giovedì 26 giugno 2014

In.Formazione - L’ITALIA nei dati OCSE-TALIS 2013

Risultati chiave dall’Indagine Internazionale sull’Insegnamento e Apprendimento (TALIS)

Gli insegnanti in ITALIA sono soddisfatti del loro lavoro e sentono di riuscire a motivare gli studenti anche nei contesti più difficili. Pensano tuttavia che l’insegnamento non sia valorizzato nella società L’87 % dei docenti Italiani di secondaria di I grado ha fiducia nelle proprie capacità di saper motivare gli studenti che hanno scarso interesse per le attività scolastiche (70% Paesi TALIS, 71% Paesi UE); il 98% sente di saper portare gli studenti a credere nelle loro capacità di raggiungere buoni risultati (86% Paesi TALIS). La grande maggioranza degli insegnanti italiani (94%) afferma che tutto sommato è soddisfatta del proprio lavoro (91% media Paesi TALIS).
In contrasto con queste dichiarazioni, l’88% degli insegnanti italiani percepisce che l’insegnamento è scarsamente valorizzato nella società (69% Paesi TALIS, 81% Paesi UE), percezione condivisa dal 92% dei nostri dirigenti scolastici (56% Paesi TALIS). Invece, in Finlandia, nei Paesi Bassi, Singapore e Alberta (Canada) una percentuale tra 40-68% dei docenti sente che l’insegnamento è adeguatamente valorizzato. Questa percezione negativa sembra diminuire allorché aumenta la partecipazione degli insegnanti ai processi decisionali a livello di scuola.
Gli insegnanti italiani riportano bassi livelli di sostegno e scarsi incentivi alla loro partecipazione ad attività di sviluppo professionale, ma esprimono un forte bisogno di formazione sulle TICLa partecipazione alle attività di sviluppo professionale degli insegnanti italiani in TALIS2013 è una delle più basse tra i paesi partecipanti all’indagine (75% Italia, 88% media TALIS), con un calo di 10% punti percentuali rispetto al 2008. Altrettanto bassa la percentuale dei docenti che riportano di aver potuto usufruire di opportunità di sostegno allo sviluppo professionale nel periodo di riferimento. Tra gli ostacoli alla partecipazione, il problema della mancanza di incentivi è avvertito da oltre l’80% dei docenti.
La formazione sulle TIC è diventata una questione di assoluto rilievo per gli insegnanti italiani. E’ ai primi posti nelle attività di sviluppo professionale svolte nei 12 mesi precedenti l’indagine. E’ uno dei bisogni formativi più segnalati dai docenti, sia con riguardo alle competenze per l’uso didattico di queste tecnologie, sia per l’uso delle TIC nel contesto lavorativo.
Aumentare la partecipazione dei docenti ad alcuni tipi di attività di sviluppo professionale può favorire l’uso da parte loro di pratiche didattiche innovativedocenti italiani, pur utilizzando un’ampia gamma di metodi di valutazione degli studenti, in modo simile ai colleghi dei Paesi TALIS, ricorrono prevalentemente all’interrogazione davanti a tutta la classe come principale modalità di valutazione degli studenti (80% Italia, 49% Paesi TALIS).

L’appartenenza attiva a una rete d’insegnanti come opportunità di sviluppo professionale può essere un modo per favorire l'uso di diverse pratiche di insegnamento. Gli insegnanti italiani che hanno partecipato a queste attività di networking sono risultati più propensi a utilizzare le TIC e a far lavorare gli studenti su attività progettuali.
Una minoranza di insegnanti in ITALIA riceve una valutazione formale del proprio operato, anche se oltre la metà dichiara di ricevere forme di feedback da una o più fontiIn Italia si conferma che non sono praticati sistemi di valutazione formale del lavoro degli insegnanti. Solo il 30% degli insegnanti lavora in scuole dove i dirigenti riportano la pratica di una qualche valutazione formale (vs il 93% dei docenti dei Paesi TALIS). Oltre all’Italia sono privi di sistemi di valutazione anche Finlandia e Svezia.

A livello informale, il 57% dei docenti dichiara di aver ricevuto una qualche forma di feedback da una o più fonti nella scuola in cui lavorano (vs 88% dei docenti dei Paesi TALIS)


ALTRI DATI IN BREVE
- Il corpo insegnante italiano è decisamente più femminilizzato rispetto alla media internazionale. Infatti, con il 79% di donne insegnanti l’Italia si colloca al quinto posto nella graduatoria complessiva del tasso di femminilizzazione. Se poi si considerano solo i paesi più industrializzati, il corpo docente italiano è quello più femminilizzato.

- Nell’ambito dei 33 paesi TALIS, l’Italia detiene il primato della classe insegnante più anziana (6 anni in più rispetto alla media TALIS). Alla maggiore anzianità media fa da contrappeso un maggior patrimonio di esperienza professionale. Gli insegnanti italiani hanno in media 20 anni di esperienza di insegnamento.

- In linea con gli altri paesi, la maggior parte dei nostri docenti ha condotto studi di livello universitario. Più distante dalla media internazionale, invece, il dato che si riferisce alla formazione specifica finalizzata all’insegnamento (79% Italia vs 90% nei Paesi TALIS). Inoltre, una quota consistente dei nostri docenti di secondaria di I grado è entrata nell’insegnamento senza aver ricevuto una specifica formazione nella pratica didattica in una o più delle materie insegnate ( 52% Italia vs 11% Paesi TALIS).

- La percentuale degli insegnanti italiani con contratto a tempo indeterminato che riporta la partecipazione a un programma formale di avvio alla professione in occasione del primo rapporto regolare di lavoro è sopra la media TALIS (59 % Italia; 49% Paesi TALIS), mentre è molto più bassa rispetto alla media TALIS, la percentuale dei docenti a tempo determinato che avrebbe fruito di questa opportunità formativa (9 % Italia; 46% Paesi TALIS).

- I docenti italiani lavorano in scuole di dimensioni mediamente più grandi rispetto alla situazione tipo dei paesi TALIS. A fronte di queste maggiori dimensioni in termini di studenti e insegnanti, le scuole registrano un numero medio di personale non docente uguale alla media TALIS (24 unità). In particolare emerge nelle nostre scuole la carenza di personale di supporto alla didattica. In Italia c’è 1 unità di personale di supporto alla didattica ogni 60 docenti, mentre per la media TALIS il rapporto è 1 a 14.

- La proporzione del tempo che i dirigenti scolastici italiani dicono di impiegare nelle attività di carattere burocratico-amministrativo è inferiore alla media TALIS (36% Italia; 41% Paesi TALIS ). Tuttavia, rispetto al ‘dirigente medio TALIS’, i nostri dirigenti scolastici dichiarano di dedicare una quota maggiore del loro tempo ad attività legate alla gestione del curricolo e della didattica (25% Italia; 21% Paesi TALIS).

- La partecipazione dichiarata alle attività di sviluppo professionale (SP) da parte dei dirigenti scolastici è piuttosto alta: solo il 5,4% dei DS negli ultimi 12 mesi non ha partecipato ad alcuna attività specifica di SP, contro una media TALIS di 9,5%. Quasi tutti i DS italiani, quindi, affermano di partecipare ad attività di SP soprattutto in corsi di formazione, conferenze e visite professionali (93% Italia; 83%TALIS) per una media di 9 giorni l’anno, più bassa della media TALIS di 13 giornate.


Articolo tratto dalla rubrica 'In.Formazione' di Giano ForLab

http://www.gianoforlab.it/in-formazione-litalia-nei-dati-ocse-talis-2013/

Finalità e ambiti specifici dei dati territoriali online

Il panorama dei servizi territoriali pubblici on line è piuttosto articolato e diversificato per finalità, più o meno settoriali, e offerta dei servizi. Esistono, in Italia, sedici Geoportali regionali, cui vanno aggiunti quelli provinciali e quelli comunali. Frequente è poi la frequenza di Sistemi Informativi Territoriali, spesso finalizzata ad ambiti specifici, come quello catastale, quello agricolo e per il monitoraggio ambientale. L’intensa attività di standardizzazione fa si che tutti facciano riferimento alla direttiva e all’iniziativa europea Inspire e al suo recepimento nella normativa italiana con il D.Lgs. 32/2010.
I due principali riferimenti nazionali in materia di informazione georeferita sono costituiti dal repertorio Nazionale dei Dati Territoriali e dal Geoportale Nazionale del Ministero dell’Ambiente. Il primo è lo strumento per ricercare attraverso metadati, i dati territoriali o relativi a servizi, disponibili presso le Pubbliche Amministrazioni, per valutarne l’idoneità allo scopo e ottenere le opportune indicazioni sulle loro condizioni di accesso e utilizzo, Il Repertorio Nazionale di Dati Territoriali (RNDT) è stato istituito con l’articolo 59 del Codice dell’Amministrazione Digitale e costituisce il catalogo nazionale dei metadati riguardanti i dati territoriali e i servizi ad essi relativi disponibili presso le PA. Si tratta di un registro pubblico dei dati geografici, che certifica la loro esistenza attraverso la pubblicazione dei relativi metadati. Il repertorio è basato sugli Standard ISO 19115, 19119 e TS 19139, prodotti dal Technical Committe ISO/TC211, che si occupa di standard per l’informazione geografica.

Il Geoportale Nazionale, invece, è curato dal Ministero dell’Ambiente, e permette la visualizzazione e l’utilizzo della cartografia di base nazionale, prodotta a seguito dell’accordo integrativo tra Stato e Regioni del 12 ottobre 2000, sul Sistema Cartografico di riferimento. È un servizio di mappatura di alto livello, pensato tanto per la consultazione che per impieghi specialistici. Il portale, infatti, è nato con l’obiettivo di promuovere e diffondere l’utilizzo dei Sistemi Informativi Territoriali, ma anche con quello di rendere le informazioni di carattere ambientale e territoriale disponibili ad un pubblico di non addetti ai lavori. Nel Geoportale Nazionale è disponibile la cartografia sul territorio italiano riguardante i principali ‘tematismi’ ambientali e territoriali. La Base Cartografica di Riferimento è corredata dal relativo set di informazioni (metadati) contenuti nel Repertorio Nazionale dei Dati Territoriali. Il portale mette a disposizione ‘strati cartografici’ sovrapponibili, tra gli altri: toponimi e pianificazioni territoriali, descrizione del suolo.
Le mappe sono predisposte in collaborazione con le Amministrazioni competenti, ma anche da un network di nodi periferici presso la PA locale.

Articolo tratto dalla rubrica 'La spir@le della conoscenza' Info Oggi del 26/06/2014
http://www.infooggi.it/articolo/finalita-e-ambiti-specifici-dei-dati-territoriali-online/67462/

venerdì 20 giugno 2014

Manifesto per l’usabilità dei siti web delle PA

Noi umanisti digitali, redattori o responsabili web, attori del ciclo di pubblicazione dei siti delle PA, aderendo a questo Manifesto, ci impegniamo a:

1) Favorire il diritto all’informazione e alla cittadinanza digitale
Perché pensiamo che siti semplici da navigare, facili da usare e rispondenti ai bisogni dei cittadini, siano precondizione ineludibile per l’esercizio di questi diritti e quindi della stessa democrazia. L’accesso ai siti web non deve essere una chiave che apre una casa ostile e mal progettata, in cui il bene più prezioso, l’informazione, non si trova. Nelle case digitali dei nostri siti, non trovare un’informazione significa non esercitare un diritto.

2) Trasformare la trasparenza in chiarezza, comprensibilità e trovabilità
Perché la pubblicazione dei contenuti e delle informazioni sui siti web non significa di per sé trovarli e poterli usare. Per questo non vogliamo limitarci ad adempiere agli obblighi di pubblicazione e diffusione delle informazioni previsti dalla legge. Noi ci impegniamo a rendere contenuti e servizi effettivamente trovabili e fruibili.

3) Far valere la centralità dell’utente in modo che ad ogni clic corrisponda una soluzione, non un problema
Perché conoscere le esigenze, le difficoltà e anche le emozioni dell’utente non è un fastidio, ma fornisce preziosi vincoli e segnali che ci indicano cosa e come migliorare, nello sforzo permanente di realizzare siti web a misura di cittadino.

4) Usare la grafica con moderazione e praticare l’usabilità senza timidezza
Perché non crediamo in siti belli da vedere ma in siti atti all’uso, ovvero adeguati ai bisogni dei cittadini digitali. Per questo ci impegniamo a diffondere senza timidezza la cultura dell’usabilità e a svolgere test iterativi e ricorsivi. Ci impegniamo anche a far prevedere nelle attività di programmazione delle nostre amministrazioni il Piano annuale di usabilità.

5) Prevedere la progettazione centrata sull’utente (Human-Centred Design) in tutti i capitolati di gara per servizi web
Perché una progettazione orientata all’utente (UNI EN ISO 9241-210) permette di applicare i concetti dell’usabilità attraverso un processo documentabile (es. report dei test di usabilità), misurabile (es. utilizzo di metriche) e confrontabile. Processo che può essere più efficacemente applicato se all’interno delle gare si separa chi progetta e valuta da chi realizza, in modo da distinguere le figure che definiscono i requisiti, e ne controllano il rispetto, da quelle che li applicano.

6) Far risplendere le sky-line dei siti con la luce dei nostri sky-profile
Perché noi redattori web, umanisti digitali, che della pubblicazione di contenuti, della progettazione di menu e della messa a punto di layout, facciamo con passione e orgoglio il nostro lavoro di civil servant, non vogliamo svolgere un’arida e oscura attività autoreferenziale, ma disegnare con le nostre competenze la parola soddisfazione nel cielo digitale dell’utente.

7) Combattere il digital divide cognitivo
Noi crediamo fermamente che le difficoltà di accesso ai siti non siano solo difficoltà, ma pericolose forme di digital divide. Infatti, anche le difficoltà cognitive di utenti non giovani, non scolarizzati, non esperti della rete, impediscono di esercitare il diritto all’informazione.

Sottoscrivendo questo Manifesto, prendiamo l’impegno a promuovere e realizzare periodiche e continue attività semplificate di testing delle interfacce dei nostri siti. Riteniamo infine che il protocollo eGLU 2.0, realizzato dal GLU (Gruppo di Lavoro per l’Usabilità) del Dipartimento della funzione pubblica, rappresenti uno degli strumenti più idonei a realizzare questo impegno.

Mai Più Not Found!
Perché “Error 404 – Page Not Found” per chi naviga su internet è un messaggio da incubo, il simbolo di tutte le difficoltà di accesso ai siti web delle PA.


http://www.innovatoripa.it/content/firma-il-manifesto-l%E2%80%99usabilit%C3%A0-dei-siti-web-delle-pa

Firma il Manifesto per l'usabilità

Il 29 maggio al ForumPA ne abbiamo raccolte quasi un centinaio, su carta. Ora è possibile raccoglierle online e siamo sicuri che saranno molte di più. Le firme al Manifesto per l’usabilità dei siti web delle PA, intendo, lanciato in questa comunità.

Non l’avete letto? Fatelo subito.

E’ giusto dichiarare gli obiettivi che ci proponiamo chiedendo l’adesione ai suoi 7 punti + 1 (l’ultimo punto aggiunto è l’invito finale ad adottare il protocollo 2.0 appena sfornato dal GLU per i test semplificati di usabilità).

Gli obiettivi di questo manifesto sono tre. Il primo è quello di dare visibilità alle professionalità di “noi umanisti digitali, attori del ciclo di pubblicazione dei siti”, uscendo dal nostro lavoro di nicchia, rinchiusi nelle nostre spelonche digitali. Uscirne nel modo più scintillante: disegnando le skyline dei siti con gli skyprofile ;-) degli operatori, come dice il Manifesto…

Il secondo obiettivo è quello di diffondere la cultura dell’usabilità. E’ la politica su cui è impegnato il Dipartimento della funzione pubblica tramite il GLU, da circa due anni. E da qualche mese anche con questa comunità.

Infine il terzo. Dare la massima diffusione alle attività di testing dei sti web delle PA mediante l’adozione del protocollo eGLU appena rilasciato nella versione 2.0. Sono in corso di preparazione alcune iniziative in questo senso che faranno crescere notevolmente la massa critica di amministrazioni impegnate nella realizzazione di test delle interfacce.

Infine una precisazione d’obbligo. Il Manifesto è frutto del paicere di lavorare insieme, nonché della fertilità creativa di Valentina Santoboni, Adolfo Tasinato (Agenzia delle entrate), Enrico Orsingher (INPS), Alessandra Cornero (Formez PA), me (Dipartimento della Funzione Pubblica) e del supporto tecnico fornito da Simon Mastrangelo di Ergoproject.

Tutti umanisti digitali e orgogliosi di esserlo.



Articolo di Emilio Simonetti, in Qualità Web PA - Innovatori PA
http://www.innovatoripa.it/posts/2014/06/5362/firma-il-manifesto-lusabilit%C3%A0

Salento in Bus

Il nuovo ‘Salento in Bus’ è un servizio innovativo di trasporto estivo realizzato dalla provincia di Lecce che , attraverso le Linee Autobus, consente ai turisti di muoversi in tranquillità per tutta l’area salentina. La vastità del territorio comporta, infatti, grandi difficoltà nel posizionamento delle rivendite di biglietti, difficilmente reperibili nelle immediate vicinanze. Ciò si traduce nell’acquisto di biglietti direttamente sull’autobus al momento dell’ingresso sullo stesso, con un costo maggiorato per l’utente.
Il progetto Mobile Ticketing è stato ideato per consentire l’acquisto di uno o più titoli di viaggio elettronici utilizzando uno smartphone Android o iOSx o il portale della provincia, con un risparmio di circa il 60 per cento sull’effettivo costo del biglietto.
Il servizio è integrato con la piattaforma di pagamenti Paypal per consentire di pagare in tutta sicurezza. L’app di riferimento offre, inoltre, una sezione informativa per calcolare l’itinerario di viaggio ottimale con una semplice ricerca ‘partenza – destinazione’, ottenendo tutte le informazioni riguardanti le linee autobus da prendere e gli orari di partenza e di arrivo. L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto Infocity, finanziato dal programma Elisa III, dalla Presidenza del Consiglio e dalla Regione Puglia.

La tipologia di progetto e il vincolo d stagionalità del servizio hanno richiesto l’adozione di metodologie agili nella realizzazione e la collaborazione con i principali stakeholder dell’ente di riferimento, con tecniche di modellazione e prototipizzazione e meeting quotidiani volti ad ottenere i massimi risultati per gli utilizzatori finali. Il team di lavoro ha visto coinvolto, tra gli altri, il personale dei servizi Innovazione Tecnologica, Trasporti e Mobilità della provincia di Lecce, affiancato dal partner Engineering – Ingegneria Informatica.
Per quanto riguarda la strumentazione tecnologia, è stata utilizzata una piattaforma di ticketing per la generazione e la convalida del biglietto elettronico per i sistemi Android, Web e iOSx, integrata con l’infrastruttura tecnologica preesistente dell’ente. Per la realizzazione del progetto, è stato necessario coinvolgere i vettori e controllori all’uso di smartphone per le menzionate attività previste, ognuno individuato dal numero e da un QR-Code.
Il progetto ha permesso alla Provincia di Lecce di aggiudicarsi il premio E-gov 2013 per la sezione ‘Servizi all’utenza più intelligenti’, come ‘esempio di servizio davvero innovativo ed originale per una platea così ampia di utilizzatori, e rappresenta sicuramente un modello da imitare’.

Articolo tratto dalla rubrica 'La spir@le della conoscenza' Info Oggi del 20/06/2014:
http://www.infooggi.it/articolo/salento-in-bus/67199/



lunedì 16 giugno 2014

In.Formazione - Convegno "Piccole scuole crescono"

L’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (Indire) organizza il prossimo 27 giugno, presso l’Auditorium Antonianum (Roma), dalle ore 10.00 alle ore 13.30, il convegno “Piccole scuole crescono – Trame sociali in rete. Possibili scenari per superare l’isolamento”. Scopo dell’iniziativa è promuovere e divulgare esperienze di didattica a distanza in realtà scolastiche isolate geograficamente e limitate dalla contrazione del numero di studenti.
Il convegno si innesta nel percorso di ricerca che l’Indire sta compiendo da anni nell’ambito della didattica a distanza per le scuole delle piccole isole, seguendo le attività di scuole situate in realtà isolate come ad esempio Marettimo, Lampedusa, la rete di scuole dell’Appennino toscano (progetto Errequadro) e la rete delle scuole della Liguria con capofila l’Istituto Comprensivo di Sassello (Savona). Oltre a queste realtà, ne esistono molte altre che sperimentano differenti modelli e metodologie per superare l’isolamento e che, attraverso un confronto, potrebbero potenziare l’esperienza fatta per trasformare la scuola in un punto di riferimento per il territorio e in un volano per l’innovazione locale.

In questa sede, l’Indire presenterà esperienze di eccellenza, già seguite da Indire, che si rifanno a 2 possibili scenari: “La didattica condivisa”, prevede l’uso quotidiano della videoconferenza tra due o più classi appartenenti a istituzioni scolastiche diverse. Nelle piccole scuole infatti si assiste al fenomeno di un numero ridotto di studenti che vengono raggruppati in pluriclassi. La lezione condivisa favorisce lo scambio di esperienze e garantisce tutti gli insegnamenti disciplinari.
“Un ambiente di apprendimento allargato”: in questo caso una o più classi lavorano a un progetto disciplinare comune e organizzano incontri periodici tra docenti, studenti e/o esperti che possono fare uso anche di videoconferenze così come di altri setting tecnologici dipendenti dal tipo di progetto. Il primo e secondo scenario possono essere attivati da scuole secondarie di I e II grado.

Si tratta di 2 scenari che permettono di:
Assicurare l’accesso a un’istruzione di qualità a prescindere dalla collocazione geografica della scuola e dei disagi connessi.
Arricchire l’ambiente di apprendimento con occasioni di didattica condivisa e di socializzazione. Superare l’isolamento degli insegnanti.
Fare un buon uso delle tecnologie per la collaborazione e lo sviluppo di abilità cognitive e sociali.
Mantenere aperte le piccole scuole a rischio di chiusura grazie ad un uso intelligente delle tecnologie.
Rompere l’isolamento e allargare l’ambiente sociale di apprendimento.
Il convegno vuole essere una prima occasione di condivisione delle esperienze e di riflessione sui vantaggi e sulle criticità che stanno dietro a questi scenari. Le realtà che vivono l’isolamento come un ostacolo avranno l’opportunità di dialogare e confrontarsi con le scuole che già lavorano in rete!


Rubrica In.Formazione di Giano ForLab

http://www.gianoforlab.it/in-formazione-convegno-piccole-scuole-crescono/

domenica 15 giugno 2014

La proposta di un istituto per gli open data

Dopo l'approvazione della legge di conversione del decreto “Crescita 2.0” (legge n° 179 del 18/10/2012) che ha sancito di fatto l'obbligatorietà della pubblicazione dei dati in possesso delle amministrazioni, il tema sul tavolo non è più “se” deve essere perseguita una politica di promozione degli open data ma “come” farlo. A partire dalla consapevolezza dell'enorme potenziale che questo passaggio ha sia per l'evoluzione democratica, sia per l'efficienza della macchina amministrativa sia per lo sviluppo del settore IT dal punto di vista dell'evoluzione democratica, perché l'apertura dei dati consente una forte accelerazione nel processo di trasparenza che è nei principi di base della partecipazione democratica, dell'Open Government, consentendo ai cittadini non solo scelte consapevoli sui servizi pubblici, ma anche capacità di controllo sull'operato di chi amministra e governa, fino al controllo dei bilanci e delle operazioni di spesa . il tutto riveste ulteriore importanza dal punto di vista dell'efficienza amministrativa, perché la pubblicazione dei dati obbliga le amministrazioni ad esporsi verso gli utilizzatori assumendosi la responsabilità della qualità dei dati e acquisendo la capacità di gestire il feedback da chi (enti e imprese) può utilizzarli per i propri prodotti e servizi.
Dal punto di vista dello sviluppo del settore IT, inoltre, la disponibilità ingente di dati sul territorio consente l'incremento esponenziale di generazione di idee di sviluppo di applicazioni e di servizi per organizzazioni e cittadini.

Questa è sicuramente una grande possibilità non solo per cambiare nel profondo il rapporto tra cittadini e istituzioni, ma anche per la riorganizzazione dei processi delle amministrazioni pubbliche, e per favorire lo sviluppo e la crescita di iniziative imprenditoriali ICT; per sfruttare appieno questa opportunità occorrono però alcuni ingredienti fondamentali, quali ad esempio: la definizione di una strategia e di un progetto di cambiamento; una linea di indirizzo operativo che consenta alle amministrazioni di disporre di indicazioni sui vari aspetti normativi e tecnici dell'apertura dei dati; una governance che favorisca la condivisione di esperienze e risultati tra le amministrazioni, indirizzato al loro riutilizzo; un luogo che favorisca lo scambio tra amministrazioni, imprese, università, associazioni, in una logica di open innovation.
Da qui la proposta di progettazione, oramai sempre più ragionevole di creazione di un “Istituto per gli Open Data”, sotto forma di organismo indipendente e no-profit, che possa essere uno strumento di formazione e stimolo di una più ampia e solida “domanda” di dati per la realizzazione di servizi innovativi, in grado di innescare un circolo virtuoso di convenienze reciproche tra chi favorisce la distribuzione di dati, ricevendone in cambio nuovi servizi e nuovo valore, e chi quei dati utilizza per ampliare la propria “offerta” imprenditoriale. Un ente che dovrebbe rivolgersi principalmente a tre categorie di interlocutori: le associazioni e i centri di studio e ricerca, che sono i “naturali” compagni di viaggio di questa iniziativa; le imprese, che dovranno sostenere, economicamente e con la realizzazione di progetti comuni, la vita dell’Istituto; le pubbliche amministrazioni e i grandi fornitori di dati, infine, che sono la controparte attiva della attività dell’Istituto, il terminale di quella domanda che l’Istituto dovrà contribuire a formare.

Articolo tratto dalla rubrica 'La spir@le della conoscenza' Info Oggi del 15/06/2014http://www.infooggi.it/articolo/la-proposta-di-un-istituto-per-gli-open-data/66980/

martedì 10 giugno 2014

Percorsi di legalità a scuola - Noi cittadini consapevoli

Realazione PROGETTO INTERDISCIPLINARE ‘NOI CITTADINI CONSAPEVOLI’
tenuto presso l'IC Amendolara - Oriolo, a.s. 2013/2014
con la collaborazione di Libera Associazioni e Asai U. Pagano


Analisi del contesto e descrizione sintetica del progetto

Il progetto si inserisce in un insieme di esperienze finalizzate alla promozione di una cittadinanza attiva e responsabile, dettata allo stesso tempo dall’esigenza di individuare e ampliare efficaci pratiche didattiche, basate su una riflessione pedagogica che ha lo scopo di creare situazioni di apprendimento integrato, ampliando la metodologia del "tutoring" in verticale, attraverso lo sviluppo di un nucleo tematico originario del progetto, definito dalla rilettura di alcuni articoli della Costituzione Italiana, a partire dai saperi "informali" dei singoli alunni, in un percorso di "traduzione" e trasformazione degli stessi in esempi reali e praticabili. Il contenuto del progetto consiste nella rappresentazione concreta dei principi della Costituzione Italiana, letta come "mappa valoriale", utile alla costruzione della propria identità personale.
Il tutto nella consapevolezza che il concetto di legalità è strettamente legato all’esercizio della cittadinanza e alla reale esigibilità dei diritti, lo sviluppo dei quali richiede il ricorso ad una pluralità di approcci e il contributo di molteplici discipline e delle cosiddette educazioni trasversali, nello specifico:
- Diritto al lavoro (Art. 4: ‘La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società’),
- Educazione ai diritti umani, tutela e rispetto delle diversità in una prospettiva di educazione interculturale (Art. 6: ‘La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche’),
- Educazione alla tutela del territorio (Art. 9: ‘La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione).
L’obiettivo è stato quello di rendere gli alunni pienamente consapevoli dei propri diritti e realmente protagonisti della propria vita.
In particolare, ci si è molto soffermati sulla tematica della tutela ambientale, partendo dal concetto di paesaggio da un punto di vista giuridico.
Se tra gli scopi fondamentali della Repubblica va considerato quello di migliorare il livello culturale dei consociati, l'azione dei poteri pubblici in relazione alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico- artistico, non potrà limitarsi alla semplice conservazione dei singoli beni in essere, ma dovrà spingersi verso la loro progressiva valorizzazione in termini di memoria culturale da alimentare, garantendone l'adeguata e diffusa fruibilità, contrapposta allo sfruttamento illecito di detti beni, da parte di organizzazioni illegali ancora purtroppo presenti sul nostro territorio.
Il percorso è stato realizzato con le modalità didattiche del tutoring e del cooperative learning.



TUTORING
E' un metodo basato sull'approccio cooperativo e collaborativo dell'apprendimento, mediante due attori del processo di insegnamento/apprendimento: il tutor e il tutee.
Il tutor è colui che deve imparare per poi trasmettere ciò che ha appreso al tutee. Ha una posizione di responsabilità e deve cercare le strategie più adatte per insegnare.
"Il tutoring è una esperienza che richiede un'organizzazione precisa del lavoro, la definizione di un obiettivo puntuale e la definizione di una 'struttura' flessibile e aperta. Perché un'azione di tutoring abbia successo è di solito necessario abbinare con cura 'tutor' e 'tutee', definire chiaramente i contenuti del lavoro e eventualmente i materiali, applicare un sistema di monitoraggio e di supervisione e se necessario di valutazione". (Keith Topping)
Il tutoring è estremamente gratificante e i tutor imparano a essere formativi nei confronti dei loro tutee, potenziano abilità sociali e sviluppano autostima, autonomia e senso di responsabilità. Tutto ciò è stato possibile, nell’ambito del progetto formativo, mediante la suddivisione, di volta in volta, in gruppi di lavoro degli alunni partecipanti, e grazie alla discussione in classe delle tematiche affrontate.


COOPERATIVE LEARNING
Il Cooperative Learning è un metodo che si sta diffondendo nelle scuole e che migliora la qualità dell'apprendimento e il clima generale delle classi nelle quali viene attuato.
Può essere definito come "un metodo di conduzione della classe (o della scuola) che mette in gioco, nell'apprendimento, le risorse degli studenti. Così inteso, si distingue dai metodi tradizionali che puntano invece sulla qualità e sull'estensione delle conoscenze didattiche e di contenuto dell'insegnante. Infatti, diversamente da questi ultimi, il Cooperative Learning considera esperto l'insegnante che sa gestire e organizzare esperienze di apprendimento condotte dagli stessi studenti e, insieme, sviluppare obiettivi educativi di collaborazione, solidarietà, responsabilità e relazione, riconosciuti efficaci anche per una migliore qualità dell'apprendimento" (Comoglio). Gli alunni organizzati in piccoli gruppi, apprendono aiutandosi l'un l'altro, sentendosi corresponsabili del percorso.
Elementi chiave del metodo sono: la valorizzazione del rapporto interpersonale tra gli studenti, l'interdipendenza positiva, la promozione del ruolo di guida, di facilitatore e di organizzatore dell'insegnante, l'attuazione di abilità sociali specifiche. Tutti questi elementi concorrono al miglioramento della produttività e qualità del lavoro scolastico.


2. Finalità dell’intervento

- Promuovere un apprendimento autentico di conoscenze relative ai temi della Cittadinanza ed ai principi della Costituzione, rendendo gli alunni protagonisti attivi del processo.
- Trasformare le conoscenze in competenze, ovvero tradurre le conoscenze relative alla cittadinanza in azioni "civiche" concrete.
- Sperimentare un percorso innovativo al fine di aprire nuove strade di comunicazione tra docenti e alunni, trasformando la scuola in una "comunità educativa".


3. Obiettivi e competenze

Obiettivi didattici trasversali:
- Sviluppo di uno stile di apprendimento cooperativo
- Promozione di una rete di relazione tra scuola e associazioni
- Sviluppo negli alunni di una più forte motivazione all’apprendimento
- Individuazione di modelli di apprendimento/insegnamento di natura facilitativa e co-creativa
- Sviluppo di capacità di comprensione, interpretazione e sintesi di concetto e di rappresentazione della realtà

Obiettivi specifici:
- Conoscere e approfondire la Costituzione italiana
- Promuovere percorsi di formazione dei docenti al fine di garantire continuità del percorso
- Attivare meccanismi di costruzione della rete territoriale
- Accompagnare gli studenti alla conoscenza delle tematiche della democrazia
- Conoscere le storie delle vittime innocenti delle mafie

Obiettivi di apprendimento/formazione sul tema della Cittadinanza attiva:
- Concetto di ‘pieno sviluppo della persona umana’ e compiti della Repubblica a questo riguardo
- Concetto di ‘formazioni sociali’ (art. 2 della Costituzione); le ‘prime formazioni sociali, i loro compiti, i loro scopi
- Distinzione tra ‘comunità’ e ‘società’
- Significati e azioni della pari dignità sociale, della libertà e uguaglianza di tutti i cittadini
- I diritti e i doveri dei cittadini
- Condivisione dei valori di rispetto, tolleranza, dialogo, solidarietà
- Condivisione della dimensione sociale dell’apprendimento, attraverso la sperimentazione di un’esperienza di partecipazione e progettazione collettiva e sviluppo di abilità sociali (attraverso i ‘giochi di ruolo’ o ‘role play’ come il gioco ‘Cittadini’ di Libera)
- Acquisizione e sviluppo della conoscenza del territorio.


Competenze in esito
- Riconoscere valori che rendono possibile la convivenza umana e testimoniarli come modello nei comportamenti familiari e sociali
- Riconoscere ruoli e funzioni sociali, esercitando responsabilmente la propria libertà personale con pensiero critico e giudizio morale
- Distinguere diritti e doveri, accettare e accogliere le diversità
- Testimoniare la funzione e il valore delle regole e delle leggi nei diversi ambienti di vita quotidiana
- Contribuire all’elaborazione e alla sperimentazione di regole adeguate per sé e per gli altri nella vita sociale, scolastica e familiare a cui si partecipa
- Riconoscere in fatti e situazioni il mancato o il pieno rispetto dei principi e delle regole relative alla tutela dell’ambiente e del territorio.

La rete di partecipanti all’intervento formativo è stata composta dai seguenti attori:
- Istituto Comprensivo di Amendolara – Oriolo (n. 2 classi coinvolte per la sede di Amendolara e n. 2 classi coinvolte per la sede di Oriolo)
- Associazione per lo Sviluppo dell’Alto Ionio (ASAI- Umberto Pagano)
- LIBERA Associazioni – Nomi e numeri contro le mafie. Coordinamento Provinciale “ROBERTA LANZINO” di COSENZA.


4. Risultati

Il progetto è stato collocato in un percorso tracciato nella zona dell’Alto Ionio cosentino da attori istituzionali e sociali presenti nel territorio ed operanti nel settore del contrasto alla criminalità, dello sviluppo territoriale, della formazione ed educazione, dell’animazione territoriale e cooperazione. Alla base della proposta, vi era la convinzione dell’importanza di una rete di attori – istituzioni, scuole, no profit e volontariato – radicati nel territorio e che possano quindi, identificare problemi, bisogni e domande da tradurre in percorsi e progetti concreti.
L’idea alla base è stata quella di mettere insieme alcune delle diverse realtà presenti nel territorio in un percorso di approfondimento, conoscenza e progettazione sociale. In tal senso, il ruolo centrale delle scuole come spazio e tempo formativo riflette l’importanza dell’aspetto educativo all’interno della costruzione della rete territoriale. Educazione e formazione non intese come monodimensionali né statiche, bensì dialetticamente legate al territorio in un processo di corresponsabilità che vede coinvolti le istituzioni ed il mondo del volontariato e della cittadinanza attiva in generale, mantenendo le specificità di ciascun attore e contribuendo, in maniera sostanziale, all’attivazione di meccanismi di cambiamento ed alla realizzazione degli obiettivi condivisi. Tali obiettivi, perseguiti dall’intervento formativo, possono essere così sintetizzati:
• Promozione della diffusione della cultura della legalità e della cultura civica;
• Promozione di una cultura di rispetto dei diritti individuali e delle regole della libertà democratica, lavorando per la costruzione di una comunità più coesa e solidale;
• Rafforzamento delle iniziative rivolte alla cittadinanza sui temi del rispetto dei diritti costituzionali della persona e sulla partecipazione democratica alla vita di comunità;
• Sviluppo di idee e di iniziative finalizzate alla promozione di forme di socializzazione, dal momento che l’integrazione sociale rappresenta una ricca dimensione di relazioni che può contribuire efficacemente alla prevenzione dell’emarginazione sociale.
• Suscitare attitudini e comportamenti di cittadinanza attiva e legale;
• Stimolare l’assunzione di responsabilità in relazione alla mafia e al comportamento mafioso, curando il valore della memoria e dell’insegnamento lasciatoci in eredità dalle vittime della mafia;
• Focalizzare l’importanza del ruolo della scuola nell’educazione alla legalità in quanto centro propulsore di crescita culturale e civica nella difesa dei diritti umani e dei principi della nostra Costituzione;
• Ricercare la legalità non come fine ma come mezzo per costruire la giustizia, intesa anche come giustizia sociale, lotta alle discriminazioni, coscienza dei diritti e doveri

Nella consapevolezza che la legalità sia strettamente legata all’esercizio della cittadinanza e alla reale esigibilità dei diritti, è stato ritenuto opportuno programmare e realizzare un adeguato sviluppo delle abilità e delle competenze necessarie per l’esercizio attivo della cittadinanza. Essa interessa le sfere delle conoscenze, degli atteggiamenti, dei valori, lo sviluppo dei quali richiede il ricorso ad una pluralità di approcci e il contributo di molteplici discipline e delle cosiddette educazioni trasversali (educazione interculturale, educazione ai diritti umani, educazione alla pace, educazione alla globalità).
Perché questo si verifichi è necessario che i contesti educativi siano organizzati in modo coerente con i principi dell’educazione alla cittadinanza democratica. Nel contesto educativo scolastico questo significa sviluppare una cultura, un clima di scuola, ambienti di apprendimento in cui la partecipazione e l’esercizio attivo della democrazia siano non soltanto permessi, ma sostenuti e valorizzati, a partire dalla pratica didattica di classe.

sabato 7 giugno 2014

Formazione e condivisione della cultura olivettiana


La seconda edizione del Festival di cultura Olivettiana, promosso dall'Istituto Adriano Olivetti in collaborazione con la Fondazione Adriano Olivetti, si è tenuto lo scorso 6 e 7 giugno con il tema centrale dal titolo "l'investimento sulla formazione è l'opportunità per uscire dalla crisi".
Cultura e formazione, dunque, a sottolineare l’importanza della formazione che accompagna l’individuo durante il suo cammino anche lavorativo. L’investimento sulla formazione è l’opportunità per uscire dalla crisi. Il modello olivettiano ci offre lo spunto per ripensare l’impresa e al motivo per cui esistono le aziende: creare valore per la società nel suo complesso. Come ci ha insegnato Adriano Olivetti “Abbiamo portato in tutti i paesi della comunità le nostre armi segrete. I libri, le scuole di formazione, i corsi culturali, l’assistenza tecnica nel campo della agricoltura. In fabbrica si tengono continuamente concerti, mostre, dibattiti. La biblioteca ha decine di migliaia di volumi e riviste di tutto il mondo. Alla Olivetti lavorano intellettuali, scrittori, artisti, alcuni con ruoli di vertice. La cultura qui ha molto valore”.
Il Festival di cultura olivettiana ha quindi l’obiettivo di diffondere i valori e i principi di un grande uomo, di creare una comunità sociale all’interno del pensiero di Olivetti. Il Festival è un’esperienza partecipativa ed interattiva, è un evento unico e appassionante dove tutti hanno l’opportunità di conversare con persone che condividono gli stessi principi e se ne fanno promotori.

E in occasione dell’evento il presidente dell’Istituto Adriano Olivetti –ISTAO, Andrea Merloni tira le somme dell'attività del triennio: aumento dell'offerta formativa, +53% di studenti e nuove collaborazioni con le università italiane e internazionali. Rilancio della Ricerca Applicata e grande attenzione alla formazione per le aziende sia "On Demand" che "Intercompany". Tutto ciò rende più flessibile il modello della Business School. Infatti, nell'ultimo triennio di attività la business school internazionale ha visto aumentare la proposta formativa per i neolaureati portando i master da tre a sette: il tradizionale Master in Business Management Accreditato ASFOR, Master in Human Resources Management, Accreditato AIDP, Master in International Management, Master in Tourism Management, Master in Account Management and HR Services, Master in Sales & Marketing e Master in Industrial Operations Management.
Con l'ampliamento dell'offerta è aumentato il numero dei candidati e degli allievi. Nell'ultimo triennio gli studenti sono cresciuti del 53% con flussi importanti da fuori regione (+10%) e dall'estero (+20%), principalmente dall'Est Europa e dal Nord Africa. L'Istao fu ideato e fondato nel 1967, da Giorgio Fuà, grazie all'impulso della Fondazione Olivetti, del Social Science Research Council, del CNR e con il sostegno della Banca d'Italia. Da sempre l'Istituto si dedica alla preparazione di giovani imprenditori e manager attraverso corsi di alta formazione, studi e ricerche, seminari e convegni. L'Istituto conta sul contributo di 2000 allievi, 1500 aziende e 1600 tra docenti e testimoni. L'attuale Comitato di presidenza è composto da Andrea Merloni (presidente), Gian Luca Gregori e Valeriano Balloni (vice presidente), Sabino Cassese, Adolfo Guzzini e Paolo Pettenati (presidenti onorari).
Ad aprire il primo dei convegni del Festival di Cultura Olivettiana è stato il ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Stefania Giannini e, nel seminario conclusivo di venerdì, Laura Olivetti, figlia del grande imprenditore di Ivrea nonché presidente della Fondazione.

Articolo tratto dalla rubrica 'La spir@le della conoscenza' - Info Oggi:
http://www.infooggi.it/articolo/formazione-e-condivisione-della-cultura-olivettiana/66605/

domenica 1 giugno 2014

Comunicazione al servizio di un'autentica cultura dell'incontro

Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro
48ª GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
Comunicazione al servizio di un'autentica cultura dell'incontro
1 giugno 2014


Messaggio del Santo Padre


Cari fratelli e sorelle,
oggi viviamo in un mondo che sta diventando sempre più "piccolo" e dove, quindi, sembrerebbe essere facile farsi prossimi gli uni agli altri. Gli sviluppi dei trasporti e delle tecnologie di comunicazione ci stanno avvicinando, connettendoci sempre di più, e la globalizzazione ci fa interdipendenti. Tuttavia all'interno dell'umanità permangono divisioni, a volte molto marcate. A livello globale vediamo la scandalosa distanza tra il lusso dei più ricchi e la miseria dei più poveri. Spesso basta andare in giro per le strade di una città per vedere il contrasto tra la gente che vive sui marciapiedi e le luci sfavillanti dei negozi. Ci siamo talmente abituati a tutto ciò che non ci colpisce più. Il mondo soffre di molteplici forme di esclusione, emarginazione e povertà; come pure di conflitti in cui si mescolano cause economiche, politiche, ideologiche e, purtroppo, anche religiose.
In questo mondo, i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana che spinge alla solidarietà e all'impegno serio per una vita più dignitosa. Comunicare bene ci aiuta ad essere più vicini e a conoscerci meglio tra di noi, ad essere più uniti. I muri che ci dividono possono essere superati solamente se siamo pronti ad ascoltarci e ad imparare gli uni dagli altri. Abbiamo bisogno di comporre le differenze attraverso forme di dialogo che ci permettano di crescere nella comprensione e nel rispetto. La cultura dell'incontro richiede che siamo disposti non soltanto a dare, ma anche a ricevere dagli altri. I media possono aiutarci in questo, particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi. In particolare internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio.
Esistono però aspetti problematici: la velocità dell'informazione supera la nostra capacità di riflessione e giudizio e non permette un'espressione di sé misurata e corretta. La varietà delle opinioni espresse può essere percepita come ricchezza, ma è anche possibile chiudersi in una sfera di informazioni che corrispondono solo alle nostre attese e alle nostre idee, o anche a determinati interessi politici ed economici. L'ambiente comunicativo può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci. Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino. Senza dimenticare che chi, per diversi motivi, non ha accesso ai media sociali, rischia di essere escluso.
Questi limiti sono reali, tuttavia non giustificano un rifiuto dei media sociali; piuttosto ci ricordano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica. Dunque, che cosa ci aiuta nell’ambiente digitale a crescere in umanità e nella comprensione reciproca? Ad esempio, dobbiamo recuperare un certo senso di lentezza e di calma. Questo richiede tempo e capacità di fare silenzio per ascoltare. Abbiamo anche bisogno di essere pazienti se vogliamo capire chi è diverso da noi: la persona esprime pienamente se stessa non quando è semplicemente tollerata, ma quando sa di essere davvero accolta. Se siamo veramente desiderosi di ascoltare gli altri, allora impareremo a guardare il mondo con occhi diversi e ad apprezzare l’esperienza umana come si manifesta nelle varie culture e tradizioni. Ma sapremo anche meglio apprezzare i grandi valori ispirati dal Cristianesimo, ad esempio la visione dell’uomo come persona, il matrimonio e la famiglia, la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica, i principi di solidarietà e sussidiarietà, e altri.

Come allora la comunicazione può essere a servizio di un’autentica cultura dell’incontro? E per noi discepoli del Signore, che cosa significa incontrare una persona secondo il Vangelo? Come è possibile, nonostante tutti i nostri limiti e peccati, essere veramente vicini gli uni agli altri? Queste domande si riassumono in quella che un giorno uno scriba, cioè un comunicatore, rivolse a Gesù: «E chi è mio prossimo?» (Lc 10,29). Questa domanda ci aiuta a capire la comunicazione in termini di prossimità. Potremmo tradurla così: come si manifesta la “prossimità” nell’uso dei mezzi di comunicazione e nel nuovo ambiente creato dalle tecnologie digitali? Trovo una risposta nella parabola del buon samaritano, che è anche una parabola del comunicatore. Chi comunica, infatti, si fa prossimo. E il buon samaritano non solo si fa prossimo, ma si fa carico di quell’uomo che vede mezzo morto sul ciglio della strada. Gesù inverte la prospettiva: non si tratta di riconoscere l’altro come un mio simile, ma della mia capacità di farmi simile all’altro. Comunicare significa quindi prendere consapevolezza di essere umani, figli di Dio. Mi piace definire questo potere della comunicazione come “prossimità”.
Quando la comunicazione ha il prevalente scopo di indurre al consumo o alla manipolazione delle persone, ci troviamo di fronte a un’aggressione violenta come quella subita dall’uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada, come leggiamo nella parabola. In lui il levita e il sacerdote non vedono un loro prossimo, ma un estraneo da cui era meglio tenersi a distanza. A quel tempo, ciò che li condizionava erano le regole della purità rituale. Oggi, noi corriamo il rischio che alcuni media ci condizionino al punto da farci ignorare il nostro prossimo reale.
Non basta passare lungo le “strade” digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero. Non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi. Abbiamo bisogno di amare ed essere amati. Abbiamo bisogno di tenerezza. Non sono le strategie comunicative a garantire la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione. Anche il mondo dei media non può essere alieno dalla cura per l’umanità, ed è chiamato ad esprimere tenerezza. La rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane. La neutralità dei media è solo apparente: solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento. Il coinvolgimento personale è la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore. Proprio per questo la testimonianza cristiana, grazie alla rete, può raggiungere le periferie esistenziali.

Lo ripeto spesso: tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima. E le strade sono quelle del mondo dove la gente vive, dove è raggiungibile effettivamente e affettivamente. Tra queste strade ci sono anche quelle digitali, affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza. Anche grazie alla rete il messaggio cristiano può viaggiare «fino ai confini della terra» (At 1,8). Aprire le porte delle chiese significa anche aprirle nell’ambiente digitale, sia perché la gente entri, in qualunque condizione di vita essa si trovi, sia perché il Vangelo possa varcare le soglie del tempio e uscire incontro a tutti. Siamo chiamati a testimoniare una Chiesa che sia casa di tutti. Siamo capaci di comunicare il volto di una Chiesa così? La comunicazione concorre a dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa, e le reti sociali sono oggi uno dei luoghi in cui vivere questa vocazione a riscoprire la bellezza della fede, la bellezza dell’incontro con Cristo. Anche nel contesto della comunicazione serve una Chiesa che riesca a portare calore, ad accendere il cuore.
La testimonianza cristiana non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi, ma con la volontà di donare se stessi agli altri «attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana» (BENEDETTO XVI, Messaggio per la XLVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2013). Pensiamo all’episodio dei discepoli di Emmaus. Occorre sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze, e offrire loro il Vangelo, cioè Gesù Cristo, Dio fatto uomo, morto e risorto per liberarci dal peccato e dalla morte. La sfida richiede profondità, attenzione alla vita, sensibilità spirituale. Dialogare significa essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute.
L’icona del buon samaritano, che fascia le ferite dell’uomo percosso versandovi sopra olio e vino, ci sia di guida. La nostra comunicazione sia olio profumato per il dolore e vino buono per l’allegria. La nostra luminosità non provenga da trucchi o effetti speciali, ma dal nostro farci prossimo di chi incontriamo ferito lungo il cammino, con amore, con tenerezza. Non abbiate timore di farvi cittadini dell’ambiente digitale. È importante l’attenzione e la presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione, per dialogare con l’uomo d’oggi e portarlo all’incontro con Cristo: una Chiesa che accompagna il cammino sa mettersi in cammino con tutti. In questo contesto la rivoluzione dei mezzi di comunicazione e dell’informazione è una grande e appassionante sfida, che richiede energie fresche e un’immaginazione nuova per trasmettere agli altri la bellezza di Dio.

Dal Vaticano, 24 gennaio 2014, memoria di san Francesco di Sales
FRANCISCUS

Comunicazioni Sociali e cultura dell'incontro

Il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali (PCCS) ha promosso anche quest’anno la Giornata delle Comunicazioni Sociali, sul tema "Comunicazione al servizio di un'autentica cultura dell'incontro", titolo del messaggio che Papa Francesco ha dedicato a questo evento.
Il primo Messaggio che Papa Francesco scrive in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali trova radici nei discorsi che il Pontefice l'estate scorsa ha tenuto in Brasile, rivolgendosi ai vescovi locali e a quelli del Celam, nell'Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium e nella parabola evangelica del Buon Samaritano. La comunicazione non è solamente trasmissione di dati, una comunicazione informativa, ma c'è questa valenza profondamente umana: quella di una prossimità. Proprio su questa 'falsariga' del Vangelo di Luca, Papa Francesco può sottolineare che chi comunica si fa prossimo. E il Buon Samaritano non solo si fa prossimo, ma si fa carico di quell'uomo che vede mezzo morto sul ciglio della strada. E quindi, ecco l'altra sottolineatura: comunicare significa prendere consapevolezza di essere umani e di essere figli di Dio.

Soffermandosi sull'invito del Papa alla pazienza, a ricuperare - di fronte alla velocità dell'informazione del mondo globalizzato - "un certo senso di lentezza e di calma", mediante la capacità a "fare silenzio per ascoltare", si arriva a riflettere su come si possa oggi "valutare, ponderare, assimilare" ciò che "arriva" dai media, attraverso "una dimensione più umana" anche nell'uso dei mezzi che la tecnologia mette a disposizione. Dialogare non significa rinunciare "alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche e assolute", comunque, in sintonia con tutto quello che è stato l'insegnamento della Chiesa.
Non è che la rete toglie spazio alle relazioni faccia a faccia, ma la sfida è come valorizzare l'incontro, utilizzando sia le strade digitali sia le strade dell’interazione diretta. La comunicazione non è, quindi, più da intendersi come trasmissione di contenuti, ma è riduzione di distanze, costruzione di prossimità
Direttamente collegato a tutto ciò è il tema dell''ascolto; nel flusso vorticoso dell'informazione, infatti, si può affermare che alcuni canali hanno l'obbligo della velocità, però c'è anche lo spazio per l'ascolto, l'approfondimento, la comprensione. Quindi, non è la corsa di tutti ad arrivare primi, oggi, ciò che può definire in maniera positiva lo scenario della comunicazione; si dovrebbe accettare il fatto che primi arriveranno alcuni e che altri hanno altri ruoli, i quali invece, richiedono questa pazienza di ricostruire contesti, di ascoltare le voci, di offrire piste di interpretazione che magari non portano a un giudizio definitivo ma che aiutano proprio a comprendere.



Articolo tratto dalla rubrica 'La spir@le della conoscenza' Info Oggi:
http://www.infooggi.it/articolo/giornata-delle-comunicazioni-sociali/66325/