INTRODUZIONE
(Definizione di esternalizzazione di servizi e ambiti di applicazione)
A partire dai primi anni settanta, l’organizzazione del sistema produttivo è stata assoggettata a trasformazioni talmente forti, da far parlare di una “nuova rivoluzione industriale”, il cui principale vettore di cambiamento si è dimostrato lo sviluppo tecnologico ed informatico.
Il modello organizzativo predominante, fino a quel periodo era quello fordista, caratterizzato dalla presenza di imprese di notevoli dimensioni altamente integrate, che svolgevano al proprio interno tutte le attività, sia principali che sussidiarie. Il modello, che aveva trovato conferme in un contesto economico di grande espansione, entrò poi in difficoltà proprio all’inizio degli anni settanta, in seguito alla prima crisi petrolifera e al conseguente periodo di recessione che caratterizzò l’economia nazionale di molti paesi.
Si vennero così a creare per le imprese, esigenze di flessibilità, specializzazione ed innovazione tecnologica, caratteri questi difficilmente riscontrabili in aziende di grandi dimensioni e fortemente integrate.
A tal fine iniziarono a diffondersi nuovi modelli organizzativi, definiti appunto post-fordisti, caratterizzati da un elevato grado di specializzazione su singole attività e volti principalmente alla ricerca di due distinti obiettivi: flessibilità, intesa come attitudine dell’impresa ad adattarsi rapidamente a quelle che erano divenute le mutevoli contingenze di mercato, e qualità.
Si cominciò in tal modo a configurare la cosiddetta impresa a rete, caratterizzata da organizzazioni che, riducendo le proprie dimensioni, entravano in un fitto gioco di relazioni contrattuali di carattere commerciale, con soggetti terzi.
Secondo alcuni autori il concetto di rete sarebbe costituito da nodi e maglie; i primi rappresenterebbero le imprese, mentre i secondi raffigurerebbero le relazioni e i canali di interazione tra queste.
Caratteristiche peculiari di questa forma organizzativa sono la trama di relazioni non competitive che lega entità diverse ed autonome, la mancanza di una direzione centrale e le motivazioni che stimolano questi accordi ispirati alla collaborazione e basate su rapporti fiduciari. Ciò che unisce le imprese appartenenti a una rete, infatti, è un progetto comune, in base al quale ciascun membro assume ruoli e compiti e mette a disposizione le competenze di cui dispone.
Così, accanto alle relazioni gerarchiche, acquisirono rilevanza nell’organizzazione delle imprese, una serie di rapporti negoziali con altri soggetti, cui vennero affidati singoli elementi del ciclo produttivo, dando vita ad una struttura integrata, non più in senso verticale, bensì in senso orizzontale, basata sulla cooperazione tra più imprese (cd. deverticalizzazione).
L’imprenditore inizia a configurarsi in tal modo, non più come colui che organizza i fattori della produzione, ma acquisisce un ruolo di general contractor, ossia di coordinatore dell’opera di altre imprese, spesso non necessariamente di piccole dimensioni, caratterizzate da maggiore specializzazione tecnica e flessibilità organizzativa, legate da rapporti contrattuali di vario genere.
Coerente con questo nuovo panorama è il concetto di Impresa Virtuale, ossia, una situazione in cui il management presidia tutte quelle aree ritenute strategiche per la competitività e lo sviluppo dell’impresa, delegando tutte le altre a terzi parti in possesso delle competenze specifiche e in grado di fornire un prodotto/servizio a costi contenuti.
E’ in un contesto di questo genere che si diffondono pratiche di decentramento produttivo, tra cui in particolare l’outsourcing, tese a trasferire all’esterno determinate attività tradizionalmente svolte all’interno dell’ambito aziendale.
L’outsourcing nasce negli Stati Uniti ad opera di alcuni giganti dell’industria automobilistica che lo adottarono per il risanamento delle strutture contabili divenute di difficile gestione in seguito ad uno sviluppo enorme delle attività complementari al core business.
Diffusosi rapidamente in tutti i settori produttivi emerge oggi come uno degli strumenti manageriali che hanno conosciuto la maggiore espansione nel corso degli ultimi decenni e che, sicuramente continuerà a proporsi nei suoi diversi ambiti e nelle sue varie applicazioni come una via obbligata per la sopravvivenza sul mercato delle realtà aziendali, senza distinzione di dimensione, missione aziendale, ambito – pubblico o privato – di appartenenza.
Inizialmente venivano esternalizzate soltanto le attività definite “commodity”, ossia secondarie per il funzionamento strategico dell’impresa, attività di semplice contenuto professionale, che potevano essere svolte anche da terzi. Con il passar del tempo la terziarizzazione ha riguardato anche funzioni e settori fino a poco tempo fa ritenuti strategici per il successo dell’impresa; ciò è potuto avvenire anche grazie alla presenza di operatori specializzati in grado d gestire non solo semplici attività, ma insiemi di attività concatenate in interi processi aziendali, passando da una semplice esternalizzazione allo sviluppo di rapporti di partnership secondo una logica di totale collaborazione e trasparenza. Negli ultimi anni si è sviluppato il nuovo modello di outsourcing, per l’esattezza il Business Process Outsourcing (BPO), che prevede l’esternalizzazione di interi processi aziendali.
In Italia l’outsourcing è destinato a diventare un tema di grande interesse perché strettamente legato alla realtà delle piccole/medie imprese (PMI), che non hanno la massa critica per svolgere tutte le loro attività in modo competitivo. Le PMI, inoltre, non avendo accesso alle nuove tecnologie, se vogliono rimanere al passo delle imprese più evolute, sono costrette a scegliere la cessione esterna di alcune funzioni, anche se dovranno superare degli ostacoli iniziali, tra questi l’opposizione di alcuni strati di personale, che non ne vedono l’utilità, ma che anzi considerano questo tipo di attività come una minaccia reale al loro posto di lavoro.
Una volta superate le varie paure, le aziende hanno però scoperto che qualsiasi attività amministrativa e finanziaria può essere data in outsourcing.
Il ricorso a questa pratica di decentramento contribuisce a rendere più elastica la struttura dei costi, aumenta la disponibilità di risorse finanziarie da utilizzare per ulteriori iniziative, rende la struttura organizzativa più flessibile ai mutamenti dell’ambiente esterno.
Non bisogna, comunque trascurare i rischi connessi ad eventuali errori di valutazione nella scelta sia del partner, sia delle attività da esternalizzare, soprattutto quando queste ultime si dimostrano essenziali per ottenere vantaggi competitivi.
Allo stesso modo, occorre valutare attentamente i problemi connessi alla perdita di controllo del processo produttivo ceduto e le ripercussioni che l’operazione provoca su tutti i livelli della struttura gerarchica della società.
Obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare il contributo che la scelta di outsourcing, e in particolar modo la scelta di affidare in esterno la gestione delle risorse documentarie ed archivistiche di una società o di un ente sia pubblico che privato, può offrire allo sviluppo della società stessa sullo scenario competitivo.
Dopo aver proposto un’ipotesi di definizione e di classificazione del fenomeno, si affrontano le problematiche relative alla scelta dei processi da esternalizzare e dunque degli ambiti di applicazione di tale scelta strategica, e riguardanti la selezione del partner, la valutazione e controllo delle prestazioni da quest’ultimo erogate.
Viene inoltre considerata la disciplina giuridica del contratto, in particolare i diversi modelli contrattuali tipici ai quali è generalmente ricondotto il contratto “atipico” di outsourcing e si considerano le principali caratteristiche degli elementi contrattuali, in termini di durata, modalità di pagamento, estinzione e tutela delle parti.
Successivamente verranno approfondite le motivazioni e le modalità di applicazione dell’outsourcing alla gestione documentale, sia nell’ambito pubblico che in quello privato.
Il ricorso all’outsourcing nella gestione degli archivi correnti, di deposito e storici è un fenomeno che risale a ben oltre dieci anni fa, e che in questo periodo ha assunto un rilievo sempre maggiore, svolgendo compiti una volta inimmaginabili, con modalità sempre più raffinate. Dai primi casi di semplice custodia, per un periodo limitato nel tempo e presso i propri magazzini della documentazione prodotta da un’istituzione, di frequente dovuta all’urgenza di lavori di manutenzione nei locali di deposito della stessa, le aziende di outsourcing archivistico si sono nel tempo strutturate offrendo una sempre maggiore quantità di servizi specializzati.
Ora molte società qualificate nel campo provvedono anche a conservare e gestire nel tempo la documentazione affidata loro, a curarne l’informatizzazione, la riproduzione digitale, la preparazione dei massimari di conservazione e di scarto, e a fornire gli elenchi dei documenti da conservare o da avviare al macero. In alcuni casi si occupano anche del protocollo informatico e della gestione del workflow dei flussi documentali, curando con autonomia l’intero servizio relativo al settore archivistico di competenza dell’ente produttore che si limita a commissionarlo, pur conservandone, per legge, la responsabilità, che è così condivisa con l’outsourcer stesso. Inoltre le società che offrono servizi di outsourcing offrono sistemi per l’archiviazione ottica o elettronica, la gestione della documentazione dal Web, lo studio di soluzioni per la riorganizzazione del sistema archivistico dell’ente. Talvolta viene addirittura avanzata la richiesta della gestione della posta in arrivo, in termini di apertura e assegnazione della corrispondenza all’ufficio competente a trattarla.
D’altra parte la recente normativa sugli archivi in formazione, che prevede l’applicazione di tecnologie per l’adozione del protocollo informatico e la gestione del workflow e dei flussi documentali, richiede la presenza di figure specialistiche per la corretta gestione degli archivi. Ben poche sono le istituzioni che vi possono destinare personale qualificato, e quindi che preferiscono delegare a società esterne tali compiti, optando per soluzioni che si presentano con maggiori garanzie di stabilità e permettono il conseguimento di economie di scala.
L’attualità e la centralità del fenomeno dell’affidamento in esterno dei servizi di archivio, in questi ultimi anni, si sono ampiamente riconfermate; ciò è dovuto sia alla complessità della situazione normativa, soprattutto per quanto riguarda la documentazione informatica, sia alle sempre maggiori difficoltà che presenta per gli enti la conservazione della documentazione cartacea, in termini di efficienza ed efficacia, in quanto i costi per il personale e gli spazi idonei da dedicarvi sono divenuti spesso insostenibili.
Negli ultimi anni il quadro legislativo, profondamente modificato ed innovato soprattutto per quanto riguarda la normativa relativa alla documentazione digitale o da digitalizzate, ha comportato che molte grandi istituzioni, sia pubbliche che private, si rivolgessero alle società di outsourcing per affrontare i problemi relativi all’adeguamento alle norme.
Specifici provvedimenti normativi tendono a modificare profondamente il rapporto del cittadino con la Pubblica amministrazione, considerata essenzialmente come fornitrice di servizi, al fine di ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili, nonché di velocizzare i tempi di erogazione dei servizi stessi e delle informazioni al cittadino.
Il tema di riflessione, in questo caso, riguarda il passaggio cruciale per l’intero sistema documentale dalla gestione informatica di documenti cartacei alla produzione, tenuta e conservazione di documenti esclusivamente informatici. L’archiviazione ottica sostitutiva deve, infatti, sempre basarsi sull’esistenza di piani di classificazione e conservazione, cioè sull’analisi e sulla valutazione dei concreti bisogni organizzativi e deve contare su soluzioni idonee anche dal punto di vista della loro sostenibilità. Se, pertanto si intende procedere a interventi di informatizzazione del sistema documentale, è indispensabile assicurare la corretta organizzazione dell’archivio – in termini di formazione dei fascicoli e definizione dei termini e delle modalità di conservazione – e valutare con attenzione l’efficacia di programmi massicci e generali di digitalizzazione.
In ogni caso, l’informatizzazione non deve mai prescindere dalla considerazione delle esigenze di conservazione nel tempo dei documenti, in particolare per quel materiale archivistico oggi corrente, ma destinato a una durata illimitata per ragioni di ricerca storica e scientifica.
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