giovedì 27 febbraio 2014

Modelli di rappresentazione della conoscenza

Per comprendere il funzionamento della mente umana, è stato seguito un approccio indiretto dagli studiosi delle scienze cognitive, quello della creazione di Modelli destinati a controllare le informazioni analizzate e ad esaminarle in modi diversi in contrapposizione ad informazioni aggiuntive o ai nuovi dati ottenuti dagli esperimenti. Questo tentativo di creazione di modelli controllati si estende a quella che è una pratica quotidiana, inconsciamente impiegata dagli individui tutte le volte che tentano di capire come la mente funziona e di capire il mondo e la realtà esterna in generale. Lamb Sostiene in merito che, in qualche modo tutti sono costruttori di modelli, anzi, questa è una delle attività automatiche dell’uomo. Il processo inconscio della costruzione di modelli inizia sin dall’età infantile, addirittura alcuni studiosi pensano che esso abbia inizio prima della nascita, e continua nell’età adulta fino all’ultimo stadio della vita. Secondo Lamb il sistema informativo dell’uomo possiede informazioni su un mondo che non è solo esterno al corpo, esso infatti include anche informazioni sul corpo stesso, per esempio: la sensazione di fame, sete, stanchezza, qualsiasi altro sentimento, la consapevolezza di dove si trovano le nostre mani, i nostri piedi, e di quali sono le condizioni in cui si trovano, ecc.

La conoscenza acquisita dal nostro cervello, viene organizzata e descritta tramite le così dette mappe mentali o cognitive. Gli studi su tali tipologie di mappe sono stati generalmente realizzati utilizzando tecniche di indagine sui processi mentali di apprendimento, sulla base di sequenze gerarchiche tra concetti chiave e il loro sviluppo associativo. Le strutture del pensiero sono infatti rappresentabili come un albero che parte dal tronco e si suddivide in rami e fronde, fino alle più piccole venature delle foglie o come una rete che lega in una griglia una certa quantità di nodi. Le mappe pur semplificando le strutture di contenuto in uno spazio bidimensionale come può essere quello di un foglio o lo schermo di un computer, rendono possibili complessità tridimensionali con links ad altre mappe. Il testo infatti non è più un mondo chiuso in se stesso, ma si apre a combinazioni con altri testi in una struttura di tipo ipertestuale, le mappe ne rappresentano bene la gararchizzazione e l’organizzazione in cui ogni testo è un nodo, e i legami stessi fra un testo e l’altro sono i links ipertestuali.
Le mappe mentali sono state ideate dallo psicologo inglese Tony Buzar, intorno al 1960, e sono state introdotte come strumento per la generazione e rappresentazione delle idee e del pensiero mediante associazione di concetti e di informazione in modo non lineare. Tutto ciò sulla base della differenziazione funzionale dei lobi celebrali, coinvolgendo cioè sia le funzionalità logico/razionali (lobo destro) che quelle immaginifico/creative (lobo sinistro). Le mappe possono avere diversi impieghi. Ad esempio nella sfera personale vengono utilizzate per far emergere le idee dell’autore, fissarle e rielaborarle; nel lavoro di gruppo tale tipo di rappresentazione delle informazioni ne facilita il confronto e permette di accelerare il passaggio dalla fase di elaborazione a quella esecutiva; infine nella gestione della conoscenza le informazioni sono rappresentate utilizzando degli standard rappresentativi che ne favoriscono una visione oggettiva.

L’importanza di una mappa mentale, risiede nella sua capacità di coniugare in modo ottimale sia la strutturazione/classificazione delle informazioni, che il simultaneo utilizzo di diversi canali espressivi, permettendo attraverso una struttura di tipo gerarchico/associativo di inserire informazioni o dati, ma anche di visualizzare graficamente i legami tra loro esistenti. In particolare le relazioni di tipo padre/figlio permettono di rappresentare processi di generalizzazione e particolarizzazione di concetti, eventi, attività, dati e nello stesso tempo le associazioni tra i rami permettono di rappresentare legami concettuali tra elementi che non siano riconducibili a relazioni gerarchiche.
Altro tipo di mappa utilizzata è la così detta mappa concettuale, teorizzata da Joseph Novak all’inizio degli anni ’60 e diffusa per la rappresentazione grafica della conoscenza in quanto essa non consiste esclusivamente di concetti ma anche di relazioni la cui visualizzazione grafica non favorisce solamente la loro comprensione ma anche la loro memorizzazione. Le mappe concettuali infatti, sono rappresentate mediante nodi semantici e archi commentati di collegamento tra i nodi. Questa tipologia di mappa, si differenza dalle mappe mentali perché nelle mappe concettuali la strutturazione dell’informazione è di tipo reticolare e non gerarchico, la matrice di riferimento è di tipo connessionista e non associazionista , e inoltre i legami tra i nodi sono esplicitati mediante etichette descrittive testuali, favorendo la leggibilità della struttura concettuale.
Il Connessionismo, o Connettivismo, teoria proposta nel 1874 dal neurologo tedesco Carl Wernicke ed elaborata da Ludwig Lichthaim nel 1885, si focalizza invece sul fatto che l’uomo impara dalle esperienze che fa dell’ambiente circostante. Queste esperienze vengono immagazzinate nel cervello mediante la connessione tra neuroni, un processo puramente chimico attraverso il quale avviene il passaggio dell’informazione. E’ proprio la “Connettività” il principio sul quale si basa questa teoria.

Brevemente possiamo dire che il cervello è una rete di neuroni (cellule principali che costituiscono il sistema nervoso). Ogni neurone è integrato in circuiti nervosi nei quali i segnali viaggiano per via elettrica nell’ambito di ogni singola cellula e vengono quindi convertiti in messaggi chimici nel passaggio da un neurone all’altro. Il segnale chimico ricevuto dal neurone viene poi riconvertito in un segnale elettrico e cosi via. Il contatto funzionale con gli altri neuroni è realizzato dalle sinapsi, connessioni appunto fra neuroni a livello delle quali avviene la trasmissione dei segnali nervosi. La connessione sinaptica rappresenta il punto nodale per il flusso dei segnali nei circuiti celebrali. Tali connessioni hanno un’importantissima proprietà, la plasticità sinaptica, che rappresenta la capacità del cervello di rimaneggiare il funzionamento dei propri circuiti nervosi sulla base delle attività precedentemente acquisite dell’esperienza. Grazie a questa proprietà quindi il cervello ha la capacità di ricostruire le aree danneggiate.
Il Sistema Mentale permette all’uomo di percepire porzioni della realtà extra-linguistica considerandole come unità separate del mondo. Cioè permette di stabilire dei confini tra gli oggetti, di stabilire delle categorie per questi oggetti, di distinguere gli oggetti dai processi, e di capire le relazioni che intercorrono tra di essi.
Secondo il modello delle reti neurali il processo dell’effettiva registrazione delle informazioni nella memoria consiste nella costruzione e nel rafforzamento delle connessioni. Riprendere le informazioni dalla memoria vuol dire attivare certi nodi che proprio nel momento in cui vengono attivati riconoscono e identificano i campioni e i modelli che hanno imparato a riconoscere in virtù delle loro connessioni di ingresso.
Tra i vari modelli mentali, si possono menzionare ad esempio i modelli Bottom-Up (Bottom-Up Modeling) e i modelli Top-Down (Top-Down Modeling). Entrambi partono entrambi da informazioni conosciute. Il modello Botto-Up parte dalle più piccole proprietà conosciute dei neuroni e delle loro interconnessioni (lo dice il nome stesso, dal basso verso l’alto), fino ad arrivare alle strutture più superficiali della rete neurale. La varietà di modelli che si può sviluppare da questo punto di partenza è infinito. I modelli più conosciuti hanno una struttura composta da pochi strati, uno dei quali nascosti, e che fa da intermediario tra i dati di input e i dati di output. Una proprietà comune a questo tipo di modelli è quella di connettere ciascun nodo di uno strato a ciascun nodo dello strato successivo. Il modello Top-Down invece funziona al contrario, parte dai fenomeni controllati dal cervello, come ad esempio le forme linguistiche, fino ad arrivare alle parti più piccole e agli strati più nascosti della rete neurale, inizia cioè dall’analisi di ciò che fa il Sistema e formula ipotesi su ciò che c’è nel sistema che gli permette di eseguire le operazioni che effettivamente esegue.

L’ultimo modello studiato da Lamb è il Modello Metaforico (Metaphorical Model). Per Lamb l’uso di metafore è un modo di approcciarsi alle cose ignote, sconosciute, attraverso le cose familiari, conosciute.
Un esempio di metafora molto usata, soprattutto di recente, è quella del Computer come Cervello, e di conseguenza l’uso della memoria del computer come metafora della memoria umana. A questo punto è bene vedere che tipo di sistema è il computer, come funziona e quali sono le differenze tra questa macchina e il cervello.
Lamb definisce il Computer, a livello strutturale, come una rete elettronica costituita da elementi digitali logici interconnessi. Esso opera come un processore di simboli; in particolare immagazzina simboli interni ed esegue le operazioni su di essi, quasi come fa il modello introiettivo della mente. I primi calcolatori erano usati solo per fare calcoli numerici, essi erano infatti considerati come enormi calcolatrici, molto più veloci di qualsiasi altro calcolatore; necessitavano però di un operatore, un uomo, che doveva dar loro una serie di istruzioni per poter eseguire le operazioni. Fu proprio da questa necessità che si sviluppò l’idea di un Programma per il Computer, una serie di istruzioni e di dati su cui operare, mediante i quali il Computer sarebbe stato in grado di compiere le operazioni da solo, senza l’obbligo di dover attendere che l’uomo gli desse di volta in volta le istruzioni da eseguire. Per tali operazioni il Computer aveva bisogno di registri di memoria, tanto per i dati quanto per i programmi, e anche di particolari circuiti per interpretare le istruzioni, che richiedevano mezzi di accesso alle istruzioni dalla memoria, in modo che esse potessero essere interpretate ed eseguite. Fu così che la CPU, l’unità centrale del Computer, fu dotata di queste abilità oltre che di quelle usate per il calcolo numerico. Il Computer funziona con l’Hardware di silicio che permette un calcolo fatto sempre e soltanto su basi binarie, 0-1, si-no, nero-bianco. C’è un’analogia tra la struttura a rete neurale (artificiale) del computer e le reti neurali del cervello. Le reti neurali sono sistemi computazionali utilizzati nell'ambito delle ricerche e delle applicazioni dell'intelligenza artificiale e costruiti in modo tale da incorporare gli elementi fondamentali dei circuiti nervosi cerebrali, e cioè la presenza di unità neuronali collegate da connessioni il cui "peso" può essere modificato dall'addestramento. L'addestramento di una rete neuronale può essere paragonato alla proprietà naturale della plasticità sinaptica, ovvero alla capacità dei circuti nervosi di modificare funzionalmente ed anche strutturalmente i propri processi di segnalazione in seguito all'apprendimento ed alla memorizzazione. Il sistema a rete neurale, a somiglianza della mente umana, è in grado di elaborare grandi quantità di dati d’ingresso, apparentemente non collegati tra loro, e di produrre in uscita una decisione utilizzabile. Le reti neurali artificiali essendo basate su modelli simili alle funzioni celebrali, sono costituite da unità elementari di calcolo, chiamate nodi o neuroni, per analogia alle componenti biologiche e da alcune linee di interconnessione. Le connessioni neurali possono essere intra – strato, se connettono solo neuroni appartenenti allo stesso strato, o inter – strato, se connettono neuroni appartenenti a strati diversi. I neuroni che compongono una rete neurale sono raccolti in strati deputati allo svolgimento di diverse funzioni, in particolare si hanno strati di ingresso contenenti tutti i neuroni che ricevono direttamente segnali provenienti dall’esterno della retina; strati di uscita, composti dai neuroni che hanno un canale di uscita verso l’esterno e strati nascosti, composti da unità nascoste che non sono ne di ingresso ne di uscita. A seconda della direzione in cui viaggia il segnale si parla di connessioni feedforward, se il segnale viaggia dall’ingresso all’uscita oppure connessioni di feedback o ricorrenti, se il segnale viaggia all’inverso. La capacità di apprendimento di una rete neurale artificiale è la caratteristica fondamentale che rende possibile scoprire nella massa dei dati la correlazione cercata. Si possono distinguere varie modalità di apprendimento in base a come la rete viene addestrata. Abbiamo quindi un tipo di apprendimento supervisionato o Supervised Learning, che è una tecnica di apprendimento automatico che mira a istruire un sistema informatico in modo da consentirgli di risolvere dei compiti in automatico, e un apprendimento non supervisionato o Unsupervised Learning, quando si vuole estrarre in modo automatico da delle basi di dati della conoscenza. Quest’ultima viene estratta senza una specifica conoscenza dei contenuti che si dovranno analizzare. La prima fase per creare il modello del sistema a rete neurale artificiale consiste nella raccolta di tutti i dati necessari (vanno esplorate tutte le possibilità). La seconda fase consiste nel fare apprendere alla rete neurale, sulla base dei dati raccolti nella prima fase, le relazioni esistenti tra i dati d’ingresso forniti dai sensori e le uscite desiderate fornite dagli esperti umani. La terza ed ultima fase ha lo scopo di provare a convalidare il sistema completo.

Sostenitori di questa “metafora del Calcolatore”, e quindi delle analogie tra Computer e Mente umana, sono i ricercatori dell’Intelligenza Artificiale, la quale si propone di indagare sui meccanismi che sono alla base della cognizione umana, in primo luogo il ragionamento logico-matematico, la capacità di risolvere problemi e la comprensione del linguaggio naturale, con il fine dichiarato di riprodurli per mezzo di elaboratori elettronici sufficientemente potenti. La posizione di partenza dell’ IA è costituita dal fatto che molti scienziati considerano il pensiero umano come una forma di calcolo e, in quanto tale, potenzialmente riproducibile tramite computer dotati di adeguati software. Da questo punto di vista si possono distinguere due posizioni principali: quella dell’IA forte e quella dell’IA debole. I sostenitori dell’IA forte sono convinti che il pensiero sia interamente riproducibile a un processo di manipolazioni di simboli che si attua utilizzando un gran numero di algoritmi. Pensare in tale prospettiva equivale a calcolare, da cui deriva che la mente è equivalente al programma di un calcolatore. Il cervello e la mente sono stati paragonati quindi a un sofisticato calcolatore che acquisisce informazioni, le immagazzina in memoria, rielabora l’informazione in relazione alla propria memoria ed emette altre informazioni in uscita. Gli scienziati dell’IA forte affermano che tra qualche anno il computer sarà in grado di superare la mente umana, per le funzioni che sarà in grado di eseguire, e sarà addirittura capace di pensare. Per i sostenitori dell’IA debole, invece, pensare non è sinonimo di calcolare, poiché le capacità del pensiero non si limitano a quelle logico-matematiche. Il calcolatore non è visto come l’analogo di un cervello biologico, ma come uno strumento che può essere di grande aiuto nella comprensione dei processi cognitivi.
L'analogia fra computers e cervello ha affascinato l'umanità e gli scienziati fin dalla costruzione dei primi "cervelli elettronici". Il padre della moderna intelligenza artificiale, Alan Turing, elaborò fin dal 1950 un ipotetico test cruciale in grado di definire il raggiungimento da parte di un computer di un livello di intelligenza, non solo computazionale, ma anche emozionale paragonabile a quella umana. Secondo il test di Turing tale raggiungimento potrebbe considerarsi completato quando una persona che intervisti senza vederli un computer ed un essere umano non sia in grado di decidere quale sia il computer e chi l'umano.
Accanto a computers sempre più potenti ma che utilizzano meccanismi computazionali non paragonabili a quelli cerebrali, gli studiosi dell'intelligenza artificiale stanno sviluppando sistemi computazionali, quali le reti neurali, che partono dal principio fondamentale del funzionamento dei circuiti neurali, la plasticità sinaptica e la capacità di modificare la propria attività sulla base dell'apprendimento e della precedente attività. Così, i più entusiasti studiosi dell'intelligenza artificiale prevedono che nel corso del presente secolo non solo si avranno computers in grado di avere consapevolezza di sé e di sentire qualcosa di molto simile alle emozioni umane, ma ipotizzano addirittura una sempre più stretta simbiosi fra l'uomo ed un computer che abbia raggiunto il livello evolutivo non solo di una macchina intelligente ma addirittura di una macchina spirituale.
Le differenze tra Computer e Cervello sono molteplici. Innanzitutto a livello di microprocessore le informazioni in un Computer sono rappresentate da successioni ordinate di bit e questo è il primo limite che la tecnologia del computer impone. Mentre il computer infatti manipola stringhe di bit, il cervello manipola potenziali elettrici tra sinapsi neurotiche. Rappresentare parole del linguaggio con stringhe di bit è una delle prime applicazioni che consente il colloquio tra computer ed esseri umani. Ma, cosa molto importante, in questa codifica si perde la semantica delle parole. Per il Sistema nervoso centrale una parola è rappresentata, come si è visto, da scariche neuronali che coinvolgono molteplici connessioni, per il computer, invece, una parola è solo ed unicamente una stringa di bit, e ad essa il computer non è in grado di associare un significato. Una differenza molto importante è che mentre il computer elabora simboli che appartengono ad un certo insieme finito, secondo regole precise (gli algoritmi), il cervello elabora segnali sensoriali analogici, potenzialmente infiniti, sia utilizzando regole precise, sia in modo impreciso e ambiguo. Lo schema Input-Elaborazione-Output è il principale metodo di funzionamento di un computer, ma mentre il calcolatore è completamente succube ai dati di Input, un essere umano manifesta una maggiore elasticità. Un essere umano è in grado di rispondere in maniera diversa di fronte ad uno stesso input. Mentre un Computer ripropone le stesse reazioni a seguito di una parola di ingresso, un essere umano può rispondere in maniera diversa. Per quanto riguarda l’output, un essere umano può produrre autonomamente un discorso articolato, un computer invece si trova in netta difficoltà a riprodurre un simile comportamento, non tanto per la mole del discorso prodotto, quanto al significato, soprattutto se il corso del discorso procede in maniera imprevedibile e non programmata a priori.

Un’altra importante differenza tra il computer e il cervello è che, le operazioni mentali di elaborazione dell’informazione non avvengono in sequenza come quelle dei computer, ma avvengono simultaneamente nelle reti di connessione tra le molteplici unità di elaborazione. Sicuramente il computer ha una memoria espandibile all’infinito, mentre la memoria del cervello ha una capacità limitata, inoltre il computer funziona grazie all’Unità di elaborazione centrale (CPU), mentre nel cervello non c’è una centrale di elaborazione, l’attività è distribuita tra le parti. I processori, pochi processori, elaborano velocemente un simbolo alla volta (perché funzionano in modo seriale), mentre i neuroni, miliardi di neuroni, elaborano lentamente l’informazione però lavorano in parallelo, mediante l’attivazione di diversi circuiti neuronali.
Un altro aspetto della metafora del calcolatore è la distinzione tra hardware e software. Molti sostenitori dell’ IA forte affermano infatti che, l’hardware sta al software come il cervello sta alla mente. Questa secondo Lamb rimane solo una metafora, perché la realtà è ben diversa. Come si è spesso affermato nelle pagine precedenti infatti, la mente umana scambia le sue informazioni per mezzo delle connessioni neurali, e questo processo non corrisponde in alcun modo a mettere un software nell’hardware del computer. Secondo Lamb, il quale non sostiene affatto la posizione dell’IA forte, gli scienziati dell’IA hanno guardato solo a una piccolissima parte del processo cognitivo della mente umana. Ci sono infatti molte cose del sistema cognitivo dell’uomo che non possono essere simulate neanche dal più sofisticato calcolatore. Tali cose sono ad esempio stati mentali, sentimenti quali: consapevolezza, lo stato di coscienza, il subconscio e l’inconscio, lo stupore, la fantasia, il sogno, l’immaginazione, la creatività, l’invenzione, l’idea, l’illusione, la delusione, la depressione, l’apprezzamento, la volontà; per non parlare poi di sentimenti quali l’amore, l’odio, il timore, la gioia, ecc. Tutto ciò che fa parte del pensiero umano non può essere simulato da un computer. Un computer non può riprodurre i processi di riorganizzazione e di reinterpretazione che hanno luogo nel pensiero creativo. La forza della mente umana sta nel vedere varianti, cose che non sono ancora lì, nel vedere piccoli o grandi cambiamenti che mantengono l’essenza della cosa che però nei dettagli cambia, ecc. La creatività stessa non è riproducibile a formule, ad algoritmi matematici, proprio grazie al fatto che la mente umana è talmente profonda e complessa da sfuggire a qualsiasi riduzione. I computer calcolano, classificano, comandano, reagiscono, ma non pensano; essi associano, ma la funzione associativa è solo una delle funzioni dell’intelligenza, non è l’Intelligenza.
Ciò nonostante, va detto che, negli ultimi anni, sono stati compiuti enormi passi avanti per quel che concerne lo sviluppo dell’ “intelligenza” della macchine. Basti pensare alla nascita del web semantico, che permette, o meglio permetterà, di traslocare quelli che sono i meccanismi prettamente legati alla mente umana, al computer. Infatti, si auspica ben presto di raggiungere risultati che portino le macchine, i sistemi, a “ragionare” sulle informazioni da essi possedute, riuscendo ad interpretare il bisogno informativo umano.

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