domenica 23 marzo 2014

In.Formazione

Il centro formazione Giano ForLab offre un continuo aggiornamento sui processi aziendali, amministrativi ed educativi, in linea con i provvedimenti e gli ordinamenti ministeriali e le innovazioni tecnologiche, che danno origine a mutate esigenze metodologiche inerenti i processi di apprendimento e insegnamento, attraverso la rubrica ‘In.Formazione’, che segnala news ed eventi inerenti le aree formative sviluppate.

Integrazione e inclusione nelle aule scolastiche

Sempre più numerosi, ma anche più bravi a scuola. La fotografia scattata dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in collaborazione con la Fondazione Ismu (l’Istituto per lo Studio della Multietnicità), offre alcune conferme, ma anche nuovi spunti, sugli “Alunni con cittadinanza non italiana”. L'indagine si riferisce a quelli che hanno frequentato l'anno scolastico 2012/2013.
L'integrazione sta diventando una realtà, e la scuola ne è contemporaneamente la cartina di tornasole e il motore. Il ritardo quasi si annulla per gli studenti con diversa cittadinanza che però sono nati nel nostro Paese: le loro performance si avvicinano a quelle degli italiani (in particolare nelle prove di lingua straniera) e sono nettamente migliori di quelle dei loro compagni nati all'estero. In alcune regioni del Sud le differenze tra gli italiani e gli studenti di seconda generazione tendono addirittura ad invertirsi: in Campania gli stranieri nati in Italia fin dalla scuola primaria hanno un rendimento migliore dei loro compagni di classe figli di italiani. Stanno diventando più bravi. E si presentano sempre più in anticipo sui banchi.

C'è anche una novità assoluta. Il Rapporto 2012/2013 per la prima volta si occupa di alunni stranieri con disabilità certificata (visiva, uditiva e psico-fisica). Negli ultimi cinque anni la loro presenza è praticamente raddoppiata: ora sono il 3,1% tra gli alunni con cittadinanza non italiana e il 10,8% tra gli alunni con disabilità. Un dato che rivela la capacità della scuola italiana di saper dare risposte e assistenza formativa a situazioni difficili. I dati dimostrano come il diritto all’istruzione e alla formazione per i minori RSC non sia ancora del tutto attuato. I bassi livelli di scolarizzazione rappresentano uno dei fattori principali che ostacoleranno l’inclusione sociale, l’inserimento nel mercato del lavoro e la partecipazione attiva alla vita pubblica dei minori RSC una volta diventati adulti.
La diminuzione dei tassi di iscrizione degli ultimi anni, come già evidenziato nello scorso Rapporto, è la dimostrazione più evidente della scarsa efficacia delle politiche di inclusione e di scolarizzazione attuate in Italia e desta serie preoccupazioni.
È da sottolineare inoltre che questi dati non sono in grado di rilevare il reale andamento della frequenza scolastica dei minori iscritti, il successo formativo e gli esiti della scolarizzazione, ovvero le situazioni di problematicità e di difficoltà che segnalano gli operatori scolastici. Di fronte a una mancanza di informazioni sulla presenza numerica dei minori nei campi o in altre tipologie di insediamento precarie, e a casi di irregolarità e di arrivi clandestini, non si è in grado di conoscere la percentuale effettiva di inserimento scolastico dei RSC sul totale dei minori aventi diritto. In assoluto sfuggono tuttora alle rilevazioni tutti quei bambini che non sono mai stati iscritti a scuola, spesso residenti in aree sosta abusive o campi dismessi, non raggiunti dai servizi territoriali.
Per questo motivo andrebbe rilanciato un grande lavoro conoscitivo sui popoli rom, sinti e caminanti e migliorata la rilevazione scolastica degli alunni, attraverso strumenti più idonei che permettono di acquisire informazioni adeguate e che presuppongono una collaborazione con le stesse comunità.

L’inserimento scolastico è imprescindibile inoltre dalla risoluzione di altre problematiche che affliggono le famiglie di appartenenza. La collocazione nei campi, spesso non attrezzati e lontani dalle istituzioni scolastiche, i problemi sanitari dei bambini dovuti alle precarie condizioni di vita, la mancanza di lavoro e formazione degli stessi adulti, la povertà, la carenza di relazioni sociali fra società maggioritaria e minoritaria, i pregiudizi e le immagini stereotipate, di entrambe le parti in gioco, rom e non rom, rischiano di bruciare anche le migliori pratiche di accoglienza che, a volte, le istituzioni scolastiche riescono ad attuare, intaccando i rapporti insegnanti-alunni, ma più in generale famiglie rom, sinti e caminanti e non.
È chiaro che la storia dei rapporti fra le comunità rom, sinti e caminanti e la società maggioritaria è contestuale, cioè differente da città e città, da territorio a territorio, come ben evidenziano i dati. Il sostegno all’inclusione scolastica dipende dai welfare locali e quindi dalle capacità dei territori di fornire anche i mezzi per raggiungere le scuole, di applicare didattiche interculturali, di accogliere e valorizzare le differenze nel rispetto reciproco, di aprire dialoghi con le famiglie.
In questa prospettiva si colloca il Progetto Nazionale per l’inclusione e l’integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti, promosso nell’a.s. 2013/2014 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali in collaborazione con il Miur in tredici aree metropolitane15, ma anche tanti interventi portati avanti, con fatica, da piccole amministrazioni locali.

Articolo tratto dalla rubrica 'In.Formazione' - Giano ForLab
www.gianoforlab.it

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