lunedì 6 ottobre 2014

L'etica, la politica e lo Stato

Un altro interessante articolo, nella sua traduzione italiana e nella sua versione originale, sul possibile legame tra etica, politica e sviluppo di uno Stato, potere e crisi, a cura del Dott. JORGE CORRADO, Coordinatore Generale Accademico, Facoltà di Diritto e Scienze Politiche, presso l’Universidad Catòlica de la Plata e Vicepresidente Instituto de Estudios Estratégicos de Buenos Aires

L’ETICA, LA POLITICA E LO STATO
Dr. JORGE CORRADO


‘…quando comincia la confusione, inizia…la decadenza’ (Dante Alighieri)

Circa un anno fa avemmo il privilegio di ascoltare il Dr. Julián Marías, in una conferenza tenutasi nel salone del Circolo Militare. Tra i tanti importantissimi concetti, segnalò che la nostra società attuale né migliore né peggiore di quella del passato, però che il livello di confusione che la caratterizza, supera quella di qualsiasi tempo passato. Questa riflessione del filosofo spagnolo, alla luce dell’affermazione di dante, deve commuovere gli argentini di oggi. La nostra decadenza è centenaria e, se la profondità della crisi attuale non si trasforma in un’opportunità per superarla, a causa del percepibile stato di confusione che coinvolge classe dirigente e elettori, il futuro può essere drammatico per tutti noi. Non mancano ragioni, al nostro tempo, scatenanti una grande confusione, che a volte potrebbe assumere il nome di perplessità.
Viviamo all’inizio di un secolo caratterizzato per il ritmo progressivo accelerato della storia. La fine di una tappa della civilizzazione industriale, dettata dalla rivoluzione scientifica-tecnologica. Essa non coinvolge solo il campo economico, ma colpisce l’uomo, pretendendo di essere una persona; la società esigendo di recuperare la sua identità, la sua cultura e il mondo intero, trasformandolo in un villaggio.
Ma invece, viviamo un trambusto imperiale. La bipolarità della Guerra Fredda, fondata nella sua scambievole amarezza di distruzione nucleare tra le Repubbliche Imperiali, ha ceduto il passo alla collaborazione multilaterale di un inedito Impero Globale, fondato sull’alleanza della triade di paesi altamente industrializzati, rappresentati del G7.
La nuova alleanza accetta e adotta il modello della Rivoluzione Americana e scambia il segno della Pace del Terrore per una cooperazione di stampo romano, nel citato Impero Globale, Planetario e Spaziale. La gravità e naturalezza di questi avvenimenti storici, avvenuti in un lasso di tempo tanto breve non sempre sono assimilabili secondo il ritmo che esige la presa di decisioni politiche. L’involucro ideologico dell’ultimo mezzo secolo, mantiene la sua influenza all’inizio del secolo XXI. La sua inerzia oscura la rappresentazione corretta della situazione che ci condiziona.
La perplessità delle élite arreca confusione delle masse e sopravviene la percezione della disperazione che rimpiazza l’attitudine sinergica e valente di un popolo sano e giovane, di fronte alle sfide. La reazione tiepida e tardiva, ci colloca dietro agli avvenimenti, prigionieri delle circostanze. Con la saggezza che lo caratterizza, don Julián Marías indicò il semplice cammino di uscita dalla confusione. Ci disse che, senza dubbio, il BUONO E’ IL MIGLIORE.
Dal punto di vista della Grande Politica, il migliore, il buono, è il Bene Comune. Esso ha la sua ragione d’essere nel Sistema Politico. Gaudium et Spes definisce il bene comune in poche parole: ‘… è l’insieme di quelle condizioni di vita sociale con le quali gli uomini, le famiglie e le associazioni possono raggiungere, con maggiore pienezza e facilità, la propria perfezione’. Occorre chiederci, nell’intimo delle nostre coscienze, se nella ricerca del buono stiamo facendo del nostro meglio, per raggiungere la nostra massima perfezione. Questa responsabilità, come già detto, è della Politica, come forma di intelligenza dello Stato.
La politica è una responsabilità comunitaria, una dovere del complesso sociale. Davanti all confusione e la perplessità che con sicurezza segnala Marías, ci sono in particolare coloro che sono meglio dotati intellettualmente per assimilare il ritmo di questo tempo, intendendo la naturalezza della completa evoluzione di fine secolo e raggiungere così l’uscita dalla lunga notte della decadenza argentina. Questo gruppo sociale ha oggigiorno una sfida e un debito. Una sfida, per non arrivare a fraintendere il cammino, come è già stato fatto in passato. Un debito con il popolo, vittima principale degli smarrimenti dirigenziali. Urge di conseguenza recuperare il Sistema Politico, incoraggiando lo Sviluppo Politico, per raggiungere la fiducia, la rappresentatività e la partecipazione del sovrano e l’efficienza nel Governo dello Stato.
Oggigiorno, la continuità del sistema, a partire dagli scandali, permette il riscatto avuto in altri tempi attraverso i golpe di stato, in tempi in cui il sistema ‘correva verso il futuro’. La fortuna continuata esige essere condotta con sicurezza e fermezza. Lo Stato, in tutti i livelli, è lo strumento istituzionale che la nostra cultura ha incontrato, lungo dure lotte, come risposta alle necessità di convivenza sociale, in considerazione della naturalezza umana nella sua diversità e dinamismo non prevedibile.
Senza uno Stato forte, non si avrà libertà né convivenza nella diversità sociale, all’interno di un processo di cambi strutturali variabili.
Abbiamo bisogno di una Riforma Integrale dello Stato però siamo coscienti di essere lontani dal suo ripristino. Lo Stato benefico, grande e debole che abbiamo creato, si sta trasformando con impulsi preventivi e senza il supporto di un sistema di idee relazionate rispetto al nuovo inquadramento strategico e politico. Le istituzioni malversate, come ad esempio le Forze Armate, di Sicurezza e di Giustizia, sono percepite negli ultimi anni come eccedenti o senza senso, dando luogo a un esteso malessere sociale a partire dalla corruzione generalizzata, prodotto dell’assenza arbitraria e dissuasiva dell’autorità e forza monopolistica dello Stato.
Come è stato detto, esiste una relazione profonda tra Etica, Politica e Stato.
In un singolare momento della nostra vita come Nazione, quando somatizziamo una completa crisi politica e istituzionale, che arreca confusione e perplessità nella classe dirigente, è opportuno ricordare che senza Etica non si ha credibilità ne fiducia nella Politica. Che senza Politica, non si ha intesa all’interno dello Stato e senza di questo non si ha la coesistenza della diversità sociale che si manifesta nella VERITA’, nell’AMORE e la LIBERTA’.
È un tempo decisivo, per rompere con questo circolo virtuoso. È un tempo di competenza, di visioni larghe e profonde, che proiettano l’unità nazionale verso il futuro e motivano l’allegria e lo sforzo. È tempo di recuperare la nostra identità, centrata su un’etica e una cultura cristiana, che ci definisce latino-americani.
E prima delle riservate analisi economiche che ci opprimono, è il caso di aggiungere, come epilogo a queste riflessioni, una recente affermazione di Henry Mintzberg, fatta sulla Harvard Business Review: ‘..ciò che sta finendo per trionfare in Occidente, non è il capitalismo, ma l’equilibrio: un settore privato forte, uno stato forte e un settore medio forte..’ una lettura corta e superficiale della nostra condizione, sta ponendo eccessiva enfasi nell’economia, stentando la propria cultura e quella dello Stato Necessario. Sono coloro che prescrivono gli esempi a partire dal Nord, con scritti che iniziano da culture e stati forti e consolidati, ad arrivare al nostro Sud, con identità ibride e stati deboli e inefficienti. L’equilibrio eviterà una nuova forma di frustrazione. Veniamo da una grande crisi politica, con un’economia chiusa. La soluzione della crisi del sistema e l’apertura economica, non devono né possono generare confusione.
IL BENE E’ IL MEGLIO. E IL MEGLIO PER NOI OGGIGIORNO E’ INIZIARE DALLA COERENZA TRA CIO’ CHE SICURAMENTE SIAMO E CIO’ CHE VORREMMO ESSERE.


LA ETICA, LA POLITICA Y EL ESTADO
Dr. Jorge Corrado.



“...cuando comienza la confusión, empieza... la decadencia..”
Dante Alighieri

Hace unos años tuvimos el privilegio de escuchar al Dr Julián Marías, en una conferencia dictada en los salones del Circulo Militar. Entre otros importantísimos conceptos, señaló que nuestra sociedad actual no es ni mejor ni peor que otras del pasado, pero que el nivel de confusión que la abarca, supera al de cualquier tiempo pretérito. Esta reflexión del filósofo español, a la luz de la sentencia del Dante, debe conmover a los argentinos de hoy. Nuestra decadencia es centenaria y, si la profundidad de las crisis actuales no se transforma en una oportunidad para superarlas, con motivo del percibido nivel de confusión que envuelve a las dirigencias y al electorado, el futuro puede ser dramático para nosotros. Razones no faltan, en éste tiempo, para que reine una gran confusión, que a veces toma el nombre de perplejidad.

Vivimos el comienzo de un siglo caracterizado por el ritmo progresivo de la aceleración histórica. El fin de una etapa de la civilización industrial, impulsada por la revolución científica-tecnológica. Esta no solo alcanza al campo económico sino que afecta al hombre, exigiéndole ser más persona; a la sociedad exigiéndole recuperar su identidad, su cultura y al mundo, transformándolo en una aldea.
Pero además, vivimos un trasiego imperial. La bipolaridad de la Guerra Fría, fundada en la mutua amenaza de destrucción nuclear entre las Repúblicas Imperiales, ha dado paso a la cooperación multilateral de un inédito Imperio Global, fundado en la alianza de la tríada de los países altamente industrializados, representados en el G7.
La nueva alianza acepta y adopta el modelo de la Revolución Americana y cambia el signo de la Pax del Terror por una cooperación de molde romano, en el citado Imperio Global, Planetario y Espacial. La gravitación y naturaleza de estos acontecimientos históricos, desencadenados en tan breve lapso, no siempre son asimiladas según el ritmo que exige la toma de decisiones políticas. La envoltura ideológica del último medio siglo, mantiene su influencia al alcanzar el siglo XXI. Su inercia oscurece la representación correcta de la situación que nos condiciona.
La perplejidad de las elites acarrea la confusión de las masas y sobreviene la percepción de la desesperanza, en reemplazo de la actitud sinérgica y valiente de un pueblo joven y sano, frente a los desafíos. La reacción tibia y tardía, nos coloca detrás de los acontecimientos, prisioneros de las circunstancias. Con la sabiduría que le caracteriza, Don Julián Marías indicó el sencillo camino de salida de la confusión. Nos dijo que, ante la duda, lo BUENO ES LO MEJOR.
Desde el punto de vista de la Gran Política, lo mejor, lo bueno, es el Bien Común. En él tiene su razón de ser el Sistema Político. Gaudium et Spes define al Bien Común en pocas palabras: “...es el conjunto de aquellas condiciones de vida social con las cuales los hombres, las familias y las asociaciones pueden lograr con mayor plenitud y facilidad, su propia perfección”.
Cabe preguntarnos, en la intimidad de nuestras conciencias, si en la búsqueda de lo bueno estamos haciendo lo mejor, para alcanzar nuestra mayor perfección. Esta responsabilidad, como ya lo señalamos, es de La Política, como inteligencia del Estado.
La Política es una responsabilidad comunitaria, un deber del conjunto social. Ante la confusión y la perplejidad que con acierto señala Marías, lo es en particular de quienes están mejor dotados intelectualmente para asimilar el ritmo de éste tiempo, entender la naturaleza de la compleja evolución finisecular y encontrar así la salida de la larga noche de la decadencia argentina. Este grupo social tiene hoy un desafío y una deuda. Un desafío, para no volver a equivocar el camino, como ya lo hizo en el pasado. Una deuda para con el pueblo, víctima principal de los extravíos dirigenciales. Urge en consecuencia recuperar el Sistema Político, impulsando el Desarrollo Político, para alcanzar la confianza, la representatividad y participación del soberano y la eficiencia en el Gobierno del Estado.
En los días que corren, la continuidad del sistema, a pesar de los escándalos, permite la catarsis contenida otrora por los golpes de estado, en tiempos en que el sistema "fugaba hacia el futuro". Dicha continuidad exige ser conducida con acierto y firmeza. El Estado, en todos sus niveles, es el instrumento institucional que nuestra cultura ha encontrado, luego de duras luchas, como respuesta a las necesidades de convivencia social, en consideración de la naturaleza humana en su diversidad y dinamismo impredecible. Sin un Estado fuerte, no habrá libertad ni convivencia de la diversidad social, en un proceso de cambios estructurales insoslayables.
Necesitamos una Integral Reforma de Estado, pero somos conscientes de que estamos lejos de su rehabilitación. El Estado prebendario, grande y débil que supimos conseguir, se está reformando por impulsos presupuestarios y sin el soporte de un sistema de ideas relacionadas con el nuevo encuadramiento estratégico y político. Las instituciones malversadas, tales como las Fuerzas Armadas, de Seguridad y la Justicia, son percibidas en los últimos años como excedentes o vaciadas, dando lugar a un extendido malestar social por la corrupción generalizada, producto de la ausencia arbitral y disuasiva de la autoridad y fuerza monopólica del Estado.
Como queda dicho, existe una íntima relación entre Ética, Política y Estado.
En un singular momento de nuestra vida como Nación, cuando somatizamos una compleja crisis político institucional, que acarrea confusión y perplejidad en los dirigentes, es oportuno recordar que sin Ética no hay credibilidad ni confianza en La Política. Que sin Política, no hay inteligencia en el Estado y que sin éste, no hay convivencia de la diversidad social en la VERDAD, LA JUSTICIA, EL AMOR Y LA LIBERTAD.
Es tiempo de decisiones, para romper con éste círculo vicioso. Es tiempo de virtuosos, de visiones largas y profundas, que proyecten la unidad nacional hacia el futuro y motiven la alegría del esfuerzo. Es tiempo de recuperar nuestra identidad, centrada en una ética y cultura cristiana, que nos define como hispano-criollos.
Y ante los excluyentes análisis economicistas que abruman, tampoco está de más agregar, como epílogo de estas reflexiones, una reciente afirmación de Henry Mintzberg, en la Harvard Business Review: “..lo que acaba de triunfar en Occidente, no es el capitalismo, sino el equilibrio: un sector privado fuerte, un estado fuerte y un sector intermedio fuerte...” Una lectura corta y superficial de nuestra circunstancia, está poniendo excesivo énfasis en la economía, en desmedro de la propia cultura y del Estado Necesario. Son quienes repiten recetas Norte, escritas desde culturas y estados fuertes y consolidados, en nuestro Sur, con identidades híbridas y estados débiles e ineficientes. El equilibrio evitará una nueva frustración. Venimos de una larga crisis política, con economía cerrada. La resolución de la crisis del sistema y la apertura de la economía, no deben ni pueden hacerse desde la confusión.
LO BUENO ES LO MEJOR. Y LO MEJOR PARA NOSOTROS ES EMPEZAR POR LA COHERENCIA ENTRE LO QUE CIERTAMENTE SOMOS Y LO QUE DESEAMOS SER.



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