lunedì 9 settembre 2013

Definizioni e motivazioni alla base di una scelta di outsourcing - Dossier ' Outsourcing e gestione dei servizi archivistici e documentali' - I CAPITOLO


Outsourcing: definizione e considerazioni di carattere generale


Outsourcing è un termine inglese, composto da outside e resourcing che in italiano è spesso tradotto con “esternalizzazione”, “terziarizzazione”. In prima approssimazione, sta ad indicare l'utilizzo di risorse esterne per lo svolgimento di determinate attività, le quali sono state tradizionalmente gestite tramite risorse e personale interno.  Molto alla lettera potremmo, tradurre come “porre una fonte di approvvigionamento all’esterno”.
Chi si è occupato del fenomeno lo definisce in modi diversi, ora orientati a metterne in risalto gli aspetti strategici, ora quelli operativi.
Secondo una definizione del Gartner Group, ad esempio, “l’outsourcing è una relazione contrattuale di durata superiore ad un anno tra un’azienda e uno o più fornitori esterni ai quali essa cede la gestione di alcune o tutte le attività del proprio sistema informatico”.
Secondo Peat Marwick “l’outsourcing è uno strumento che consente alle imprese di focalizzarsi sulle loro competenze distintive e sul loro core-bussiness”.
Roberta Virtuani scrive: “ Con il termine outsourcing si intende la scelta di affidare totalmente o parzialmente ad un fornitore esterno delle attività di servizio interne all’azienda”.
Luca Vitale, in un articolo del Sole 24 Ore afferma: “praticare outsourcing significa delegare a fornitori esterni la gestione di attività considerate non strategiche per l’impresa”.
Carlo Durante definisce invece l’outsourcing come “il processo attraverso il quale le aziende assegnano stabilmente a fornitori esterni la gestione operativa di una o più funzioni, catena di attività o servizio di supporto in precedenza svolto all’esterno”.
Ferruccio Mangioni e Francesca Maiotti, in un articolo della rivista L’Impresa scrivono: “Outsourcing è un termine generico che può essere usato per descrivere ogni attività di esternalizzazione, dalla mensa aziendale, al servizio di posta interno, sino ai processi a più alto valore per l’azienda quali l’Information Technology, l’amministrazione o la logistica che saranno gestiti da un fornitore esterno capace di assicurare qualità e risultati”.
Tuttavia volendo esprimere il concetto generale in forma particolarmente sintetica possiamo descrivere l’outsourcing, o in termini ancora più moderni l’offshore/nearshore outsourcing, come quel processo che porta alla “acquisizione da un fornitore esterno di prodotti o servizi attualmente risultanti dalla diretta attività produttiva e di gestione interna all’azienda”.
E’ uno degli strumenti manageriali, di carattere tattico e strategico, che hanno conosciuto la maggiore espansione nel corso dell'ultimo decennio e che, secondo autorevoli e diffuse proiezioni, continuerà a proporsi nei suoi diversi ambiti e nelle sue varie applicazioni come una via obbligata per la sopravvivenza sul mercato delle imprese, senza distinzione di industria, dimensione o missione aziendale.
In particolare negli Stati Uniti l’outsourcing ha acquisito fama in seguito alla crisi economica degli anni ottanta: alcuni giganti dell’industria automobilistica, le cui dimensioni erano diventate abnormi anche per lo sviluppo di aree complementari al core business, adottarono come soluzione fondamentale del problema contabile proprio l’esternalizzazione.
Il principio era semplice: far fare agli altri quello che sanno fare meglio di noi, in modo da ridurre i costi, migliorare la qualità dei servizi o dei prodotti intermedi di cui si ha bisogno, e “liberare” così le risorse necessarie per lo sviluppo di ciò che costituisce la vera attività dell’impresa.
Espresso in questi termini l’outsourcing può sembrare una sorta di formula magica per le imprese: per svolgere meglio la propria attività primaria è sufficiente delegare ad altri, che sono più esperti nel settore, le attività di supporto. In effetti, un assunto così semplice nasconde invece problematiche molto complesse perché all’impresa si chiede di cambiare il modo di fare business: non contare più solo ed esclusivamente sulle proprie forze ma affidarsi, per lo svolgimento di attività riguardanti, a volte interi settori, a qualcun’ altro.
Ciò comporta enormi cambiamenti sia a livello strategico che organizzativo, ma soprattutto l’impresa deve avere fiducia nei propri fornitori, considerarli come dei “partner” e non più come dei concorrenti nella formazione del valore aggiunto. Non a caso Arcari lo definisce come quella “particolare modalità di esternalizzazione che ha per oggetto l’enucleazione di intere aree di attività, strategiche e non, e che si fonda sulla costituzione di partnership tra l’azienda che esternalizza e un’azienda già presente sul mercato in qualità di specialista”.
Si tratta di un “legame di cooperazione tra committente, ossia l’impresa che esternalizza (outsourcee) e fornitore (outsourcer), nonché di un’alleanza strategica temporanea basata sul riconoscimento delle reciproche competenze, sulla volontà di instaurare un’effettiva collaborazione e sulla disponibilità di sviluppare relazioni corrette e trasparenti”.
Questo sistema di competizione/collaborazione tende a “favorire lo sviluppo delle capacità innovative proprie e degli altri, minimizzando i rischi che l’applicazione dell’innovazione comporta”.
Non sempre, infatti, un’impresa dispone al suo interno di tutte le competenze necessarie per essere competitiva in termini di qualità, innovazione e servizio per il cliente. Per raggiungere questi obiettivi le aziende tendono a focalizzare le risorse sulle proprie competenze distintive e a trasferire attività secondarie rispetto al core business ad aziende specializzate che fanno di altre aree il loro punto di eccellenza. Sotto questo profilo il ricorso all’outsourcing presuppone valutazioni di carattere strategico e deve essere improntato in un’ottica di medio-lungo periodo. Si tratta, infatti, di modificare le logiche competitive, rinunciando a presidiare direttamente alcune aree di attività in favore di una maggiore focalizzazione delle risorse su altre aree, al fine di sfruttare meglio le proprie capacità distintive: una scelta impegnativa questa e non sempre reversibile.
Originariamente utilizzato con riferimento alla semplice nozione di Make or Buy, l’outsourcing oggi è sempre più utilizzato secondo una nozione più innovativa. L’esternalizzazione, nelle esperienze più recenti non si limita ai servizi ausiliari, ma può coinvolgere anche servizi essenziali (raramente il core business); l’obbiettivo non è il semplice contenimento dei costi, ma la ricerca di partners in grado di favorire l’innovazione strategica. E’ interessante riportare quanto osservato in un contributo del 1995 di Acabbi, in cui si sostiene: “Viene sempre più affermandosi una visione aziendale che identifica nell’esternalizzazione e nella terzializzazione una componente fondamentale della strategia d’impresa. E’ quella di impresa rete, che indica, quale fattore di successo la capacità dell’imprenditore di chiamare a raccolta le migliori competenze, i migliori processi, le migliori tecnologie, attraverso la partnership con aziende che nelle varie aree siano in grado di offrire servizi di eccellenza. In pratica la qualità principale, la core competence dell’imprenditore di successo, è quella di saper integrare alla propria azienda, partners singolarmente eccellenti in modo da poter essere sul mercato come operatore globalmente eccellente”.
L’effetto, quindi, non dovrebbe essere tanto la dismissione dell’attività (e conseguente riduzione della complessità aziendale), quanto l’attivazione di forme interaziendali, in un orizzonte temporale di riferimento non di breve ma di medio-lungo periodo.

 Motivazioni alla base dell’outsourcing


Per cercare di esporre chiaramente e brevemente le motivazioni che si trovano di solito alla base di una scelta di outsourcing è stato preso come punto di partenza una ricerca condotta nel 2001, per cinque anni, dall’ OUTSOURCING INSTITUTE su un campione di oltre 1200 imprese statunitensi, che ha portato ad identificare sette principali motivazioni che inducono all’outsourcing, così elencate:

1.                 difficoltà nella gestione o nel controllo di una funzione aziendale. Dall’indagine emerge che le imprese che hanno deciso di decentrare varie attività sulla base di tale considerazione non hanno ottenuto risultati soddisfacenti. Una critica a tal punto potrebbe essere determinata dal fatto che l’impresa prima di ricercare una possibile soluzione alla difficoltà di gestione di una funzione aziendale dovrebbe ricercare le cause che hanno originato l’attuale situazione. Se non è in grado di individuarle, non sempre sarà capace di comunicarle al fornitore.

2.                 mancanza di professionalità e di competenze specifiche all’interno dell’azienda. In questo caso l’azienda ricorre all’outsourcing perché non possiede al proprio interno le risorse necessarie in termini di capacità professionali specifiche. Per esempio se si è in una fase di espansione aziendale, e soprattutto se questa espansione avviene in nuovi mercati, l’outsourcing costituisce un’alternativa praticabile e conveniente rispetto allo sviluppo in proprio di competenze specifiche che riguardano i nuovi problemi che la situazione di crescita porta ad affrontare.

3.                 riduzione dei costi operativi. Viene in tal senso modificata la struttura dei costi aziendali, sostituendo ai costi di struttura i costi variabili, con una riduzione dei costi operativi a fronte delle economie di scala che il fornitore riesce a realizzare.

4.                 situazione di difficoltà finanziaria. A volte il contratto di outsourcing prevede che una parte o la totalità delle attrezzature utilizzate dall’impresa sia trasferita al fornitore esterno; si tratta di una vera e propria vendita di attività che rappresenta un flusso di cassa positivo per l’impresa cedente.


5.                 necessità di attrarre capitale ed allocazione più efficiente delle risorse. L’outsourcing riduce la necessità di risorse da investire in funzioni non direttamente legate all’attività principale, rendendo disponibili risorse da investire nel core business.

6.                 riduzione dei rischi.  Le condizioni dei mercati finanziari e le tecnologie sono oggigiorno fattori in continua evoluzione. Mantenersi in linea con questi mutamenti e prendere le decisioni giuste è estremamente difficile per un’azienda. Il provider di servizi di outsourcing prende decisioni di investimento non sulla base di prospettive di una sola impresa, bensì sulla base della combinazione delle prospettive di mercato di tutte le sue imprese clienti.

7.                 maggiore specializzazione del fornitore. Il fornitore si caratterizza solitamente per gli elevati livelli di professionalità e competenza nei servizi offerti al committente.
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1 commento:

  1. Certo che bisogna lasciar fare a quelli che sanno far bene il proprio lavoro. Come da noi nella mensa ospedaliera, non si puó far tutto perché allora si rischia di fare ma non in modo approfondito. Allora trovo giusto che vengano messe in azione aziende da fuori come nel settore servizi facility, Ciao Simona

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