venerdì 10 ottobre 2014

Rapporto MIUR 'La buona scuola' - CAP 2 - Le nuove opportunità per tutti i docenti: formazione e carriera nella buona scuola

Un piano di assunzioni straordinario e l’indizione di un nuovo concorso possono funzionare solo a condizione di introdurre nel mondo della scuola più dinamismo e regole nuove, che evitino la cristallizzazione di ruoli e funzioni e valorizzino invece la professionalità dei docenti. I docenti devono insegnare ai ragazzi a mettersi in gioco, ma per farlo credibilmente devono poter credere, loro per primi, che mettersi in gioco paga. E lo Stato, oggi, ha il dovere di risolvere questa equazione. Per fare questo occorre puntare su nuove parole d’ordine.
Parole come formazione in servizio, che non deve essere più vista come un obbligo burocratico nei confronti dell’Amministrazione ma come una reale occasione di crescita personale e professionale, grazie alla quale offrirsi una possibilità di mobilità professionale e di carriera e offrire una preparazione migliore per i ragazzi. Una formazione che diventa quindi, per ogni docente, un diritto nei propri confronti e un dovere nei confronti degli studenti. O nuove parole d’ordine come “merito” – che abusata negli anni in tv o sui giornali, e poco praticata invece nella pubblica amministrazione e anche nella scuola – deve diventare, al posto della semplice anzianità, il criterio principale per l’avanzamento di carriera dei docenti della scuola.
Quel merito che serve per ridare dignità e fiducia alle decine di migliaia di insegnanti che ogni giorno si impegnano con competenza e passione a restare al passo coi tempi per assicurare che i ragazzi a cui insegnano crescano a loro volta sintonizzati col mondo di oggi.
Il rafforzamento del profilo professionale dei docenti inizia dalla codificazione delle competenze dei docenti, chiaramente definite per ogni stadio della carriera d’insegnamento. Il ruolo dei docenti nella scuola è rapidamente cambiato: oggi ci si aspetta che i docenti gestiscano classi sempre più multiculturali, integrino gli studenti con bisogni speciali, utilizzino efficacemente le tecnologie per la didattica, coinvolgano i genitori, e siano valutati e responsabilizzati pubblicamente.
Ci si aspetta inoltre che non insegnino solo un sapere codificato (più facile da trasmettere e valutare), ma modi di pensare (creatività, pensiero critico, problem-solving, decision- making, capacità di apprendere), metodi di lavoro (tecnologie per la comunicazione e collaborazione) e abilità per la vita e per lo sviluppo professionale nelle democrazie moderne. Aspettative su cui in buona parte non sono stati preparati dai loro percorsi di studio e che devono necessariamente essere sostenute da un solido sistema di sviluppo professionale. Come oramai consolidato a livello internazionale (nonché esplicitamente richiesto dalla Comunicazione della Commissione UE “Rethinking Education” del 2012), i sistemi educativi devono essere fondati su
una visione condivisa di qualità del docente. Dobbiamo dire con chiarezza cosa ci aspettiamo dal corpo docente in termini di conoscenze, competenze, approcci didattici e pedagogici, per assicurare uniformità degli standard su tutto il territorio nazionale e garantire uno sviluppo uniforme
della professione di docente. Non è un lavoro facile, o rapido. Per farlo, un gruppo di lavoro dedicato e composto da esperti del settore lavorerà per un periodo di tre mesi per formulare il quadro italiano di competenze dei docenti nei diversi stadi della loro carriera, in modo che essi siano pienamente efficaci nella didattica e capaci di adattarsi alle mutevoli necessità degli studenti in un mondo di rapidi cambiamenti sociali, culturali, economici e tecnologici.

Quali competenze per i nostri docenti

Per poter offrire agli studenti una formazione adeguata alla società e al mercato del lavoro che dovranno affrontare, i docenti devono essere i primi a potersi giovare di una formazione costante. Un tempo si preferiva parlare di “aggiornamento” del personale scolastico, oggi si parla invece di “formazione in servizio” o di “sviluppo professionale”. Ma i limiti sono rimasti gli stessi.
Due ordini di problemi ostacolano un percorso di formazione continua da parte dei docenti. Anzitutto, sul fronte della didattica, le occasioni di formazione, che siano svolte completamente
in presenza o in parte online (blended) – risultano troppo spesso frontali, poco efficaci e in generale non partecipate. Che si tratti di italiano, materie tecnologiche o nuove metodologie didattiche la formula non cambia, raramente incoraggia un confronto interattivo, né si preoccupa di verificare le competenze effettivamente acquisite al termine del percorso. Spesso, inoltre, il livello di standardizzazione del “pacchetto formativo” determina la sua inefficacia. Sul piano organizzativo, infine, la formazione interrompe la continuità didattica, e richiede supplenze brevi per coprire le assenze dei docenti. La combinazione di questi due fattori finisce spesso, inevitabilmente, per far percepire ai docenti la loro formazione in servizio quasi come un intralcio burocratico cui dover adempiere o comunque come un dovere da assolvere in vista di un avanzamento di carriera, piuttosto che non come un’opportunità per sviluppare la propria professionalità e per migliorare la qualità del lavoro da svolgere giorno dopo giorno con gli studenti. E non è un caso, quindi, che la partecipazione alle attività di sviluppo professionale degli insegnanti italiani sia risultata una delle più basse tra i Paesi partecipanti all’indagine TALIS 2013 (75% Italia, 88% media TALIS), con un calo di 10 punti percentuali rispetto al 2008.
Come intervenire, allora? Anzitutto, aggiornando lo scopo – e quindi i contenuti – della formazione in servizio. Che deve diventare lo strumento che permette di qualificare la professionalità dei docenti alla luce delle possibilità di carriera introdotte dal nuovo contratto. Al docente va offerta l’opportunità di: continuare a riflettere in maniera sistematica sulle pratiche didattiche; di intraprendere ricerche; di valutare l’efficacia delle pratiche educative e se necessario modificarle; di valutare le proprie esigenze in materia di formazione; di lavorare in stretta collaborazione con i colleghi, i genitori, il territorio. Esiste infatti il rischio che le nuove funzioni legate all’autonomia abbiano distolto l’attenzione dal compito specifico della professionalità che è, e sempre resterà, la relazione con lo studente. Dobbiamo per questo, prima di ogni altra cosa, valorizzare i docenti che ritengono prioritario il miglioramento della qualità dell’insegnamento/ apprendimento attraverso il lavoro in aula. Per fare questo, bisogna rendere realmente obbligatoria la formazione, e disegnare un sistema di Crediti Formativi (CF) da raggiungere ogni anno per l’aggiornamento e da legare alle possibilità di carriera e alla possibilità di conferimento di incarichi aggiuntivi. Questa formazione obbligatoria non potrà essere calata dall'alto, ma dovrà essere definita a livello di Istituto. Inoltre, la nuova formazione permanente dovrà fondarsi sul superamento di approcci formativi a base teorica, e dovrà essere mutata invece in un modello incentrato sulla formazione esperienziale tra colleghi, attraverso la creazione di una rete di formazione permanente dei docenti. La nuova formazione farà leva su quattro elementi fondamentali. Anzitutto il ruolo centrale dei docenti nel coordinamento, perché un docente è il formatore più credibile per un altro docente. Secondo, la valorizzazione delle associazioni professionali dei docenti. Terzo, la centralità di reti di scuole per raggiungere ogni docente e l’identificazione di poli a livello regionale, su cui concentrare partenariati di ricerca per l’innovazione continua. Quarto, il ruolo cruciale riconosciuto, all’interno della singola scuola, agli “innovatori naturali”, che dovranno avere la possibilità di concentrarsi sulla formazione, e che saranno premiati con una quota dei fondi per il miglioramento dell’offerta formativa che verrebbe vincolata all’innovazione didattica e alla capacità di miglioramento, valutata annualmente. Questa nuova impostazione permetterà anche di agevolare alcuni dei momenti organizzativi – dal controllo qualità e certificazione degli enti che oggi erogano la formazione, all’individuazione dei momenti più opportuni per organizzare i momenti di formazione in funzione delle esigenze della didattica. Le reti di scuole, poi, in parte già esistenti, devono essere organizzate in modo che siano inclusive (tutte le scuole appartengono ad una rete) e trasversali (al suo interno la rete comprende scuole di ogni ciclo). Infine, un’attenzione particolare, ma coerente con la nuova impostazione prevista qui sopra, merita la formazione dei docenti al digitale. L’attuazione di una didattica integrata, moderna e per competenze si basa sulla necessità di offrire ai docenti gli strumenti necessari per sostenerli nelle loro attività didattiche e progettuali. Occorre organizzare, riconoscere e valorizzare
i molti progetti e le reti di docenti già coinvolte sul tema. Queste reti hanno bisogno di sostegno continuo e di punti di riferimento, anche e soprattutto a livello regionale e nazionale, per sostenere e dare continuità alle pratiche di innovazione didattica. Le reti di scuole individueranno un docente di riferimento per ogni rete: tale docente catalizzatore sarà referente per i propri colleghi e loro sostegno per le pratiche di innovazione didattica.

Non basta che diamo alla scuola i docenti che mancano all’appello. Dobbiamo anche far uscire i docenti dal “grigiore” dei trattamenti indifferenziati. Dobbiamo liberarci da quella standardizzazione che, negli ultimi decenni, inevitabilmente ha significato competizione al ribasso e frustrazione di riflesso. Dobbiamo avere il coraggio – a dispetto dei numeri della scuola, così complessi – di smettere di guardare solo ai numeri. E, piuttosto, scommettere sulla voglia di decine di migliaia di docenti – già di ruolo o in attesa di averlo, freschi di studi o ricchi di esperienza, che lavorano nel miglior liceo di una grande città o nell’istituto tecnico di un piccola provincia – di tornare, oggi, a investire su loro stessi. Perché è questa l’unica vera condizione per poter tornare veramente, già domani, a investire sugli studenti. Scommettere, però, non vuol dire per lo Stato restare immobile. Non vuol dire procrastinare. Vuol dire, al contrario, smettere di accontentarsi. Vuol dire considerare i docenti non come una massa indistinta, a cui lo Stato ha chiesto decenni fa di ripetere ogni giorno lo stesso “compito in classe”. Vuol dire, invece, cominciare a considerarli finalmente come persone e come professionisti risposte ad assumersi impegni diversi, e a cui lo Stato chiede oggi di mettersi al servizio della scuola e dei colleghi. E a cui lo Stato chiede di non accontentarsi delle prospettive di carriere fondate sul mero dato dell’anzianità.

PREMIARE L´IMPEGNO.
COME FUNZIONA OGGI LA CARRIERA DEI DOCENTI
(artt. 63 – 71 e 77 – 90 CCNL)
La progressione economica (vale a dire “l’aumento di stipendio”) dei docenti si sostanzia oggi in un “automatismo” legato solo all’anzianità di servizio sulla base delle “posizioni stipendiali” raggiunte. Le “posizioni stipendiali” sono 6 in totale, ovvero quella iniziale e poi, progressivamente, quella
del 9° anno, del 15° anno, del 21° anno, del 28° anno e infine quella del 35° anno. Ad ogni scatto, dunque, corrisponde un aumento automatico dello stipendio, indipendentemente da una valutazione sulla qualità del lavoro svolto.

Per fare questo è necessario ripensare la carriera dei docenti, per introdurre elementi di differenziazione basati sul riconoscimento di impegno e meriti oltre che degli anni trascorsi dall’immissione in ruolo. Occorre quindi, prima di ogni altra cosa, un nuovo status giuridico ei docenti, che consenta incentivi economici basati sulla qualità della didattica, la formazione in servizio, il lavoro svolto per sviluppare e migliorare il progetto formativo della propria scuola.
Per status giuridico s’intende quel complesso di disposizioni (contenute nel Testo unico della scuola, nella contrattazione collettiva e in ulteriori norme speciali) che regolano il rapporto di lavoro e, quindi, le norme relative all’assunzione in servizio, allo svolgimento della prestazione lavorativa, alla cessazione del rapporto di lavoro.
Nello specifico, rientrano nello status giuridico tutte le norme che disciplinano:
A. in una fase iniziale, il reclutamento e la formazione iniziale del personale;
B. la funzione docente;
C. il trattamento economico e la progressione di carriera del personale docente;
D. i diritti e i doveri dei docenti (mobilità, congedi parentali, ferie, festività, permessi, assenze per
malattie, aspettative, diritti sindacali, orario di servizio, divieto di cumulo di incarichi, ecc.);
E. le sanzioni disciplinari;
F. la cessazione del rapporto di lavoro.
La revisione dello status giuridico intende intervenire su questi aspetti e collegarli al nuovo meccanismo di progressione di carriera di ciascun docente. Abbiamo già visto nel Capitolo 1 le questioni relative al punto (A). A seguire vediamo come cambiano la funzione docente, il trattamento economico e la progressione di carriera, e la mobilità.

LA FUNZIONE DOCENTE
L a funzione docente si fonda sull’autonomia culturale e professionale e si sostanzia, oggi, in attività individuali (che comprendono sia le attività individuali di insegnamento – da 18 ore a 25 a seconda del grado di istruzione – sia le attività funzionali all’insegnamento e quelle aggiuntive – deliberate dal collegio dei docenti nell’ambito delle risorse disponibili e in coerenza con il Piano dell’offerta formativa, POF), collegiali (che consistono nella definizione, elaborazione e verifica degli aspetti pedagogico-didattici del POF), di aggiornamento e di formazione in servizio (vedi sopra). Anzitutto, per quanto riguarda le attività individuali dei docenti, a parità di orario, per realizzare un reale potenziamento dell’attività didattica, sarà prevista la creazione di banche ore con le ore che ciascun docente “guadagna” (e che così “restituirà” alla scuola) nelle giornate di sospensione didattica deliberate ad inizio anno dal Consiglio d’istituto nell’ambito della propria autonomia. Di fatto, pochissime ore l’anno (indicativamente 8/10) per ciascuno docente, ma che costituiscono un “patrimonio” estremamente utile per la scuola.
Inoltre, tutte le attività svolte dai docenti, sia individuali sia collegiali, contribuiranno al riconoscimento di crediti didattici, formativi e professionali, per sostenere la scuola nel suo processo di miglioramento. Tale sistema di crediti, documentabili, valutabili, certificabili e trasparenti avranno un “peso” diverso, e saranno legati al lavoro che i docenti svolgeranno rispettivamente in termini di (1) miglioramento della didattica, ma anche di (2) propria qualificazione professionale attraverso la formazione, e di (3) partecipazione al progetto di miglioramento della scuola (vedi Capitolo 3).
I crediti riconosciuti durante la carriera e il curriculum personale del docente arricchiscono poi il suo portfolio e sono inseriti in un registro pubblico, consultabile dai dirigenti scolastici (vedi Capitolo 3), che a certe condizioni nel rispetto della continuità didattica, possono scegliere le migliori professionalità per potenziare la propria scuola. Nessuna ambiguità quindi: la qualità della didattica sarà il criterio di valutazione più importante del docente che vorrà fare carriera nella scuola. E nessun dubbio sul fatto che non sarà un sistema fatto di sole procedure formali e certificati. Perché ci sarà spazio per una valutazione anche qualitativa interna alla singola scuola.

• I CREDITI DIDATTICI si riferiscono alla qualità dell’insegnamento in classe e alla capacità di migliorare il livello di apprendimento degli studenti. Contribuiranno a far emergere le migliori prassi di insegnamento, assicurando innovazione didattica e, allo stesso tempo, attenzione per le specificità disciplinari.
• I CREDITI FORMATIVI fanno riferimento alla formazione in servizio a cui tutti sono tenuti, alla attività di ricerca e alla produzione scientifica che alcuni intendono promuovere, e si potranno acquisire attraverso percorsi accreditati, documentati, valutati e certificati.
• I CREDITI PROFESSIONALI sono quelli assunti all’interno della scuola per promuovere e sostenerne l’organizzazione e il miglioramento, sia nella sua attività ordinaria (coordinatori di classe) sia nella sua attività progettuale. Tutti i crediti didattici, formativi, e professionali faranno parte del portfolio del docente, che sarà in formato elettronico, certificato e pubblico. La progressione di carriera si articolerà in un riconoscimento e in una valorizzazione delle competenze acquisite, e dell’attività svolta per il miglioramento della scuola. Il portfolio del docente è vagliato dal Nucleo di Valutazione interno di ogni scuola, a cui partecipa anche un membro esterno (vedi Capitolo 3).

COME IL DOCENTE POTRÀ DIMOSTRARE QUANTO VALE?

IL TRATTAMENTO ECONOMICO E LA PROGRESSIONE DI CARRIERA
Il nuovo sistema di progressione di carriera (e quindi di retribuzione) dei docenti della scuola italiana non si fonderà più soltanto sull’anzianità, ma soprattutto sull’impegno e sul contributo dei docenti al miglioramento della scuola in cui lavorano. Come funzionerà in concreto? Ad ogni docente sarà riconosciuto, come già avviene oggi, uno stipendio base. Questo stipendio base potrà essere integrato nel corso degli anni in due modi, complementari e cumulabili: 1. il primo modo sarà strutturale e stabile, grazie a scatti di retribuzione periodici (ogni 3 anni) – chiamati “scatti di competenza” – legati all’impegno e alla qualità del proprio lavoro; 2. il secondo modo sarà accessorio e variabile, grazie a una retribuzione (ogni anno) per lo svolgimento di ore e attività aggiuntive ovvero progetti legati alle funzioni obiettivo o per competenze specifiche (BES, Valutazione, POF, Orientamento, Innovazione Tecnologica). Quindi, i progetti e le attività aggiuntive che i docenti svolgeranno daranno loro la possibilità di ottenere una remunerazione aggiuntiva (a carico del Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa – MOF, vedi Capitolo 6), e in più saranno utili, qualora contribuiscano al piano di miglioramento della scuola, per il conseguimento di crediti professionali.

Ma come funzioneranno gli “scatti di competenza”?
Abbiamo visto che, nel corso del proprio lavoro a scuola, in classe e fuori dalla classe, il docente matura dei crediti didattici, professionali, e formativi. Periodicamente, ogni 3 anni, due terzi (66%) di tutti i docenti di ogni scuola (o rete di scuole) avranno diritto ad uno scatto di retribuzione. Si tratterà del 66% di quei docenti della singola scuola (o della singola rete di scuole) che avranno maturato più crediti nel triennio precedente. Col nuovo sistema, gli scatti di competenza ci saranno ogni 3 anni. Questo intervallo è coerente con i tempi del Sistema nazionale di valutazione, con i progetti di miglioramento legati ai processi di valutazione di ciascuna scuola (vedi Capitolo 3), con la necessità di creare un incentivo reale a fare bene il proprio mestiere e cercare di migliorarsi sempre.

Il valore dello scatto triennale sarà sempre lo stesso (ma si potrà decidere di modularlo su tre fasce di merito in funzione del punteggio ottenuto da ciascun docente sui crediti maturati).
Per dare una prima idea, e dalle prime stime effettuate (e nell’ipotesi in cui lo scatto sia lo stesso, ossia senza fasce differenziate all’interno del 66% premiato) risulta che, se prendiamo un professore della scuola superiore: • il valore di ogni scatto triennale potrebbe essere di circa 60 euro netti al mese; • due insegnanti su tre incrementeranno il proprio stipendio ogni 3 anni – e non più ogni 9, ogni 6, ogni 7 come avviene oggi; • gli insegnanti giovani potranno avere il primo incremento stipendiale dopo soli 3 anni – ed un secondo incremento dopo 6 – anziché dopo 9 anni come oggi; • con il sistema attuale, un docente deve aspettare 9 anni per avere 140 euro netti in più al mese. Il più bravo come il peggiore d’Italia. Con il nuovo sistema i docenti più bravi possono avere già 120 euro netti in più dopo 6 anni, per giungere dopo 9 anni a 180 euro netti in più. Quindi, dopo 6 anni molti docenti avranno 120 euro netti in
più al mese, alcuni avranno la metà – quindi 60 euro in più – e altri saranno rimasti con lo stipendio iniziale, ossia come sono oggi dopo 6 anni non solo loro ma tutti i docenti neoassunti col sistema attuale; • nella propria carriera ciascun docente potrà maturare fino a 12 scatti di competenza, il doppio di quelli previsti attualmente; • con il nuovo sistema, chi matura i primi due scatti arriva al nono anno (quando oggi maturerebbe il primo scatto) con complessivamente circa 500 euro netti in più nel portafoglio; • a fine carriera, i docenti migliori potranno arrivare guadagnare circa 9 mila euro netti in più all’anno rispetto al loro stipendio di base, cioè circa 2 mila euro netti in più di quanto guadagnerebbero a fine carriera con il sistema attuale.
Il primo scatto sarà attribuito alla fine del 2018, al termine del primo triennio dall’assunzione dei nuovi 150 mila docenti di introduzione del nuovo sistema dei crediti e di valutazione. Creando un immediato dinamismo nel sistema. Ciò vuol dire che non saranno attribuiti scatti negli anni 2015- 2018. Ma anche che, nel 2018, due terzi di tutti i docenti italiani – quasi mezzo milione
– matureranno uno scatto di circa 60 euro netti al mese. Coloro che entreranno in ruolo nel 2016 e nel 2017 (rispettivamente prima e seconda tranche del prossimo concorso, vedi Capitolo 1) dovranno “aspettare e prendere l’onda”. Ciò significa che potranno concorrere alla ripartizione degli scatti di competenza solo nel 2021. Allo stesso modo, i futuri assunti nel 2019 e 2020 potranno concorrere alla ripartizione degli scatti di competenza solo nel 2024. Indipendentemente da quando uno entrerà in ruolo dovrà aspettare al massimo 4 o 5 anni (invece di 3) per concorrere a maturare lo scatto di competenza successivo. Anche per i “nuovi entranti” all’inizio di carriera si
tratta di una condizione nettamente migliore di quella attuale, nella quale devono aspettare 9 anni prima del primo scatto.
Dal 1° settembre 2015 si procederà all’eliminazione degli scatti stipendiali automatici attraverso un sistema transitorio di progressivo passaggio al nuovo meccanismo basato sulla maturazione dei crediti, sugli scatti delle competenze, e sulla valutazione delle scuole. Nel dettaglio: • docenti che sono arrivati al 33esimo anno di servizio – e a cui mancano meno di 3 anni per il pensionamento: continuerà ad applicarsi l’attuale sistema di scatti di anzianità; • docenti immessi in ruolo dopo l’entrata in vigore del piano, con diritto alla c.d. ricostruzione di carriera: riconoscimento degli scatti stipendiali, se utilmente maturati, fino al 1° settembre 2015 e applicazione del nuovo regime a partire dalla data di immissione in ruolo;
• docenti che si trovano nelle diverse classi stipendiali (fino al 33esimo anno): ad essi si applica fino al 1° settembre 2015 il sistema previgente basato sugli automatismi stipendiali e dal 1° settembre 2015 il nuovo meccanismo degli scatti (conservando lo stipendio sino a quel punto maturato). In generale, la transizione al nuovo sistema non sarà per nessuno drammatica e nella maggior parte dei casi favorirà anzi una vastissima platea di docenti attualmente in ruolo. Ad esempio: • un docente neoassunto che con il sistema attuale avrebbe dovuto attendere 9 anni per ottenere un incremento stipendiale di 140 euro, nello stesso periodo con il nuovo sistema potrà guadagnarne fino a 180 euro in più; • un docente a metà carriera che nell’anno scolastico 2015-2016 ha 15 anni di anzianità, manterrà lo stipendio sino ad allora maturato con la prospettiva di poter guadagnare al termine della propria carriera più di 420 euro netti in più al mese rispetto ai 325 che avrebbe ottenuto con il sistema attuale basato sulla sola anzianità di servizio; • un docente che nell’anno scolastico 2015-2016 entra nella classe di anzianità ‘21’ dovrebbe poi aspettare altri sette anni, e quindi il 2022, per avere un ulteriore incremento, di circa 120 euro netti al mese. Col sistema attuale potrà avere (se rientrerà nel 66%) 60 euro netti nel 2018 e altrettanti nel 2021, per un totale di 120 euro netti in più, ma con la differenza che avrà avuto quasi 2.200 euro netti in più, tra il 2018 e il 2021.

LA TRANSIZIONE AL NUOVO SISTEMA

Le risorse utilizzate per gli scatti di competenza saranno complessivamente le stesse disponibili per gli scatti di anzianità, distribuite però in modo differente secondo un sistema
che premia l’impegno e le competenze dei docenti. Ciò consente all’operazione di non determinare oneri aggiuntivi a carico dello Stato. La necessità di attendere tre anni, dalla partenza del nuovo sistema, per il primo incremento stipendiale permetterà di recuperare risorse – quelle
che nel frattempo sarebbero state altrimenti destinate alla progressione di carriera secondo il modello attuale – utilizzabili anche per una stabilizzazione del fondo di Miglioramento dell’Offerta Formativa (MOF) destinato a remunerare anche le attività aggiuntive dei docenti in favore degli alunni. Infine, anche per il personale ATA sarà rivisitato il meccanismo di valorizzazione della carriera.

IL DOCENTE MENTOR
Cosa fa
Il docente mentor segue per la scuola la valutazione, coordina le attività di formazione degli altri docenti, compresa la formazione tra pari, sovrintende alla formazione dei colleghi, accompagna il percorso dei tirocinanti (vedi Capitolo 1, la nuova abilitazione) e in generale aiuta il preside e la scuola nei compiti più delicati legati alla valorizzazione delle risorse umane nell’ambito della didattica. Come è scelto Il docente mentor è scelto dal Nucleo di Valutazione interno, tra i docenti che per tre trienni consecutivi hanno avuto uno scatto di competenza. Ci sarà un numero particolarmente limitato di docenti mentor, pochissimi per scuola (o rete di scuole), indicativamente
fino ad un massimo del 10% di tutti i docenti. Il mentor rimane in carica per tre anni
e può essere riconfermato.
Come è retribuito
Oltre a ricevere il reddito derivante dagli scatti, il docente mentor è retribuito con una indennità di posizione. Durante il periodo da docente mentor continua a maturare, triennalmente, i crediti formativi, didattici e professionali.
Periodo transitorio
A termine, i mentor saranno scelti tra i docenti che per tre trienni consecutivi saranno stati premiati con lo scatto stipendiale. Ciò richiede nove anni dall’entrata in funzione del nuovo sistema. Nel frattempo, il mentor sarà scelto: (a) nei primi tre anni, dal Nucleo di Valutazione in relazione ad una prima documentazione dei crediti e del portfolio; (b) dopo sei anni, tra i docenti che hanno ricevuto per due volte lo scatto stipendiale.

LA MOBILITÀ DEI DOCENTI PER MIGLIORARE TUTTE LE SCUOLE
Di tutti gli aspetti del nuovo sistema ce n’è uno più importante di tutti. Ed è che l’unità di riferimento per il calcolo del 66% sia la singola scuola (o la singola rete di scuole). Non solo perché questo creerà un incentivo sano per tutti i docenti all’interno di ogni scuola (o rete di scuole) a contribuire al progetto formativo. O perché eviterà distorsioni e anomalie (casi di scuole dove i docenti sono sempre tutti nel primo 66%). Ma perché permetterà di migliorare le scuole di tutta
Italia, dal momento che favorirà una mobilità “orizzontale” positiva.
I docenti mediamente bravi, infatti, per avere più possibilità di maturare lo scatto, potrebbero volersi spostare in scuole dove la media dei crediti maturati dai docenti è relativamente bassa e quindi verso scuole dove la qualità dell’insegnamento è mediamente meno buona, aiutandole così ad invertire la tendenza. Andrà previsto che la mobilità avvenga ovviamente nel
rispetto della continuità didattica, e anche che le scuole potranno contare sui loro docenti per almeno 3 anni consecutivi. Ma è chiaro che, incoraggiando la mobilità, il meccanismo nel suo complesso consentirà di ridurre le disparità tra scuole, e aumentare la coesione sociale. È un sistema basato sul merito dei docenti che riduce le disparità tra le scuole e le incoraggia e aiuta tutte a migliorare. Questa mobilità geografica andrà di pari passo con la mobilità professionale. Ossia la cattedra a organico funzionale e viceversa, affinché progressivamente tutti i docenti abbiano, nel corso della loro carriera, la possibilità di svolgere tanti lavori diversi ma complementari – dal fare lezione in classe, allo sviluppare la progettualità extra-curricolare, al seguire la formazione dei tirocinanti – che contribuiscono, tutti, a migliorare i progetti formativi delle scuole e in generale a far crescere i ragazzi. Questa mobilità sarà la migliore garanzia contro il rischio di creare due compartimenti stagni (cattedra vs funzionale). Permetterà inoltre di venire incontro alle esigenze personali e professionali dei diversi docenti, consentendo loro di fare tante esperienze diverse, e servirà al sistema, nel suo complesso, per migliorarsi nel tempo e realizzare la vera autonomia.

N.B.: Fino al 15 novembre sul sito www.labuonascuola.gov.it è possibile partecipare alla consultazione pubblica per delineare le caratteristiche di un’efficiente ed efficace azione di ammodernamento dell’Istituzione SCUOLA.

Nessun commento:

Posta un commento