimonio informativo presente in un’azienda. Questo patrimonio informativo include i database, i documenti, le procedure ma anche le competenze e l’esperienza presente nella testa dei singoli che vi lavorano”.
Secondo l’IT Consult, il KM è “la gestione dell’insieme delle metodologie e degli strumenti informatici che consentono di raccogliere e capitalizzare la conoscenza delle persone che formano un’organizzazione”.
Il KM può essere inoltre definito come la “sistematica, esplicita e deliberata costruzione, applicazione e rinnovamento della conoscenza per massimizzare l’efficacia della base conoscitiva di un’azienda e i relativi benefici”[1].
KM “vuol dire identificare, gestire e valorizzare cosa l’organizzazione sa o potrebbe sapere: skill ed esperienze delle persone, archivi, documenti e biblioteche, relazioni con i clienti e fornitori e altri materiali archiviati in database elettronici”[2].
Allo stesso tempo il KM “è la disciplina manageriale che studia la conoscenza aziendale e che si occupa di individuare le metodologie e gli strumenti atti alla sua gestione attraverso un approccio basato sull’innovazione culturale, organizzativa e tecnologica; tale approccio è finalizzato allo sviluppo di capacità e competenze in grado di aumentare la competitività dell’impresa, ottimizzandone i processi, accorciandone il ‘time to market’ e orientandone le strutture in modo più funzionale al business”[3].
Il KM è descritto come “l’insieme di distinti e ben definiti approcci e processi, progettati per ricercare e gestire, in modo razionale e deliberato, le funzioni conoscitive critiche, positive e negative, lungo i processi operativi, gestionali e di supporto dell’impresa”[4].
Il KM è inoltre riconosciuto come un “approccio sistemico e  sistematico alla gestione dei processi di innovazione e di diffusione dell’innovazione, che è reso possibile da una serie di iniziative con obiettivi comuni, e tutto ciò che è coordinato da un quadro di riferimento unico e coerente che può sviluppare proprie componenti organizzative e tecnologiche come realizzato dall’integrazione di approcci, metodi e tools[5].
Molte di queste definizioni concordano sul fatto che la gestione della “conoscenza” ne richieda la cattura, l’organizzazione, la classificazione e la disseminazione, e vedono questo come il risultato dei modi in cui le informazioni vengono trattate all’interno di un gruppo di persone che interagisce continuamente poiché ad esse interessato.
Così la “tecnologia della conoscenza” dovrebbe occuparsi di metodi e tecniche proprie dell’ICT che consentano l’interazione tra gli utenti tramite strutture e supporti forniti dalle comunità degli utenti stessi, assicurando al contempo uno strumento sufficientemente efficace per la memorizzazione ed il trattamento delle informazioni.
Allo stesso tempo è importante capire cosa si intende per “conoscenza”, distinguendola dal dato e dall’informazione. Alla base di ciò che noi chiamiamo “conoscenza”, infatti, vi è un processo di elaborazione e contestualizzazione del dato grezzo, che da origine all’informazione, che a sua volta, attraverso il processo di apprendimento e (ri)utilizzo diventa “sapere”, “consapevolezza”, “competenza”.
La conoscenza è dunque  il risultato di un processo di apprendimento che consegue dopo l’interiorizzazione dell’informazione, consistente  nell’integrazione di valori, esperienze e notizie, facenti parte di un modello mentale.
E’ importante sottolineare come lo scopo ultimo di un sistema di Knowledge Management non sia solo la memorizzazione delle informazioni, ma il soddisfacimento di bisogni sociali, economici ed accademici dei suoi utenti. Perciò i sistemi IT inseriti in un processo di Knowledge Management dovrebbero avere, in minore o maggior misura, due caratteristiche tecniche:
-          facilitare il lavoro di collaborazione tra gli utenti coinvolti in tale processo;
-          costruire una solida struttura, adatta ad amministrare le informazioni su cui è basata la “conoscenza” da gestire.
In definitiva il KM ha per obiettivo il miglioramento in termini di efficacia, efficienza, qualità e innovazione dei processi aziendali attraverso la sistematica, strutturata e continua trasformazione dell’informazione (intesa come insieme di fatti e dati organizzati in modo da descrivere una particolare situazione o condizione) in conoscenza, in quanto insieme di fatti, verità e credi, prospettive e concetti, giudizi e aspettative, metodologie e know-how accumulati, integrati e detenuti da un’impresa lungo un adeguato arco temporale e disponibili per applicazioni operative di business nella gestione di specifiche situazioni e problemi dell’attività giornaliera.
In generale, un glossario intende essere un utile strumento a sostegno della comprensione dei principali termini e locuzioni riguardanti un determinato ambito o argomento. Il Glossario di termini ICT & KM “Alla base della conoscenza” vuole essere un catalogo ragionato dei nuovi approcci alle nuove applicazioni delle tecnologie ICT indotte da normative, iniziative e progetti, che interessano le attività della PA, aziendali e formativo-didattiche, in un'ottica di Knowledge Management, di collaborative learning e di economia della conoscenza, che sottostanno all’universo “conoscenza”, come radici imprescindibili di un’organizzazione che impara a conoscere (learning organization), accrescendo le proprie competenze ed esperienze in relazione al contesto (sociale, culturale ed economico) nel quale si trova quotidianamente ad operare. Un’immagine rappresentativa di tali “radici della conoscenza” è il testo enciclopedico l’Albero della Scienza di Raimondo Lullo, che risulta essere un tentativo di unificare tutto il sapere in uno schema gerarchico. L'arte di Lullo tende risolvere ogni problema attraverso la sua scomposizione in parti sempre più piccole. L'insieme delle scienze si collegano fra di loro configurando un albero ove la trama dei concetti raffigura la realtà del mondo.


[1] Definizione di Karl Wiing in LIEBOWITZ (1999); traduzione di Alessandro Bottin.
[2] Definizione di Thomas H. Davenport.
[3] Definizione di C. Sorge in “Gestire la conoscenza”, Sperling & Kupfer Editori (2000).
[4] Definizione di Karl Wiing.
[5] Definizione tratta da “il contributo delle tecnologie informatiche per la gestione delle conoscenze d’impresa: gli strumenti per il knowledge management”; 15 maggio 2000, ASAM, Università Cattolica del Sacro Cuore.



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LinkedIn: Rosangela Muscetta


Acronimi di Information & Communication Technology


2D - 2 Dimensioni
3 D - 3 Dimensioni


·         A

ACK - Acknowledgment
ADL - Advanced Distributed Learning
ADSL - Asymmetric Digital Subscriber Line
AI - Artificial Intelligence
ALU – Arithmetic Logic Unit
ANSI - American National Standards Institute
API - Application Program Interface
ARPANET - Advanced Research Projects Agency Network
ASCII - American Standard Code for Information Interchange
ASP - Active Server Page


·         B

BBS - Bulletin Board System
BIOS - Basic Input-Output System
BIT – Binary Digit
BMP – Bitmap
BPS – Bits per Second
BUS - Universal Serial Bus
BI - Business Intelligence


·         C

CBT - Computer Based Training
CGI - Common Gateway Interface
CIO – Chief Information Officer
CMC - Computer Mediated Communication
CMC - Content Management System
CMI - Computer Managed Instrution
CSCL - Computer Supported Collaborative Learning
CP - Corporate Portal
CPU - Central Processing Unit
CSCW - Computer Supported Collaborative Work


·         D

DBMS – Data Base Management System
DDL – Data Definition Language
DM - Data Mining
DMA – Director Memory Access
DW - Data Warehouse
DMS - Document Management System
DTD - Document Type Definition
DSS – Decision Support System


·         E

EDI – Electronic Data Interchange
EDMS – Electronic Document Management System
EDP – Elecronic Data Processing
EGA – Enhanced Graphics Adapter
ERMS - Electronic Record Management System


·         F

FAQ - Frequentely Asked Questions
FF – Form Feed
FIFO – First In First Out
FTP – File Transfer Protocol
FWD - Forward


·         G

GB – Giga Byte
GIF – Graphic Interchange Format
GIS – Geographical Information System
GS – Group Separator
GUI – Graphical User Interface


·         H

HD – Hard Disk
HTML - HyperTest Markup Language
HTTP – HyperTest Markup Language
HW – Hard Ware
HZ - Hertz


·         I

I/O – Input/Output
ICT - Information & Communication Technology
IMP – Interface Message Processor
IMQ – Istituto Marchio Qualità
IP – Internet Protocol
IRC – Internet Relay Chat
ISDN – Integrated Services Digital network
ISO - International Standard Organization
ISP – Internet Service Provider
IT – Information Technology