Oggigiorno, ancora più che in passato, la scuola è
chiamata a svolgere il delicato compito di formare persone in grado di
interagire con una società molto più complessa ed esigente, quella che nel
“Libro bianco” della Commissione Europea (“Insegnare ed apprendere - Verso una
società della conoscenza” – Bruxelles, 1995 )viene definita una “Società
conoscitiva”, in cui il processo di apprendimento non si esaurisce con la
frequenza scolastica, ma si estende fino ad abbracciare l’intero arco della
vita. Gli stessi concetti e le medesime esigenze vengono riprese e affrontate
nel “Libro bianco sul futuro del modello sociale – La vita buona nella società
attiva”, prodotto dal Ministero del lavoro, della salute e delle Politiche
sociali nel 2009 (scaricabile dai siti www.ministerosalute.it
e www.lavoro.gov.it).
Come scrive Martin Dodman in “Educazione
plurilingue nella realtà multiculturale”, in quest’ottica diventa fondamentale
costruire un curricolo in grado di fornire risposte precise e adeguate per i
tempi in cui viviamo. I numerosi flussi migratori che si verificano per motivi
di lavoro, di studio, sociali e/o politici, favoriscono la nascita di una
dimensione all’insegna della multiculturalità e ormai in molti Paesi il
plurilinguismo è diventato una nuova e concreta realtà con cui confrontarsi.
Diverse culture, conoscenze, modi di pensare, usi, costumi, vissuti e valori
entrano in contatto e coesistono, si aprono nuovi orizzonti, si abbattono
barriere mentali e pregiudizi, che invece, prosperano ove sono grettezza e
chiusura, si stimolano scambi proficui: questo è lo scenario attuale e lo sarà
ancora di più in futuro.
La scuola non può, dunque, prescindere da tale contesto
e, pertanto, nel curricolo la lingua straniera non può più essere trattata
esclusivamente come oggetto di studi, ma deve essere inteso anche come mezzo
per veicolare contenuti. È in tale discorso che si inserisce la didattica CLIL,
acronimo coniato nel 1994 da David Marsh e Anne Maljers, che sta per “Content
and Language Integrated Learning”. Con tale espressione si indica
preferibilmente una metodologia di insegnamento che si avvale di una lingua che
non sia quella madre, come mezzo per la trasmissione e l’acquisizione di
contenuti di una disciplina non linguistica. La lingua, quindi, diventa solo un
veicolo che non contende affatto il ruolo principale e di primo piano che
viene, invece, rivestito dal contenuto della materia oggetto di insegnamento.
Lingua madre e lingua straniera devono essere
utilizzate dall’insegnante non con un rigido metodo specifico, ma sfruttando un
approccio sistemico flessibile ed efficace che faccia appello ad un’ampia gamma
di metodologie: activity-based approach, audiovisual aids, storytelling,
task-based approach, Total Physical Response, learning by doing, ecc.
La metodologia CLIL è sicuramente la soluzione che
consente la formazione dei cittadini che possono integrarsi pienamente in una
società plurilingue e di rispondere senza incertezze alle richieste del mercato
del lavoro attuale e del futuro, ormai sempre più caratterizzato dalla
mobilità. In vista di tale obiettivo, va sottolineata l’importanza che
l’insegnamento della lingua straniera sia ad appannaggio di persone preparate,
in grado davvero di padroneggiare i mezzi linguistici e gli aspetti culturali
della lingua straniera, piuttosto che di insegnanti “sfornati” da corsi che
entrano solo in un’ottica di razionalizzazione del personale docente.
http://www.infooggi.it/articolo/da-un-apprendimento-integrato-plurilingue-alla-nuova-era-della-conoscenza/42729/
Nessun commento:
Posta un commento