venerdì 17 ottobre 2014

Rapporto MIUR 'La buona scuola' - Cap II - La vera autonomia: valutazione, trasparenza, apertura, burocrazia zero

Abbiamo iniziato occupandoci in dettaglio dei docenti, perché sappiamo bene che gran parte delle azioni contenute in questo Piano resterebbero lettera morta senza meccanismi nuovi di, formazione, reclutamento e valorizzazione professionale in grado di assicurare che in classe vadano i migliori formatori che il Paese è in grado di offrire.
Questo cambiamento può realizzarsi solo a una condizione: che la scuola riveda radicalmente il modo in cui funziona. In altre parole: dobbiamo realizzare pienamente l’autonomia scolastica. Per attuarla disponiamo formalmente già di (quasi) tutte le norme necessarie. Ma non siamo stati capaci, negli anni, di attuarle, dotando le scuole (e il sistema scolastico nella sua interezza) di strumenti appropriati di gestione, valutazione, governance e circolazione delle informazioni necessarie per dare alle scuole gambe proprie su cui camminare. Anzi, abbiamo fatto spesso l’esatto contrario. Un esempio? Per un liceo è già possibile, in teoria, cambiare fino al 30% del piano di studi dell’anno scolastico. La norma richiede che questa quota oraria sia gestita utilizzando l’organico di cui l’istituto è dotato oppure attraverso docenti non nell’organico della scuola, retribuiti con
risorse accessorie. Nella gran parte dei casi, tuttavia, le scuole non hanno i fondi per remunerare docenti esterni alla scuola, mentre quelli interni hanno orari rigidi e competenze non riconvertibili. La norma dunque esiste, ma come spesso accade, non la si può attuare. Non c’è vera autonomia senza responsabilità. E non c’è responsabilità senza valutazione. Dobbiamo quindi poter aiutare ogni scuola – e poi valutarla su questo – a costruire il suo progetto di miglioramento, partendo da un coinvolgimento sempre più significativo dei docenti e degli studenti, e offrire contestualmente alle famiglie uno strumento di informazione e trasparenza sulla qualità della scuola dove mandano i loro figli. Per vivere e crescere nell’autonomia responsabile, ogni scuola deve poter schierare la miglior squadra possibile. Per farlo, i curricula dei docenti saranno resi fruibili in maniera trasparente, e le informazioni in esse contenuti serviranno alle scuole per la selezione degli organici funzionali e per la mobilità di tutti i docenti.
Infine autonomia è il contrario di autoreferenzialità. Nessuna scuola è un’isola, ma anzi è il centro di una rete di intersezioni preziose: fino ad oggi “più autonomia” ha spesso significato abbandonare le scuole a loro stesse. Quella che era un’opportunità di ricucire il tessuto educativo del Paese in chiave sussidiaria si è rivelata un’occasione sprecata. Ripartiamo da qui. Anzitutto connettendo le scuole al mondo, attraverso uno sforzo che coinvolga pubblico e privato per garantire alle nostre scuole un accesso più diffuso e capillare a internet. E poi collegando le stesse scuole al territorio circostante.
Autonomia significa buona governance della scuola. I dirigenti scolastici, valutati e selezionati per la loro professionalità in maniera nuova, saranno messi in condizione di determinare più efficacemente le dinamiche interne alla scuola, incluse le scelte educative.
Potranno scegliere tra i docenti coloro che coordinano le attività di innovazione didattica, la valutazione o l’orientamento e premiarne, anche economicamente, l’impegno. Servono poi organi collegiali rivisitati, aperti, agili ed efficaci. E poi servono semplicità e semplificazione: anni di ipertrofia regolatoria hanno reso urgente un’azione di razionalizzazione. La metteremo a punto con i protagonisti della scuola: presidi, amministrativi, docenti. Perché nessuno meglio di loro può dire quali siano le regole più superflue, le complicazioni più inutili, cosa serva per sbloccare la scuola. Tutti i membri della comunità territoriale devono poter trovare, nella scuola, un punto di incontro anche
oltre l’orario curricolare, un centro di attrazione per iniziative di educazione informale, volontariato, lotta alla dispersione, integrazione. Di riscatto e protagonismo civico. La valutazione è il punto di partenza per conoscere punti di forza e debolezza di ogni singolo istituto e per conoscere il nostro sistema educativo nella sua totalità. D’altronde la scuola è il primo ambito della vita in cui i giovani apprendono il valore educativo della valutazione: i primi 4 e i primi 7 in pagella li abbiamo presi proprio a scuola. Sarebbe assurdo applicare questo principio a tutti tranne che alla scuola stessa. Scansiamo il campo dagli equivoci:
il sistema di valutazione della scuola che intendiamo costruire non è fatto di competizione
e classifiche. E non mira, semplicisticamente, a “premiare la scuola migliore”, quanto piuttosto a “sostenere la scuola che si impegna di più per migliorare”. C’è una bella differenza: non abbiamo bisogno di gare tra istituti, ma di incoraggiare tutti gli istituti, in tutto il territorio, al miglioramento continuo di quello che offrono agli studenti. Ogni scuola appartiene a un territorio diverso, ha la sua memoria e la sua prospettiva. Ha i suoi legami con il tessuto produttivo locale, le proprie ricchezze da valorizzare, i propri limiti da superare. La sfida è principalmente con se stessa. Occorre un modello di valutazione che renda giustizia al percorso che ciascuna scuola intraprende per migliorarsi e allo stesso tempo costituisca un buono strumento di lettura per chi è esterno alla scuola. Oggi, dopo molti anni di gestazione, abbiamo gli strumenti per farlo. Il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV), previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 80 del 2013, sarà reso operativo dal prossimo anno scolastico per tutte le scuole pubbliche, statali e paritarie. L’approccio con cui lo attueremo è votato all’agilità e alla non ridondanza: non sarà un ulteriore adempimento amministrativo che si somma valutazione per migliorare la scuola alle già tante richieste di documentazione, ma anzitutto un modo per offrire alle scuole un quadro di riferimento, dei dati comparati, degli strumenti per sviluppare, sostenere e orientare il proprio miglioramento.
Dentro allo strumento di autovalutazione si troveranno indicatori su contesto e risorse, esiti e processi della scuola: ambienti di apprendimento, apertura verso il territorio, pratiche educative e didattiche, livello e qualità di quello che gli studenti avranno imparato,
elementi socio-economici di contesto, ma anche informazioni utili per capire, ad esempio,
se gli apprendimenti degli studenti incidono sulla loro scelta di proseguire gli studi o sulle
loro chance di trovare un lavoro. Si verificherà se i risultati di apprendimento fra le classi e dentro le classi siano equi o meno all’interno della stessa scuola o se mostrano invece delle distorsioni da correggere affinché nessuna classe – e nessun ragazzo in nessuna classe – sia abbandonato a se stesso. Il Sistema Nazionale di Valutazione sarà esteso anche alle scuole paritarie. Servirà lavorare per dare alle scuole paritarie (valutate positivamente) maggiore certezza sulle risorse loro destinate, nonché garanzia di procedure semplificate per la loro assegnazione. Sarà ugualmente importante assicurare
trasparenza. Per questo, i dati relativi alla valutazione delle scuole paritarie saranno trattati
come i dati di tutte le altre scuole, e saranno quindi pubblicati su Scuola in Chiaro 2.0.
Nel processo di valutazione sarà fondamentale l’apporto degli ispettori, che concorrono
alla realizzazione delle finalità di istruzione e di formazione e agli obiettivi del SNV, coordinando i nuclei di valutazione esterni alle scuole. Il rapporto e il piano di miglioramento saranno pubblicati in formato elettronico secondo diverse modalità: testuale (integrale e di estratto) e in formato aperto. Cosa permetterà di fare questo nuovo strumento? Molte cose:
• ogni scuola avrà un “cruscotto” comune di riferimento grazie al quale individuare i propri punti di forza e di debolezza e sviluppare un piano triennale di miglioramento che avrà al centro i risultati degli studenti, il loro apprendimento e successo formativo.
• il finanziamento per l’offerta formativa (a partire dal MOF, vedi Capitolo 6) sarà in parte legato all’esito del piano di miglioramento scaturito dal processo di valutazione.
• Il livello di miglioramento raggiunto dall’istituto influenzerà in maniera premiale la retribuzione dei dirigenti.
il SISTEMA NAZIONALE DI VALUTAZIONE sarà operativo dal prossimo anno scolastico
per tutte le scuole pubbliche, statali e paritarie. L a scuola deve insegnare i valori dell’apertura e della trasparenza, ma deve anche praticarli. A partire dal 2015 per ogni scuola saranno pubblicati in forma aggregata e, dove possibile, di microdati:
• i flussi di dati sull’organizzazione della scuola (organico, edilizia, bilancio)
• i rapporti di autovalutazione di ogni scuola, costruiti sulla base di format e indicatori comuni, e i relativi piani di miglioramento;
• i bilanci delle scuole (di previsione e conto consuntivo, con la descrizione analitica dell’impiego delle risorse provenienti da Stato, Enti locali, famiglie e privati);
• tutti i progetti finanziati attraverso il MOF o altri fondi a bilancio della scuola;
• una mappatura delle interazioni delle scuole con il territorio: partneriati con imprese, fondazioni, amministrazioni locali, eventi.
La trasparenza non è una mera rendicontazione che arriva alla fine del processo amministrativo. Dobbiamo pensarla invece come elemento “fondativo” nell’amministrazione, gestione e programmazione della scuola. I dati saranno pubblicati sulla piattaforma “Scuola in Chiaro 2.0”, in forma aggregata e per singola scuola, navigabili secondo diversi criteri quali il codice meccanografico degli istituti, l’area geografica e/o altri indicatori. La sperimentazione di “Scuola in Chiaro” è già online in forma elementare: la nuova versione sarà oggetto di un Design Challenge – una gara aperta per identificare la miglior soluzione tecnologica che aumenti la fruibilità delle informazioni.
Il pieno accesso ai dati sulla scuola deve stare alla base dell’autonomia scolastica: serve ai genitori che vogliono essere consapevoli della scelta della scuola per i propri figli;
serve agli studenti che hanno il diritto di conoscere la scuola che frequentano; serve soprattutto al corretto funzionamento ella scuola stessa, per realizzare davvero l’autonomia e l’innovazione didattica e organizzare al meglio il lavoro del proprio team di docenti, tra lezioni in classe e attività complementari, da sola o con altre scuole in rete.
A tali dati si aggiungerà come novità di grande importanza: il Registro Nazionale dei docenti della scuola. Il registro sarà attivo a partire dall’anno scolastico 2015-2016 e offrirà le informazioni sulla professionalità (un portfolio ragionato) di tutti gli amministrativi, dirigenti, insegnanti, associato alla scuola in cui sono in servizio. Il Registro conterrà tutte le informazioni amministrative provenienti dal fascicolo personale e altri dati aggiuntivi, sulla base della rodata sperimentazione degli ultimi due anni per la costruzione dell’anagrafe della professionalità del docente. A cosa servirà questo registro? A molte cose: sarà navigabile dal personale amministrativo della scuola, per assolvere agli scopi della normale gestione del personale; una parte di questi dati, opportunamente identificati nel rispetto delle regole sulla riservatezza, sarà anche visibile online in relazione alla scuola il cui personale presta il servizio, come avviene nelle sezioni “Persone” sui siti di diverse organizzazioni. La sezione di tale Registro relativa ai docenti avrà una funzione
organizzativamente molto rilevante a partire dal prossimo anno scolastico: nel caso dei docenti reclutati come organico funzionale, il registro sarà infatti lo strumento che ogni scuola (o rete di scuole) utilizzerà per individuare i docenti che meglio rispondono al proprio piano di miglioramento e alle proprie esigenze. E servirà, quindi, per incoraggiare e facilitare la mobilità dei docenti, da posti su cattedra a posti come organico dell’autonomia e viceversa, così come tra scuole diverse. Il dirigente scolastico, consultati
gli organi collegiali, potrà in tal modo chiamare nella sua scuola i docenti con un curriculum coerente con le attività con cui intenda realizzare l’autonomia e la flessibilità della scuola. In questo modo le scuole potranno utilizzare la leva più efficace per migliorare la qualità dell’insegnamento: la scelta delle persone. il registro nazionale
dei docenti della scuola sarà lo strumento che ogni scuola (o rete di scuole) utilizzerà per individuare i docenti che meglio rispondono al proprio piano di miglioramento e alle proprie esigenze.
Dobbiamo mettere la scuola nelle condizioni di cambiare rotta. Per farlo, il timoniere è essenziale: al dirigente scolastico va data la possibilità di organizzare meglio il lavoro all’interno della scuola, di guidare il piano di miglioramento, di concordare le sfide con il territorio e con gli altri attori sociali dell’area vasta che sostiene l’istituto.
I presidi sono oggi troppo spesso impegnati a decodificare le circolari ministeriali anziché occuparsi di coordinare la progettazione educativa, governare l’istituto con attenzione e interessarsi agli stimoli che provengono dall’esterno. I dirigenti hanno la titolarità delle relazioni sindacali, la rappresentanza legale, sono datori di lavoro e stazione appaltante. Sono responsabili di (quasi) tutto; ma non hanno nelle loro mani le leve di governo per assumere al meglio tali responsabilità. Perché ciò avvenga è necessario in primo luogo definire meglio il profilo professionale del dirigente scolastico, individuare meccanismi di reclutamento che assicurino la massima preparazione professionale e realizzare un sistema per la loro la valutazione. Abbiamo bisogno di garantire ad ogni scuola professionalità solide e competenti a cui affidare il cambiamento. Inoltre, pur mantenendo e rafforzando le indiscutibili competenze “gestionali” necessarie per promuovere l’efficienza di un’organizzazione complessa, serve puntare sullo sviluppo di competenze professionali connesse alla promozione della didattica e della qualificazione dell’offerta formativa. Il dirigente scolastico ha poi bisogno di una squadra intorno a lui, a partire dalla collaborazione stretta e produttiva del Direttore Servizi Generali e Amministrativi, suo braccio esecutivo per la parte di gestione contabile e sentinella del corretto e fluido funzionamento della macchina burocratica. Una buona scuola ha bisogno di presidi selezionati con cura, che dimostrino di disporre al tempo stessa di esperienza diretta e approfondita dei processi educativi, ma anche delle competenze necessarie per gestire una organizzazione complessa. Per l’ultimo concorso,
ci sono stati contenziosi e ricorsi in quasi metà delle regioni italiane; tanto che in quattro regioni si è arrivati all’annullamento delle graduatorie con un coinvolgimento del 30% dei candidati rispetto al numero complessivo dei posti banditi. Dopo anni in cui la selezione dei presidi è stata affidata a concorsi regionali che hanno mostrato tutti i loro limiti, è stato deciso di recente di prevedere che la selezione di chi sarà chiamato a guidare una scuola venga fatta tramite il corso-concorso della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, ossia dalla stessa istituzione che seleziona e forma tutti i dirigenti
dello Stato. E’ una novità importante, dal momento che anche i presidi sono prima di tutto dirigenti. E il recente Decreto Legge 58/214 consentirà adesso di bandire il primo corso-concorso entro la fine dell’anno, invece di dover aspettare l’assunzione dell’ultimo idoneo nell’ultima regione d’Italia, cosa che avrebbe richiesto diversi anni di mancata attuazione della nuova procedura, ritardando drammaticamente i tempi per dotare le scuole italiane dei presidi che ancora mancheranno all’appello, nonostante sia stata di recente ottenuta, per l’anno scolastico 2014-2015, la nomina in ruolo di 620 dirigenti scolastici, pari a circa il
60% di tutte le reggenze che si sarebbero altrimenti avute sui posti vacanti e disponibili (la
percentuale scende infatti al 4% se consideriamo anche le reggenze dovute a scuole sottodimensionate e a posti solo disponibili ma non vacanti, ad es. perché il titolare è in aspettativa comandato altrove).
Il corso-concorso è una novità che deve essere attuata con saggezza e lungimiranza,
partendo dalla specificità dei compiti che i nuovi presidi saranno chiamati a svolgere, e quindi – sia per la selezione (concorso) che per la successiva formazione (corso) – che tenga conto di cosa vuol dire governare una scuola e sviluppare un progetto formativo. Il design delle prove concorsuali, così come delle lezioni che i vincitori frequenteranno prima di entrare in servizio, sarà fatto a partire dall’esperienza di dirigenti scolastici e docenti, e non solo sulla base dell’esperienza dell’amministrazione centrale dello Stato. La figura dell’ispettore (Dirigente Tecnico), ruolo fondamentale, va poi rafforzata, prevedendo che vi si potrà accedere da dirigente scolastico come sviluppo di carriera. Il meccanismo di reclutamento di questa figura avviene per chiamata su progetto e competenze documentabili; il sistema a base nazionale, e prevede la valorizzazione della professionalità maturata in servizio e rilevabile anche attraverso la valutazione. Inoltre, ogni scuola potrà dotarsi di alcune figure di base reclutate attraverso un processo iper-semplificato (ad es. esperto di valutazione, esperto in Bisogni Educativi Speciali). Chiaramente, le scuole potranno condividere in rete queste diverse professionalità.
Per innescare processi di miglioramento e attrarre docenti entusiasti e motivati dalle prospettive di carriera è inoltre necessario stabilire un serio sistema di incentivi di natura
reputazionale ma anche economica. Una valutazione seria consente anche di fare in modo che i docenti con più energie e abilità si dedichino al rafforzamento della comunità scolastica e siano debitamente premiati. In questo processo, al docente
Reclutamento dei presidi: un nuovo corso – concorso della scuola nazionale dell´amministrazione.
Al “mentor” spetterà anzitutto la formazione tra pari e la supervisione sui tirocinanti (vedi Capitolo 1). Egli sarà anche membro dei nuclei di valutazione delle scuole.
La rinnovata definizione dei poteri e delle responsabilità del dirigente scolastico va bilanciata da un nuovo protagonismo dei docenti e da un maggiore coinvolgimento dei genitori, degli studenti e del territorio di riferimento. La governance interna della
scuola va ripensata: collegialità non può più essere sinonimo di immobilismo, di veto, di impossibilità di decidere alcunché. Vanno ridisegnati al meglio gli organi collegiali della scuola, distinguendo tra potere di indirizzo e potere di gestione. Il Consiglio dell’Istituzione scolastica diventerà il titolare dell’indirizzo generale e strategico dell’Istituzione; il Collegio docenti avrà l’esclusiva della programmazione didattica; e il Dirigente scolastico sarà pienamente responsabile della gestione generale (coadiuvato dal Direttore Servizi Generali e Amministrativi) e alla realizzazione del progetto di miglioramento definito sulla base della valutazione. una buona scuola ha bisogno di presidi selezionati con cura, che dimostrino di disporre al tempo stesso di esperienza diretta e approfondita dei processi educativi, ma anche delle competenze necessarie
per gestire una organizzazione complessa. Nel concreto, i nuovi organi di governo della scuola potrebbero essere: • il consiglio dell’Istituzione scolastica; • il dirigente scolastico; • il consiglio dei docenti; • il nucleo di valutazione.
Naturalmente, accanto a questi organi fondamentali, le scuole in autonomia promuoveranno altre forme di rappresentanza significativa per definire e qualificare una buona governance con attenzione alle proprie specificità.
Permettere alla scuola di lavorare meglio significa ridurre la burocrazia. Perché dirigenti
scolastici, personale amministrativo, e docenti sono vincolati da mille adempimenti, moltissimi dei quali datati, di cui devono essere liberati per potersi concentrare sull’offerta formativa e i bisogni reali dei ragazzi.
Basta pensare a cosa significa oggi per una segreteria scolastica scorrere le graduatorie per assumere una supplente, con telegrammi, fonogrammi (sic!) e attese di giorni per rinunce e possibili accettazioni; oppure, per un preside, la gestione di oltre un centinaio di richieste di documentazioni di dati che arrivano ogni anno dai diversi uffici pubblici; così come le pubblicazioni per la trasparenza che nessuno legge, per non dimenticare le giuste incombenze sulla sicurezza dell’immobile della scuola su cui non ha nessuna possibilità di intervento diretto. Sono solo esempi, ma parlano chiaro. Serve fare, direttamente con i dirigenti scolastici, i docenti e il personale amministrativo, una ricognizione dettagliata delle 100 misure più fastidiose, vincolanti e inutili che l’amministrazione
scolastica ha adottato nel corso dei decenni, e abrogarle tutte insieme, con un unico provvedimento “Sblocca Scuola”.
Questa è anche un’ammissione di colpa di chi Governa e di chi legifera. Un errore, forse endemico, nel modo di produrre centralmente gli stessi provvedimenti che ora chiediamo al mondo della scuola di aiutarci a semplificare. Lo “Sblocca Scuola” aiuterà anche e soprattutto l’amministrazione centrale, sarà un modo per aiutarci a guardare, a scovare, ed iniziare così un processo di semplificazione normativa e di ricostruzione di fiducia che possa durare nel tempo. Più in generale, nella scuola è successo quello che è successo in tutti gli ambiti in cui è intervenuto il legislatore: con il tempo si sono create stratificazioni
che rendono oggi il quadro normativo spesso incomprensibile, in molti casi addirittura contraddittorio. Il Testo Unico sulla scuola è del 1994 – esattamente venti anni fa. Ed è ora di produrne uno nuovo, per dotarci di una normativa chiara, semplice, univoca – che aiuti tutti, a partire da chi vive la scuola quotidianamente, a lavorare bene.
Occorre, quindi, nel medio termine (un anno), rielaborare un nuovo Testo Unico della Legislazione scolastica, che metta ordine e faccia chiarezza tra le varie norme introdotte nei decenni. Cari presidi, amministrativi, docenti, qual è stata la norma più assurda con cui vi siete scontrati per riuscire a fare una cosa bella nella vostra scuola?
Vogliamo che la scuola diventi il filo forte di un tessuto sociale da rammendare. Che ritorni ad essere centro inclusivo e gravitazionale di scambi culturali, creativi, intergenerazionali, produttivi. Connessione e apertura sono il passaggio centrale di questo percorso: connessione alla Rete, alla conoscenza, al mondo; apertura verso il territorio, la comunità, la progettualità di esperienze emergenti.
Per liberare la scuola ci vuole più connessione, anzitutto digitale.
Ad oggi, solo il 10% delle nostre scuole primarie, e il 23% delle nostre scuole secondarie, è connesso ad Internet con rete veloce. Le altre sono collegate a velocità medio-bassa, ma con situazioni molto differenziate, e spesso sufficienti a mettere in rete solo l’ufficio di segreteria, o il laboratorio tecnologico; quasi in una scuola su due (46%), la connessione non raggiunge le classi e quindi non permette quell’innovazione didattica che la Rete può abilitare. Più della metà delle classi del nostro Paese, quindi, non può applicare forme di didattica digitale. Un digital divide che non possiamo permetterci, se abbiamo a cuore la nostra scuola. Il processo di digitalizzazione della scuola è stato troppo lento, non solo per mancanza di risorse pubbliche. Abbiamo anche investito in tecnologie troppo “pesanti”, come le Lavagne Interattive Multimediali (le famose “LIM”), che hanno da una parte ipotecato l’uso delle nostre risorse per innovare la didattica, dall’altra parzialmente “ingombrato” le nostre classi, spaventando alcuni docenti.
La tecnologia non deve spaventare. Deve invece essere leggera e flessibile, adattandosi alle esigenze di chi la usa, allo stile dei nostri docenti, alla creatività dei nostri ragazzi. Non deve essere costrittiva e catalizzare l’attenzione, ma deve essere abilitante, diffusa, personale, discreta. Rispettosa del valore umano dell’educazione, del valore sociale della didattica, e infine il più possibile sostenibile per le nostre risorse pubbliche.
Questa è la visione su cui vogliamo investire, per far sì che nessuna scuola sia isolata o lasciata indietro, e per completare, con urgenza, la digitalizzazione degli istituti scolastici di ogni ciclo.
Il Governo ha investito molto sull’edilizia scolastica dando nuovo impulso a misure già
poste in essere lo scorso anno, e trovando risorse aggiuntive. Si segnalano in particolare:
#Scuole Sicure Si tratta di interventi di manutenzione straordinaria, messa in sicurezza, rimozione amianto e adeguamento sismico:
• 150 milioni di euro del c.d. decreto del Fare: nonostante si tratti di fondi già stanziati nel 2013, tutti i cantieri sono iniziati quest’anno e allo stato, su 632 interventi complessivi:
• il 93,2% dei cantieri sono stati avviati e sono attualmente “aperti”
• il 4,2% dei lavori si sono conclusi
• il 2,6% gli interventi non sono stati ancora avviati
• per lo scorrimento delle graduatorie regionali non finanziate con il decreto del Fare, il Governo ha stanziato, con il Decreto-Legge n. 66 del 2014, 400 milioni di euro che finanzieranno 1.639 interventi ulteriori. Con delibera CIPE del 31 luglio 2014 è stata definita una precisa tempistica che porterà gli enti locali ad appaltare i lavori entro il 31 dicembre 2014 con procedure agevolate. Pertanto, da gennaio 2015 avremo altri 2 mila cantieri attivi, se consideriamo anche gli interventi che si potranno finanziare con le economie di gara.
#Scuole Nuove • 122 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015. Tali risorse sono state destinate dal Decreto-Legge n. 66 del 2014 per consentire ai Comuni che hanno risposto all’appello del Presidente del Consiglio (circa 4 mila) la deroga al patto di stabilità, che coinvolgerà 404 scuole con progetti dall’importo medio di 1 milione di euro ciascuno. Una leva che consentirà complessivamente di sviluppare circa 400 milioni di investimento complessiva per ciascuna delle due annualità.
#Scuole Belle
Nel 2014 sono stati stanziati 150 milioni di euro per finanziare interventi di piccola manutenzione, decoro e ripristino funzionale delle scuole. Si interverrà su 7.751 plessi nel 2014 e su oltre 10 mila nel 2015 con un investimento di 300 mln.. Entro il 30 settembre saranno conclusi il 35% dei lavori previsti e già avviati nel mese di agosto.
# Altre misure di edilizia
• 300 milioni di euro INAIL: pur trattandosi di risorse già stanziate con il decreto n. 69 del 2013, è in corso la fase di programmazione e di definizione delle modalità per l’utilizzo di tali risorse. Trattandosi infatti di risorse che devono essere utilizzate in modo da garantire una rendita, l’accordo sinora raggiunto con l’INAIL è quello di utilizzarle per progettare, almeno una in ogni provincia, scuole “innovative” e all’avanguardia anche da un punto di vista didattico.
• mutui per l’edilizia: anche questa misura era già stata prevista dal decreto n. 104 del 2013. Tuttavia solo ora si sta arrivando a definire la programmazione regionale che porterà nel 2015 ad appaltare opere per un valore di circa 800/900 milioni di euro e che presuntivamente riguarderanno circa 4 mila scuole.
• con l’ultimo intervento normativo (c.d. Sblocca Italia) tutte le procedure in materia di edilizia potranno rientrare tra quelle di urgenza ed avere un regime fortemente semplificato nelle modalità e nei termini di attuazione
• Sono infine previste altre risorse destinate all’edilizia scolastica derivanti dall’8 per mille e quelle che saranno previste dalla programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali.

EDILIZIA SCOLASTICA
Non saremo soddisfatti fino a quando l’ultima scuola dell’ultimo comune d’Italia non avrà banda larga veloce, wi-fi programmabile per classe (con possibilità di disattivazione
quando necessario) e un numero sufficiente di dispositivi mobili per la didattica, anche secondo la modalità sempre più adottata del BYOD (Bring Your Own Device, “porta il tuo dispositivo”, per cui la didattica viene fatta sui dispositivi di proprietà degli studenti, e le istituzioni intervengono solo per fornirle a chi non se lo può permettere). Ma per realizzare questo, l’unica soluzione possibile è uno sforzo collettivo, una iniziativa nazionale di co-investimento per la dotazione tecnologica della scuola, in sinergia tra risorse nazionali, regionali e private. È questa iniziativa che il Governo intende promuovere nel Paese entro la fine dell’anno. Coerentemente con questo, in collaborazione con le Regioni, svilupperemo piani straordinari per la connettività delle “aree interne”. Per partire proprio dai contesti più isolati, dove è meno semplice, anche sfruttando i “centri scolastici
digitali”, ovvero la possibilità di collegare le scuole dei centri più piccoli e remoti con “scuole madre” attraverso le tecnologie digitali. Ad una azione per la connettività coordinata da Ministero dello sviluppo Economico in sinergia con le Regioni, vogliamo associare il rifinanziamento di un bando per il wi-fi nelle scuole anche per il 2015 e 2016, per un totale di circa 15 milioni di Euro. Infine, occorre lavorare per ridurre i costi per le famiglie, ad esempio in acquisti connessi a editoria. Questo, in parte, permetterà a più famiglie di rimodulare una parte delle loro spese sull’acquisto o di dispositivi mobili per la didattica, per abilitare modelli BYOD anche attraverso schemi agevolati.
Una scuola più connessa tramite il digitale è una scuola più aperta anche fisicamente.
La precondizione per tutto ciò è chiaramente avere scuole sicure e belle. Ma è fondamentale fare un passo ulteriore, che permetta una contaminazione reciproca tra scuola e territorio, nei contenuti, nei mezzi e anche nei fini. Prevedere l’apertura delle
scuole oltre l’orario curriculare contribuisce a combattere l’abbandono scolastico, aiuta la scuola a promuovere l’ingresso di esperienze emergenti di educazione informale, e permette di creare una collaborazione attiva tra scuola e comunità locale, anche a favore della seconda, in particolare in contesti svantaggiati. Per far sì che ciò venga realizzato non solo dai docenti, occorre coinvolgere le associazioni che si occupano di progetti
educativi, culturali e sociali diretti a ragazzi e famiglie e dare a famiglie e associazioni del territorio (terzo settore) luoghi fisici per sviluppare progettualità.
Promuovere l’apertura delle scuole oltre l’orario curriculare non è una novità: molti istituti
hanno sviluppato progetti di grande successo in questo senso, in maniera spontanea grazie all’entusiasmo di dirigenti, docenti e gruppi di genitori. Ma è necessario sostenere
questa visione: sia attraverso risorse economiche, sia tramite semplificazioni normative e
amministrative. Anche grazie al Forum Nazionale delle Scuole Aperte, uno strumento creato con ANCI e Vita, lo scorso anno, per condividere e facilitare le esperienze di “scuola aperta”, vogliamo sostenere le scuole nella risoluzione di problematiche assicurative con gli enti locali o di questioni organizzative rilevanti, come ad esempio garantire la sostenibilità delle attività nel tempo extra-curriculare attraverso l’affitto dei propri spazi a realtà esterne. E il piano straordinario di assunzioni ci aiuterà – in particolare per la scuola primaria – ad avere i docenti necessari per organizzare il tempo pieno (vedi Capitolo 1). In occasione del prossimo incontro del Forum Nazionale delle Scuole Aperte, svilupperemo insieme ai dirigenti delle linee guida operativa, e una proposta concreta di semplificazione. Parlare di scuola aperta significa anche, in un senso più ampio, cominciare a ripensare l’interfaccia della scuola stessa. Oltre alle mura dell’edificio scolastico, i primi alleati saranno i “laboratori del territorio”, pubblici e privati (come i Fab Lab e e living labs, o ancora gli incubatori, ecc.), per cui prevedremo una strategia di accreditamento e una azione dedicata di “voucher innovativi” a valere su Fondi PON, in sinergia con le nostre azioni di potenziamento dei laboratori tecnologici. Saranno nuovi spazi formativi a disposizione della scuola, ma non sotto la sua gestione diretta, se non
attraverso modelli “a rete”. Aprire la scuola significa, infine, mobilitare persone e competenze esterne al servizio del suo miglioramento. Vogliamo definire un piano di “Servizio civile per la Buona Scuola”, creando un sistema di incentivi “leggeri” (come crediti formativi per studenti universitari) e liste di formatori per l’accreditamento di individui all’attività volontaria nella scuola. Questo sistema beneficerà di una collaborazione con il terzo settore, tramite un patto inter-generazionale (per esempio, con insegnanti e altri professionisti in pensione, che a più riprese hanno chiesto di avere questa opportunità), e con imprese – molte hanno programmi di Responsabilità Sociale d’Impresa che prevedono banche del tempo per i propri dipendenti a cui attingere per missioni specifiche, come ad esempio percorsi di alfabetizzazione digitale. Scuola aperta vuole essere quindi l’inizio di un percorso, da alcuni istituti già cominciato con vigore, di rinnovamento dei tempi e degli spazi della scuola: una visione fatta di riutilizzo di spazi pubblici, di nuove esperienze formative, di protagonismo delle persone all’interno della comunità.
Una scuola aperta è una scuola inclusiva anzitutto con coloro che hanno più difficoltà. Per questo sarà importante prestare una particolare attenzione alle politiche di sostegno ai ragazzi che presentano delle disabilità.
L’insegnamento su posti di sostegno è a favore dei bambini e dei ragazzi che presentano disabilità o handicap. La necessità del sostegno viene riconosciuta sulla base della diagnosi fatta da una Commissione medica presso l’ASL. La diagnosi stabilisce se la situazione di handicap è lieve, media o grave. Questo determina l’assegnazione di un docente sul sostegno rispettivamente nel rapporto di 1 a 4 (handicap lieve), di 1 a 2 (handicap medio) o di 1 a 1 (handicap grave) anche sulla base delle valutazioni dei gruppi di lavoro sull’handicap (GLH). La legge finanziaria del 2007 aveva previsto un tetto massimo nell’assegnazione del contingente sul sostegno, ma la Corte Costituzionale ha riconosciuto nel 2010 il diritto del disabile all’istruzione come un diritto fondamentale. Anche alla luce di questo, con il decreto n. 104 del 2013 è stato previsto un piano triennale di assunzioni per il periodo 2013-2015 che porterà ad un incremento complessivo di circa 26 mila posti di sostegno sull’organico di diritto. Con le oltre 13 mila assunzioni di quest’anno e con le circa 8 mila del prossimo, l’organico di diritto dei docenti di sostegno arriverà complessivamente a circa 90 mila. E tuttavia, ciò ridurrà solo, senza eliminarlo, il divario tra organico di fatto e organico di diritto sul sostegno, che – senza ulteriori interventi resterà pari a circa 21 mila insegnanti.
Alle GAE dovrebbero essere iscritti oggi circa 14 mila persone con la specializzazione sul sostegno. L’utilizzo di personale specializzato risponde al diritto dell’alunno disabile all’istruzione e alla sua crescita personale e risponde all’esigenza delle famiglie ad avere docenti formati e preparati rispetto alle singole patologie. Anche e soprattutto per il sostegno, il continuo ricorso a supplenze non sembra aver favorito la continuità didattica
e il rapporto di fiducia tra i docenti, le famiglie e questi ragazzi che hanno più degli altri bisogno di attenzioni e di insegnamenti specifici. La possibilità di un organico di sostegno stabile anche tra reti di scuole potrà aiutare a rispondere alle esigenze di garanzia dei diritti degli alunni e di miglioramento dell’organizzazione territoriale dei rapporti con le famiglie.
C’è un ultimo passo da fare per la costruzione di una scuola realmente aperta, e questa volta è un passo che l’amministrazione centrale stessa, il Ministero dell’Istruzione, deve compiere. Lo stesso Ministero che troppe volte è “collo di bottiglia” nell’attuazione, nella diffusione o spesso semplicemente nella spiegazione del cambiamento.
Non ce lo possiamo più permettere.
Con La Buona Scuola vogliamo segnare un cambiamento legandolo ad un processo chiave nell’innovazione amministrativa: la digitalizzazione. Un processo intangibile, ma di grande impatto organizzativo ed economico: non a caso il Governo ha identificato proprio nella digitalizzazione una delle vere leve per la “spending review”. La digitalizzazione non è però solo un modo per smaterializzare processi o risparmiare su acquisti, ma serve per migliorare l’amministrazione stessa e renderla un vero facilitatore per tutto il mondo della scuola. Il Ministero ha bisogno di raccogliere e far circolare meglio le informazioni, di far risparmiare tempo e denaro ai dirigenti amministrativi delle scuole, dando adeguato spazio a quello che l’ecosistema della scuola sviluppa, come pratiche, progetti e contenuti didattici, in modo che siano da ispirazione o facilmente riutilizzabili. Serve inoltre utilizzare i moderni strumenti per monitorare in modo efficiente e sistematico l’impiego delle risorse per misurarne l’impatto, e quindi decidere meglio sul loro uso futuro.
per migliorare. Dobbiamo dare concretezza a questi processi. Questo è solo l’inizio di un lungo percorso di ricostruzione di fiducia tra amministrazione e cittadini: qualcuno lo chiama “governo aperto”, per noi è una priorità per la scuola, al pari dell’innovazione didattica o dell’assunzione di decine di migliaia di docenti.
Prima di tutto, si tratta di aprire la scuola nel suo potenziale di patrimonio informativo
pubblico: la scuola è la più grande rete pubblica del Paese, un patrimonio straordinario di
conoscenza. Per capire quanto questa apertura sia importante, proviamo ad immaginare un dibattito pubblico continuo sulla scuola che sia informato, basato sui fatti che i dati raccontano, e non solo su opinioni, impressioni, speranze, paure. Sarebbe molto più di un dibattito. Sarebbe la perfetta integrazione del processo di miglioramento di cui abbiamo parlato in precedenza. O ancora, immaginiamo come, a partire dalle informazioni che raccogliamo ogni anno, questa creatività possa sprigionarsi in diverse forme: una competizione di creatività tra studenti, un momento in cui amministrazione e comunità di pratica si incontrano per riprogettare insieme un servizio pubblico. Il Ministero lavorerà per fare in modo che già entro la fine dell’anno sia pubblicata una parte quantitativamente e qualitativamente molto rilevante di dati raccolti per scopi amministrativi e gestionali.
Questi saranno pubblicati in formato aperto e con la maggiore granularità possibile. Non è un lavoro semplice, perché le nostre banche dati non erano state costruite, nel tempo, per
essere pubbliche. Ma il tempo di aprire il Ministero è arrivato.
Per aumentare l’impatto dell’apertura, lanceremo in autunno il primo hackathon sui dati del Ministero, dalle stanze del Ministero. Sarà organizzato in collaborazione con tutte le comunità che costruiscono consapevolezza e conoscenza sul valore dei dati aperti. Dobbiamo aumentare la comprensione e l’utilizzo dei nostri dati, perché non esiste trasparenza fine a se stessa, e non si realizzano efficienze senza coinvolgere in maniera
credibile studenti e mondo della scuola, esperti, cittadini, imprese, giornalisti. Per l’hackathon, a partire dal rilascio di dati del Ministero, in 24 ore si lavorerà – e i nostri ragazzi saranno protagonisti – alla creazione di applicazioni: una app, un nuovo servizio ai cittadini, una visualizzazione interattiva. Saranno inoltre coinvolte tante altre amministrazioni, compresi l’Istat e il Garante per la Privacy. Tutti hanno l’esigenza di fare comprendere i propri dati, le sfide di bilancio, di amministrazione, di policy. Il MIUR ha il desiderio di coinvolgere i ragazzi in quella che diventerà a regime una Data School nazionale. Perché lavorare con i dati è una competenza chiave del nostro tempo, e utilizzarli per produrre inchieste, storie, visualizzazioni i modi migliori per applicarla.
I dati non parlano da soli. Aprire e pubblicare dati o comunicare informazioni sulla scuola porta con sé sfide legate al loro racconto, comprensione, confronto, e contestualizzazione: in poche parole, al design dei servizi pubblici stessi. Il MIUR metterà a disposizione una piccola parte delle proprie risorse per organizzare premi legati al design innovativo dei servizi, coinvolgendo creativi, studenti, docenti e il personale della scuola. Utilizzare le moderne soluzioni del design di servizi sarà centrale nello sviluppo di piattaforme essenziali per il rapporto con i cittadini, come Scuola in Chiaro, già utilizzata da ogni famiglia Italiana per l’iscrizione online dei propri figli. La nuova “Scuola in Chiaro 2.0” sarà la vetrina di ogni scuola verso l’esterno, e allo stesso tempo supporto ai processi gestionali da parte degli uffici amministrativi di ogni scuola. Vogliamo che la nuova piattaforma restituisca la storia più completa, dia giustizia alle tante informazioni raccolte nel sistema gestionale del Ministero e sia la migliore esperienza possibile per chi voglia conoscere meglio la scuola - genitori per iscrivere i propri figli, professionisti per collaborare, ad esempio.
CONDIVIDERE E RIUTILIZZARE, INSIEME
Ogni docente non si deve sentire solo nella sfida di rendere l’insegnamento moderno ed efficace. Raccoglieremo e condivideremo le migliori esperienze, già a partire dal prossimo anno scolastico. Ciò per permettere che ogni euro investito in un’iniziativa del Ministero dell’Istruzione, ma anche negli sforzi didattici sviluppati indipendentemente dalle scuole e dai privati impegnati con essa, possa moltiplicare le proprie ricadute sul tutto il sistema educativo. Stiamo scommettendo sul fatto che la scuola abbia già in sé le soluzioni per
il suo rinnovamento. In Europa questa visione si chiama “Opening Up Education”, per
rinforzare il significato della parola “riuso”, ponendo chi innova al centro del nostro sistema. E perché questi progetti siano il germe di condivisione con il territorio intorno alla scuola, perché essa faccia conoscere le 4 5 proprie attività e ne misuri l’impatto. Questa è inoltre l’occasione per iniziare a gestire alcuni dei servizi chiave per l’ecosistema scolastico in un modo nuovo: il MIUR non deve commissionare o acquisire una piattaforma, potenzialmente lontana dalle vere esigenze della scuola e il cui aggiornamento è gravoso se fatto centralmente. Insieme alle reti di scuole, deve sviluppare uno spazio neutro e aperto, e usare i docenti e il personale della scuola non come meri destinatari finali, ma come co-gestori delle piattaforme. Questo modo di lavorare sarà abilitato da fondi dedicati e da quote premiali del MOF (Vedi capitolo 6).
Il patrimonio informativo della scuola consiste anche di accordi, protocolli d’intesa nonché
linee guida, indicazioni, circolari, direttive, decreti e regolamenti. Spesso un patrimonio
difficilmente raggiungibile dal sito www.istruzione.it. Una difficoltà a rinvenire e comprendere tali testi, o a verificarne l’aggiornamento o validità porta quotidianamente il mondo della scuola a preferire fonti non istituzionali come loro riferimento. Assicurare piena comprensione e chiarezza su quanto il MIUR pubblica è un’azione di apertura e trasparenza di pari dignità rispetto all’apertura dei dati. Ecco quindi che l’attuazione e la comprensione degli atti e le regole dettate dal Ministero passa in primo luogo dalla loro elaborazione e presentazione: ignorantia legis non excusat, ma di certo la facilità di accesso e la presentazione in un linguaggio chiaro e comprensibile aumenta di molto la probabilità che norme e indicazioni saranno pienamente attuata. All’estero li chiamano good law e nudging, noi lo chiamiamo semplificazione, accessibilità, attuazione.
Da subito il MIUR elaborerà delle Linee Guida perché i propri atti (decreti, direttive e regolamenti) siano elaborati in un linguaggio comprensibile e di facile attuazione. E una volta pubblicati, siano riorganizzati e presentati in modo da migliorare la vita di chi, quotidianamente, deve districarsi nella giungla dei provvedimenti.
DIGITALIZZAZIONE DEI SERVIZI AMMINISTRATIVI
La scuola cambia non solo in classe, ma anche nelle segreteria amministrative. Negli ultimi anni sono già state introdotte semplificazioni che porteranno le scuole a non doversi più occupare del pagamento della TARSU, del servizio mensa, delle visite fiscali (sulle quali il Ministero effettua oggi una forfettizzazione a favore delle Regioni). Con la digitalizzazione si è iniziato inoltre ad agevolare lo svolgimento delle funzioni proprie del personale amministrativo, soprattutto per quanto riguarda la gestione del trattamento accessorio (ormai completamente gestito dal portale NoiPA) e delle supplenze brevi. Ciò comporterà, quando tutto questo andrà a regime, una riduzione del carico di lavoro attribuito ad ogni assistente amministrativo, che oggi sono complessivamente poco più di
48 mila, con più di 5 mila supplenze assegnate ogni anno e un turn over di circa mille persone all’anno.
A mano a mano che la digitalizzazione delle scuole diventerà più capillare, la smaterializzazione e l’efficientamento amministrativi potranno portare ad una considerevole riduzione del peso sugli assistenti amministrativi, ad un ridimensionamento progressivo del loro numero, e pertanto ad un possibile risparmio di risorse che potranno essere reinvestite nella scuola, proprio – ad esempio – per migliorarne ulteriormente i servizi.
Questo approccio, e con esso questo insieme di proposte, concretamente realizzabili, è solo il punto di partenza per una politica strutturale legata all’innovazione digitale del Ministero e del Governo. Che riguarderà ad esempio la costruzione, con le scuole, di sinergie di spesa nello sviluppo e diffusione di software gestionali; o ancora il modo stesso in cui collocheremo in futuro i ruoli legati all’innovazione digitale nell’organico amministrativo. Entro la fine del 2014 sarà pubblicato il piano del MIUR in questo senso.
Non consideriamo queste azioni una lista dei sogni. Per noi sono l’avvio di un lungo percorso di ricostruzione di fiducia, che parte dalla scuola e si propaga in tutto il Paese.


Ricordiamo che fino al 15 novembre è possibile partecipare alla consultazione su www.labuonascuola.gov.it per definire insieme al MIUR le nuove direttive e prerogative di una Buona Scuola.

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