sabato 18 ottobre 2014

Dossier 'L'albero di Lullo' III parte - Gestire la conoscenza in azienda

Il Knowledge Management, in senso letterale “Gestione della conoscenza” può essere inquadrato e definito come capacità di un’azienda di organizzare e gestire in modo efficiente il proprio patrimonio di informazioni , tangibili e intangibili, attraverso l’IT e applicazioni software. Un processo interno che si traduce nella capacità delle aziende di localizzare e integrare tutte le informazioni presenti, metterle a disposizione a tutti i livelli aziendali al fine di dare ad ogni informazione un valore aggiunto, ed essere così competitiva per affrontare la globalizzazione crescente. Gli step attraverso i quali un’azienda può impostare un Knowledge Management System sono: l’identificazione e ricognizione delle informazioni, l’integrazione, l’organizzazione, fruizione.
Ma perché attivare questo processo in azienda? Per quattro ordini di motivi: a) la crescente globalizzazione e competitività dei mercati; b) i cambiamenti repentini nelle abitudini e nei modalità di acquisto dei consumatori; c) necessità di avere a disposizione tutte le informazioni per massimizzare il lavoro delle risorse umane; d) la necessità di improntare una cultura aziendale e dei processi interni in grado di affrontare i cambiamenti esterni. Il tutto per migliorare la qualità, ridurre i tempi di risposta, e adattarsi ai mutamenti esterni. Processi di questo tipo impattano su tutte le linee di Business.
La globalizzazione dell’economia ha favorito il delinearsi di uno scenario caratterizzato da una maggiore interazione tra azienda e utente. Fondamentale anche il ruolo delle nuove tecnologie, che hanno progressivamente accorciato le distanze con il brand, consentendo al consumatore di ‘dialogare’ direttamente con l’azienda, come mai è stato possibile in passato. Operatori più accessibili, eppure non necessariamente più efficienti: il consumatore non si accontenta di ricevere un’assistenza di carattere generico, ma desidera avere risposte precise, possibilmente in tempi rapidi. E’ in questo contesto che si inserisce il knowledge management, il cui obiettivo non è semplicemente quello di mettere in contatto il cliente e l’azienda, ma piuttosto quello di rendere l’interazione quanto più utile ed efficiente possibile.
Il comparto IT continua a essere un tassello fondamentale per lo sviluppo di ogni tipo di business che offra web customer service. Deve quindi assicurare la disponibilità e il corretto funzionamento del sistema, spesso integrandolo con infrastrutture pre-esistenti e, dall’altro lato, farsi garante della sicurezza dei dati, altro aspetto imprescindibile per ogni business online.
Il futuro del knowledge management non è troppo lontano e alcuni scenari evolutivi sono già in atto. Ad esempio, si stanno sviluppando nuovi canali di comunicazione: pensiamo alle video chat – prerogativa quasi esclusivamente americana che sta però cominciando a prendere piede anche in Italia – oppure ai social network, che hanno modalità di interazione completamente sui generis e che, per questo, impongono la creazione di una base di conoscenza channel-specific.
Parallelamente, assistiamo a un cambiamento di tipo strategico: il knowledge management presenta infatti un legame sempre più forte non solo con il customer service (come da tradizione) ma anche con l’area vendite. In un’ottica di engagement totale del cliente, si fa sempre più labile il confine tra vendita e assistenza, in favore di un unico comparto in cui un’appropriata gestione della conoscenza diventa la base del successo della relazione tra il cliente e il brand.

Di Knowledge Management abbiamo parlato con il Dott. Maurizio Masotti di Quattroemme Consulting s.r.l., che da sempre sostiene che un'azienda competitiva è quella che non disperde il patrimonio culturale dei singoli, ma sa come valorizzarlo e reinvestirlo, con l'obiettivo di creare e mantenere un circolo virtuoso di diffusione e creazione di conoscenza, come standard metodologico dell'operare quotidiano. I vantaggi concreti che ne derivano sono riconducibili allo snellimento dei processi comunicativi tra i vari reparti aziendali, delle procedure e delle relazioni con partner, clienti e fornitori, aumentando il livello di collaborazione, di compartecipazione, di produttività delle persone; alla diminuzione della dispersione dell'informazione; al taglio dei costi di comunicazione e gestione documentale; alla salvaguardia del patrimonio informativo aziendale. Le fondamenta di un sistema di gestione della conoscenza aziendale sono insite nell'organizzazione stessa dell'azienda, nel saper individuare i flussi di comunicazione determinanti e in un approccio che sia di sostegno al cambiamento culturale conseguente all'instaurarsi delle attività previste. Il fine ultimo di questa visione e del suo procedere è la nascita di una "Learning Organization", ossia una organizzazione che "apprende ad apprendere", che sa, quindi, interpretare ed utilizzare tutte quelle che sono le informazioni utili per il progresso aziendale. Questo può avvenire sia attraverso dei meccanismi indotti di formazione, sia attraverso i canali di trasferimento delle informazioni utilizzati e implementati per favorire un'attività di autoapprendimento continuo, non solo riguardo alla diffusione di conoscenze "tecniche" e specifiche relative al proprio ambito lavorativo e alle proprie competenze, ma anche riguardo alle strutture e ai processi aziendali che caratterizzano l'organizzazione, oltre che ai valori sui quali si fonda e agli obiettivi che intende perseguire, regalando al knowledge worker più competenza, più consapevolezza, più identità.


Knowledge Management: secondo Lei, quale è il suo ruolo in una economia globalizzata e perché acquisisce sempre più importanza?
Il km è un metodo, una pratica che nasce e si sviluppa proprio a causa della globalizzazione e con l’avvento e la diffusione di quella che viene definita l’economia della conoscenza, fatta appunto di conoscenze, saperi che si autoalimentano, che circolano liberamente, senza più barriere di tempo e spazio grazie alle tecnologie, in cui il valore e obiettivo al quale tendere è il saper raccogliere questa conoscenza, saperla elaborare per trarne informazioni utili, per creare nuova conoscenza e quindi un vantaggio, quel quid che rende più forti della concorrenza. La globalizzazione ha certamente offerto grandi possibilità di sviluppo economico per le organizzazioni, ma le ha anche rese più incerte riguardo alla proprie strategie per mantenersi competitive. Il km offre questa opportunità: metodi e strumenti per cogliere tutti gli input (conoscenza tacita ed esplicita) che circolano internamente ed esternamente alle organizzazioni e renderli valore, renderli appunto vantaggio sulla concorrenza.


•Perché, secondo Lei, solo ora si parla di capitalismo cognitivo?
Perché oggi i tempi sono maturi per parlare di questa nuova fase che è un prodotto dell’avvento dell’era digitale. La fase di transizione che ci ha visti passare dal capitalismo alla knowledge economy è quasi del tutto concluso. Ha comportato grandi sacrifici e adattamenti di cui ancora in questo momento tutti noi ne stiamo vivendo le conseguenze e che non sono certamente facili da sopportare. Nella locuzione capitalismo cognitivo sono compresi propri i termini di quello che c’è in ballo: la ricerca del profitto ottenibile da un nuovo modo di produrre, favorito dalla tecnologia, che è il risultato della messa a fattor comune della conoscenza distribuita. Viviamo in questa era in cui la differenza la fa la governance del knowledge. In cui la differenza la fanno i knowledge workers, le relazioni esterne che intesse l’organizzazione ed interne che la attraversano. In cui la differenza è strettamente legata alle opportunità offerte dalle tecnologie digitali e da Internet. Quindi fermo restando la struttura del sistema capitalistico e del suo fine che è il profitto, quello che è emerso, anzi direi quello che l’evoluzione del capitalismo stesso ha prodotto, è che per essere profittevoli, competitivi, capaci di reagire alle fluttuazioni ormai quasi imprevedibili del mercato, quanto meno nelle tempistiche, è necessaria una modalità diversa di agire, di ascoltare e quindi di interpretare l’ambiente in cui le organizzazioni operano. Oggi quello che fa la differenza sono i beni intangibili. La capacità di essere innovativi e flessibili. L’innovazione che rende puo’ essere certamente di prodotto, ma potrebbe essere anche un nuovo modo di relazionarsi con il proprio pubblico di riferimento, di procedere nella propria attività. Adottare strumenti che agevolano questo cambiamento, che forniscono alle organizzazioni l’opportunità di mantenersi attente e aggiornate su quanto accade intorno a loro e sul potenziale interno, ma soprattutto avere ben chiaro come utilizzarli e con quali finalità, fa la differenza.


•Quale è il ruolo dell’IT in questo quadro, e perché le aziende dovrebbero affidarsi alla tecnologia per rendere efficiente il processo di Knowledge Management?
L’IT ha un ruolo fondamentale ovviamente. Nel km tutto ruota intorno all’ innovazione e all’ ottimizzazione dei processi delle varie aree aziendali, al realizzare la giusta infrastruttura tecnologica per realizzare questi obiettivi e al creare un ambiente abilitante per mettere le persone in condizione di cambiare modalità operativa, tenendo presenti le esigenze organizzative, ma guardando la trasformazione dal punto di vista delle persone. Perché poi sono proprio le persone a validare questo cambiamento e a renderlo possibile. Le organizzazioni immerse in un contesto di dati e informazioni devono poterle elaborare in modo che diventino elementi di conoscenza indispensabili ai fini della definizione delle strategie e degli obiettivi aziendali. Devono saper governare questo processo di generazione di conoscenza, sia nell’ambito del patrimonio informativo che posseggono o con cui entrano in contatto, sia del contesto utente. La tecnologia, ossia infrastruttura e strumenti, è quindi, ripeto, imprescindibile nell’attuazione e realizzazione di un progetto di knowledge management.


In che modo Quattroemme si colloca all’interno di questo quadro? In che modo il Knowledge Management può rivelarsi prezioso per una corretta gestione del cliente?
Quattroemme Consulting, fin dal lontano 1987, ha focalizzato la propria attività sulla realizzazione di sistemi per il Groupware, oggi Social Collaboration. Ha poi nel tempo approfondito questi temi avendo lavorato negli anni in rapporto direi di vera partnership con grandi organizzazioni e multinazionali, affiancando le aziende in progetti per intranet, document, content and workflow management, corporate portals, social business, collaboration e ovviamente, aspetto delicatissimo e fondamentale, per data analysis, business intelligence e cruscottistica direzionale. In tali tipologie di progetti non è importante solo puntare ad un miglioramento o addirittura alla creazione di un processo informatizzato, ma bisogna avere una visione ampia del progetto, dagli impatti organizzativi, ai possibili sviluppi ed evoluzioni. Nella gestione delle esigenze delle organizzazioni che si cimentano e credono in progetti per il km o che sanno inquadrare alcune rivisitazioni e integrazioni di processo in quest’ottica, bisogna mantenere un approccio e una visione globali in cui sia prevista l’integrazione di sistemi preesistenti con sistemi e strumenti nuovi, per ottenere un controllo ottimale del processo di creazione della conoscenza aziendale. L’importante è capire che Organizzazione e Persone che ne fanno parte sono un tutt’uno e che per ottenere i risultati sperati da questo tipo di progetti e un ROI è necessario procedere per gradi, ragionare su obiettivi di breve termine, tenendo presente quelli di lungo termine. L’esperienza ci ha portato nel tempo ad affrontare ogni nuovo progetto con questo approccio consulenziale, in modo da poter offrire il miglior servizio possibile in termini progettuali e di realizzazione di prodotti software.


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