Di seguito una buona parte del rapporto del MIUR 'La buona scuola', che gira intorno al tema delle nuove modalità e i nuovi criteri di assunzione dei docenti e di gestione delle varie tipologie di graduatorie.
Rivoluzione o confusione?
Ricordiamo che fino al 15 novembre all'indirizzo www.labuonascuola.gov.it è possibile esprimere, tramite la cpnsultazione online, la propria opinione in merito a queste tematiche.
È difficile pensare di poter affrontare i nodi strutturali della scuola italiana senza affrontare prima le emergenze. Quelle emergenze diventate ormai storiche, dato che per troppo tempo abbiamo preferito gestirle, procrastinandole di anno in anno e andando avanti solo con aggiustamenti “al margine”, invece di risolverle con misure importanti con cui intervenire alla radice dei problemi che le avevano generate.
Tra queste emergenze storiche che dobbiamo risolvere, due sono particolarmente significative.
La prima emergenza riguarda il numero di docenti che abbiamo nelle nostre scuole. Non abbastanza, dal momento che a settembre di ogni anno, con la riapertura delle scuole, ci ritroviamo con qualche decina
di migliaia di insegnanti che mancano all’appello. E quindi con cattedre che vengono assegnate, per tutto l’anno scolastico, a dei supplenti. Anno dopo anno. Attraverso una finzione che continua da anni, dal momento che queste supplenze servono a rimpiazzare parte del contingente complessivo di docenti di cui lo Stato ammette di aver bisogno stabilmente. settimanali.
Non abbastanza, inoltre, perché le scuole non hanno bisogno di docenti solo per le lezioni in classe, ma anche per costruire un progetto formativo al passo coi tempi. Si tratta di realizzare concretamente quanto già previsto in via sperimentale dal 1999 e in via generale dal 2012: l’organico dell’autonomia, ovvero
un team di docenti che aiuti la scuola a gestire da sola, o in rete con altre, le molte attività complementari all’ordinaria attività didattica: dallo sviluppo delle eccellenze e dal recupero all’integrazione al sostegno ai ragazzi diversamente abili; dalla programmazione del fabbisogno scolastico
e della gestione delle supplenze all’aumento del tempo scuola, alla gestione di progetti e – più in generale
– all’ampliamento dell’offerta formativa.
La seconda emergenza riguarda la necessità di affrontare in maniera definitiva l’eredità di migliaia di
persone che lo Stato, nonostante abbia negli anni riconosciuto che debbano essere assunte stabilmente nella scuola, tiene “in sospeso”, iscritte in graduatorie che si esauriranno – se non facciamo nulla – in non meno di altri 15 o 20 anni. Queste due emergenze vanno nella stessa direzione e richiedono l’adozione di un Piano straordinario di assunzioni nella scuola che permetta di fare alcune cose importanti:
• ampliare l’offerta formativa e svolgere le tante attività didattiche complementari alle lezioni in classe di cui i nostri ragazzi hanno bisogno per essere formati e allenati a crescere nel mondo di oggi;
• abolire le supplenze annuali – assicurandoci che i ragazzi non debbano assistere a un avvicendarsi continuo di “sconosciuti” in classe e contemporaneamente istituire un contingente stabile di docenti per coprire, tra le altre esigenze, la maggior parte delle supplenze brevi;
• chiudere una volta per tutte la questione del precariato storico della scuola italiana, ripristinando il sano principio costituzionale dell’accesso all’insegnamento esclusivamente attraverso concorso pubblico.
Più in generale, questo Piano doterà la scuola italiana di un corpo docente concentrato esclusivamente
su come insegnare bene, perché inquadrato in un percorso professionale stabile e sereno, invece che “costretto” a dedicare tempo ed energie a capire come mettere fine alla propria condizione di precario.
Per affrontare e risolvere questa doppia emergenza serve un piano di assunzioni ambizioso, con cui ridare era centralità alla scuola trasformarla in un nuovo vivaio di docenti e studenti che insieme rimettano in moto il Paese partendo dall’istruzione. Per questo:
• lanciamo un piano straordinario per assumere a settembre 2015 quasi 150 mila docenti: tutti i precari storici e tutti i vincitori e gli idonei dell’ultimo concorso;
• bandiamo, nello stesso tempo, un nuovo concorso per permettere ad altri 40 mila abilitati
all’insegnamento di entrare in ruolo, sostituendo via via – tra il 2016 e il 2019 – i colleghi che andranno in
pensione. Questo Piano passa anzitutto per lo svuotamento delle Graduatorie ad Esaurimento (“GAE”), ossia quelle graduatorie storiche da cui è previsto che ogni anno venga attinto il 50% di tutti i nuovi docenti da assumere – essendo il restante 50% riservato ai vincitori di concorsi per docenti della scuola.
Ancora oggi, dopo sette anni dalla loro “chiusura”, sono migliaia coloro che aspirano ad entrare nelle GAE. Anche se sono consapevoli che potranno essere assunti in ruolo tra chissà quanti anni, e che quella che chiedono è in realtà una finta prospettiva, dal momento che – come tanti di coloro che sono già iscritti alle GAE – sarebbero di fatto assunti in età da pensione. Questi docenti iscritti alle GAE non hanno bisogno di stare in una lista d’attesa. Hanno bisogno di stare a scuola, e fare al meglio il lavoro che da anni chiedono di fare. Ad oggi, risultano iscritte nelle GAE circa 155 mila persone. Questo numero scenderà dopo le assunzioni in corso per l’anno scolastico 2014-2015 di circa 15 mila unità. Avremo, infatti, circa 7.700 assunzioni su cattedre ordinarie, ed altre 6.700 su posti di sostegno. Le GAE dovrebbero quindi avere complessivamente, dai primi di settembre 2014, circa 140.600 iscritti.
Se poi guardiamo alle assunzioni nel mondo della scuola, ci sono qualche migliaio di altri docenti che aspettano solo di essere chiamati, per trasformare così la loro vocazione in realtà. Si tratta dei vincitori dell’ultimo concorso bandito nel 2012.
Degli oltre 11 mila vincitori, più di 8 mila non erano ancora stati assunti prima di quest’anno. Di questi ultimi 8 mila, più della metà sono stati assunti entro il 31 agosto 2014 tra cattedre ordinarie e posti di sostegno, mentre circa 3 mila resteranno ancora senza cattedra.
Di questi ultimi, circa il 70% risulta comunque iscritto (anche) alle GAE. Ciò vuol dire che il dato finale ai primi di settembre 2014 dei vincitori di concorso non ancora assunti e non iscritti alle GAE sarà di circa 1.200 persone.
A questi vincitori è opportuno aggiungere i c.d. “idonei” del concorso 2012, ossia coloro che hanno superato le prove ma non sono risultati formalmente vincitori per mancanza di cattedre bandite. In questo
caso si tratta complessivamente di oltre 17 mila persone (di cui, però, il 60% e quindi 10.350 risultano iscritti anche nelle GAE). Vale a dire, complessivamente, ulteriori oltre 6 mila persone. Dopo le immissioni in ruolo dell’attuale anno scolastico, il numero complessivo di idonei non iscritti alle GAE dovrebbe arrivare intorno
a 6.300 persone.
VINCITORI E “IDONEI” DEL CONCORSO 2012 ISCRITTI ANCHE ALLE GAE
N.B. tutti i dati presenti in questo capitolo saranno aggiornati nel corso del mese di settembre 2014, sulla base delle nuove immissioni in ruolo relative al corrente anno scolastico.
Fino al 2006, in mancanza di concorsi banditi in maniera regolare, l’ingresso nella carriera docente è avvenuto in maniera significativa attraverso le cosiddette “Graduatorie Permanenti”: lunghe liste di aspiranti docenti che attraverso supplenze, formazione e titoli accumulavano punteggio per arrivare all’ambita immissione in ruolo. Un sistema caotico e conflittuale, che negli anni ha alimentato infiniti contenziosi. Il primo tentativo di affrontare la questione avvenne con la legge n. 296 del 2006, che “chiuse” le Graduatorie Permanenti trasformandole in Graduatorie ad Esaurimento, per evitare un aumento incontrollato del precariato.
Ma la conflittualità non si è sopita. Anzi. Sulle modalità di attribuzione del punteggio e delle supplenze è intervenuta più volte la magistratura amministrativa e infine anche la Corte Costituzionale. Nel tempo poi sono cambiate le regole sulla possibilità di scegliere o optare per la provincia di riferimento della graduatoria – una scelta che rileva perché evidentemente in alcune aree geografiche prevalentemente nel nord Italia) i posti disponibili sono maggiori.
Nel 2009 un decreto ministeriale ha stabilito il diritto degli aspiranti a permanere nelle GAE di origine, e di iscriversi anche in altre province, ma con collocamento “in coda” – e quindi dopo gli iscritti “locali”
– indipendentemente dal punteggio maturato. Il TAR ha contestato la legittimità di tale disposizione che non riconosceva il “bagaglio” di titoli e punteggi maturati, creando così una forte disparità di trattamento
tra aspiranti insegnanti e rischiando di favorire il criterio territoriale. Il legislatore è quindi intervenuto stabilendo che per ragioni contingenti (l’avvio imminente dell’anno scolastico) per il biennio 2009-2011 fosse confermato l’inserimento degli aspiranti “in coda”, ma che per il successivo biennio la regola sarebbe stata quella dell’inserimento “a pettine”. A questo punto, è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito ‘illegittimità del sistema basato sull’inserimento “in coda” e l’affermazione
del principio per cui le GAE possono anche essere chiuse a nuovi inserimenti esterni, ma al loro interno il sistema deve essere aperto e contendibile.
COSA SONO LE GAE?
Le graduatorie ad esaurimento (GAE) sono organizzate per provincia e classe di concorso e sono aggiornate triennalmente. A seguito dell’ultimo aggiornamento avvenuto a luglio 2014, risultano 154.561
soggetti iscritti, molti dei quali aspiranti in più d’una provincia o in più d’una classe di concorso.
Gli aspiranti docenti iscritti nelle GAE sono per lo più donne, confermando la distribuzione tra i generi tipica del personale scolastico, e molti sono giovani, tanto che l’età media è di 41 anni. Se confrontiamo la
distribuzione per età degli iscritti nelle GAE con quella del personale di ruolo, diventa chiaro che la loro
assunzione consentirà di ringiovanire sensibilmente il corpo docente, che oggi ha un’età media di 51
anni, con un picco di presenza in servizio a 59 anni d’età.
Naturalmente la gran parte delle iscrizioni è per le classi di concorso dove sono disponibili più posti e
quindi per la scuola dell’infanzia, della primaria e, alla scuola secondaria, per le materie letterarie e per quelle scientifico/matematiche, con una particolare presenza anche degli insegnanti di educazione fisica.
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEGLI ISCRITTI ALLE GAE
Cosa faranno questi nuovi docenti nella scuola italiana?
A quali condizioni sarà possibile attuare questo piano straordinario di assunzioni?
Come verranno scelti in futuro i docenti e quindi: che prospettiva avranno, dopo queste assunzioni,
tutti gli altri che legittimamente aspirano ad insegnare nella scuola italiana?
TRE DOMANDE DIVENTANO A QUESTO PUNTO CENTRALI: OGGI IL GOVERNO INTENDE MANTENERE
QUESTA PROMESSA EREDITATA DAL PASSATO, assumendo tutti costoro. E prevedendo che la loro assunzione avvenga in un solo anno, vale a dire con l’anno scolastico 2015-2016. Questi dati mostrano che abbiamo ad oggi complessivamente – tra GAE e concorso 2012 – circa 148.100 persone che o
Stato si è negli anni impegnato ad assumere nella scuola italiana.
Questi nuovi docenti servono perché solo con loro si potrà realizzare un grande progetto di irrobustimento e rilancio della scuola. Come, esattamente? Tutti insieme costituiranno il futuro organico di diritto, ma alcuni copriranno posti attualmente scoperti, altri ricopriranno una posizione funzionale che consentirà di potenziare l’offerta formativa.
CATTEDRE SCOPERTE
Anzitutto, dei quasi 150 mila, circa 50 mila saranno assunti per coprire le cattedre attualmente scoperte (cattedre intere oppure i c.d. “spezzoni di cattedra”) su cui ogni anno lo Stato assume decine di migliaia di supplenti con contratti annuali. Verrà eliminato in questo modo il precariato di persone qualificate e con esperienza di insegnamento che lo Stato ogni anno “rimanda a settembre” invece di integrare pienamente nella scuola.
NUOVA OFFERTA FORMATIVA
Ci sono, poi, i docenti iscritti nelle stesse GAE per una delle classi di concorso afferenti alle materie di musica, storia dell’arte e sport – complessivamente circa 18.800 docenti – che contribuiranno a rafforzare
l’offerta formativa su questi tre fronti importanti (vedi Capitolo 4). In particolare ci sono circa:
• 8.100 educazione artistica e storia dell’arte;
• 5.300 educazione fisica;
• 5.400 musica.
SCUOLA DELL’INFANZIA E PRIMARIA
Nelle GAE risultano poi circa 80 mila docenti iscritti per la classe di concorso dell’infanzia o della primaria: circa 20 mila serviranno per coprire le cattedre scoperte (rientrano nei 50 mila menzionati sopra), mentre i restanti 60 mila saranno utilizzati come organico funzionale di questi cicli, sostituendo i colleghi nei
momenti delle assenze o sostenendo i passaggi più delicati tra i diversi snodi del percorso scolastico – dalla
scuola dell’infanzia alle elementari, tra i cicli delle primarie – o rendendo possibile il tempo prolungato e
il tempo pieno nelle scuole. Aiutando, in questo modo, le famiglie nella fase più delicata – quella che necessita di attenzione più costante e continuativa – di crescita dei loro figli. Grazie al piano straordinario di assunzioni sarà possibile intervenire in modo efficace sulla scuola dell’infanzia e primaria per avere una crescita sana dei nostri bambini (educazione fisica) e lo sviluppo della loro sensibilità e del loro spirito critico (musica, educazione artistica). Ci sarà la possibilità di una maggiore continuità didattica e di più classi a tempo pieno. Il conseguente potenziamento della scuola primaria e della secondaria di primo grado si accompagnerà alle altre misure, quali soprattutto il rafforzamento del binomio scuola-lavoro, previste per le scuole secondarie di secondo grado (vedi Capitolo 5), capaci di contrastare anche la dispersione
scolastica. Infanzia, primaria personale educativo 80.904 (dei quali 4.075 iscritti anche alla secondaria)
Secondaria I e II grado 77.596.
RIPARTIZIONE DEGLI ISCRITTI ALLE GAE TRA SCUOLA PRIMARIA E SCUOLA SECONDARIA
SCUOLA SECONDARIA
Circa 20 mila docenti saranno assunti infine in posizione funzionale, quello che un tempo era stato definito come “organico dell’autonomia”, nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, consentendo quindi di cominciare a realizzare finalmente una vera autonomia scolastica. Saranno infatti a disposizione delle scuole, o di reti di scuole, sia per svolgere gli altri compiti legati all’autonomia e all’ampliamento dell’offerta formativa (insegnamenti extra- curricolari, predisposizione di contenuti innovativi per la didattica, progettualità di vario tipo, affiancamento ai tirocinanti, ecc.); sia, anche in
questo caso, per coprire una parte delle supplenze brevi.
LE SUPPLENZEBREVI
Nel caso delle supplenze brevi, la loro eliminazione comporterà conseguenze molto positive per gli studenti e per le scuole di ogni grado – dalla primaria alla secondaria superiore.
Le supplenze brevi non apportano infatti molto dal punto di vista della didattica e dell’apprendimento. Durano solo poche settimane o addirittura pochi giorni, e servono per lo più per coprire malattie, visite mediche, formazione obbligatoria, permessi per motivi personali o familiari. Se sarà comunque impossibile evitare del tutto la discontinuità didattica, sarà certamente più utile (e parte di un progetto educativo più ampio) per gli studenti vedere che le supplenze sono coperte da docenti con cui hanno già familiarità, perché della loro scuola (o rete di scuole), invece che da estranei che vedono per la prima volta. Mettere fine alle supplenze brevi come le conosciamo avrà anche un indubbio vantaggio per le scuole, perché oggi i dirigenti scolastici inevitabilmente vi ricorrono all’ultimo momento, e sono quindi supplenze
incerte e sporadiche che non consentono programmazione didattica. E perché gli stessi dirigenti scolastici, che ogni mattina si ritrovano a dover cercare fuori dalla scuola chi possa coprire una assenza non prevista, potranno impiegare più produttivamente il loro tempo e le loro energie. Le supplenze brevi Annualmente vengono stipulati in tutta Italia quasi 1 milione e 800 mila contratti di supplenze brevi, distribuiti in modo
disomogeneo sul territorio in modo diverso durante l’anno. Se per “supplenze brevi” intendiamo quelle
fino a 30 giorni, si tratta, complessivamente, di circa 112.000 diversi supplenti all’anno, equivalenti economicamente a circa 20.000 supplenti annuali (ipotizzando che questi siano pagati per 12 mesi) – di
cui circa 51.000 tra scuola dell’infanzia e primaria, 31.500 nella secondaria di primo grado e 35.700 nella
scuola secondaria di secondo grado – ognuno dei quali può fare ovviamente anche svariati contratti brevissimi o brevi, molti addirittura di un giorno solo.
Queste supplenze non hanno la stessa incidenza durante l’anno scolastico (nei mesi invernali si registrano picchi di quasi 90 mila supplenti che contemporaneamente coprono i docenti assenti per malattia), non riguardano tutte le regioni allo stesso modo. Né sono distribuite nello stesso modo nei vari cicli scolastici. Ad esempio, il 75% delle supplenze fino a 15 giorni avviene presso le scuole primarie, percentuale che sale al 90% per le supplenze sino a 3 giorni.
Chiaramente, ci sarà sempre una parte di supplenze brevi che potrebbe risultare scoperta nonostante i nuovi docenti in più assunti come organico dell’autonomia. Questo sia per una questione di “quando” (“picchi stagionali”); sia per una questione di “dove”, nel senso che ci sarà un limite alla mobilità geografica anche degli organici dell’autonomia. In questi casi potrebbe non bastare neppure dare alle scuole piena autonomia e rimuovere ogni rigidità oraria, assicurando così che il dirigente scolastico, a fronte di un suo docente assente per dieci giorni, potrà – ad esempio – organizzare differentemente le lezioni con il personale che ha a disposizione, prevedere un potenziamento di ore in altre discipline, ovvero fare attività di laboratorio o altre attività extra-curricolari, nonché organizzare l’orario scolastico in modo flessibile.
È per questo che continuerà ad avere senso mantenere delle graduatorie di istituto, che saranno però “ristrutturate” rispetto alla situazione attuale.
CHE FINE FANNO LE GRADUATORIE DI ISTITUTO?
Le graduatorie di istituto verranno mantenute ma: (1) con una sola fascia; (2) riservata a tutti (e solo) gli abilitati, che potrebbero essere chiamati nei (pochi) casi in cui, nonostante il piano assunzionale straordinario, e la nuova assegnazione alle scuole o reti di scuole di docenti su cattedra e di “docenti dell’autonomia”, non si riuscisse – in particolare per limiti di mobilità geografica – a coprire tutte le supplenze con il corpo docente di ruolo. Ciò significa che verranno abolite la I fascia (gli iscritti, attualmente in GAE, saranno assunti tutti) e la III fascia. Se consideriamo che molti di coloro che erano iscritti in quest’ultima hanno avuto, di recente, l’occasione di abilitarsi, la maggior parte di coloro che vi sono ancora iscritti oggi ha, in realtà, pochissimi punti. Basti pensare, ad esempio, che oltre 93 mila degli iscritti attualmente in terza fascia – quindi più della metà di coloro che saranno iscritti al termine dell’aggiornamento in corso in queste settimane – hanno insegnato complessivamente meno di un mese. Se prendiamo 12 punti, e quindi un anno almeno c0mplessivamente, il numero sale a circa 100.500, ciò vuol dire che solo l’8% di tutti coloro che hanno maturato fino ad un anno di supplenze ne ha maturato, in realtà, più di un mese in tutta la propria vita. Costoro non possono essere considerati “precari”, se non vogliamo correre il rischio paradossale per cui chiunque abbia mai svolto anche solo una settimana o un giorno di supplenza è un precario della scuola.
Per poter attuare un Piano di assunzioni di tale portata, che non ha precedenti nella storia della Repubblica e
che deve tener conto di eredità storiche di decenni, sarà necessario introdurre alcune modifiche all’attuale
sistema del reclutamento dei docenti della scuola. Anzitutto, la prima modifica da fare è quella che tocca la previsione per cui le assunzioni avvengono per il 50% da concorso e per il 50% da GAE. Questa è stata la regola per le assunzioni dei docenti negli ultimi anni. Invece, con il piano straordinario, le assunzioni
avverranno, nel 2015/16, per il 90% dalle GAE. Questa disposizione rappresenta in realtà un’eccezione al
principio generale per cui le assunzioni nel pubblico impiego possono avvenire solo per concorso.
Ragione che concorre a rendere necessario che le assunzioni di tutti gli iscritti nelle GAE avvengano tutte insieme, nel corso di un anno solo (l’a.s. 2015-2016).
È possibile farlo? Sì, cambiando la legge, motivando questa modifica come necessaria per traghettare il sistema fuori dallo stato di eccezione, e prevedendo da subito che per gli anni a venire le assunzioni
torneranno finalmente ad avvenire al 100% solo da concorso – cosa del resto naturale dal momento che non ci sarebbero più iscritti nelle GAE, a quel punto esaurite non solo di nome ma anche di fatto.
In aggiunta a questo, sarà necessario introdurre altre modifiche per far sì che l’assunzione di tutti i 148 mila docenti sia (a) materialmente possibile e (b) coerente con il tipo di potenziamento della scuola italiana
che il Governo intende operare.
Servirà probabilmente, prima di tutto, una maggiore mobilità ai fini dell’immissione in ruolo rispetto
all’attuale “vincolo di destinazione” all’interno della provincia, o rispetto alla classe di concorso su cui il futuro docente di ruolo risulta oggi iscritto nelle GAE. Alcuni iscritti alle GAE, infatti, appartengono a classi di concorso che non si insegnano più: ci sono 916 iscritti nelle GAE sulle classi di concorso di
steno-dattilografia e trattamento testi, mentre altri 116 sono iscritti per esercitazioni su materie non più insegnate come economia domestica o portineria e pratica di agenzia. E molti sono “addensati” geograficamente in aree dove il fabbisogno di docenti è già soddisfatto.
Tutto ciò vuol dire che, se abbiamo visto sopra – a grandi numeri – cosa faranno i 148 mila assunti, per far sì che possano davvero essere assunti tutti, fino all’ultimo, e che possano essere assunti in modo da potenziare davvero ed efficacemente la scuola italiana, dovremo fare un lavoro molto puntuale e dettagliato, che non ragioni in termini di aggregati ma col quale verificare il profilo di ognuno di questi 148 mila aspiranti docenti di ruolo. Con l’obiettivo di ricombinare – prevedendo i necessari aggiustamenti – la tipologia (classe di concorso) e la geografia (provincia di riferimento) dei 148 mila con i dati relativi:
a) alle cattedre vacanti e disponibili;
b) alle supplenze, anche brevi;
c) alle necessità e/o disponibilità di organici dell’autonomia delle diverse scuole o reti di scuole su tutto il
territorio nazionale. Questo lavoro di verifica richiederà – almeno per una parte dei 148 mila, anche come
condizione oggettiva per consentire l’assunzione – la disponibilità e flessibilità a rispondere alle esigenze geografiche della scuola italiana e a ciò che è necessario che la scuola insegni ai nostri ragazzi oggi, per prepararli a confrontarsi con il mondo e con il XXI secolo. Introducendo anche: 1. la possibilità di essere assunti in una provincia della stessa regione o anche in una regione diversa da quella di appartenenza;
2. la possibilità, nel rispetto della qualità didattica, di “allargare” le classi di concorso, ossia la specificità
della materia che chi sarà assunto avrebbe dovuto insegnare, per poter prevedere che (a) insegni una materia affine; (b) sia assegnato come organico in posizione funzionale ad una scuola o rete di scuole.
È chiaro quindi che, per realizzare questo grande piano di assegnazione (e abbinamenti) di quasi 150 mila docenti alle scuole italiane in un solo anno, la prima e più urgente operazione da fare sarà un censimento volto a capire il numero esatto e la distribuzione di coloro che saranno assunti.
Questa operazione dovrà avvenire, al più tardi, entro il 31 dicembre 2014, e servirà per fare una ricognizione puntuale ed esatta di chi sono coloro che – iscritti alle GAE, ma varrà anche per i vincitori e idonei del concorso 2012 – confermeranno espressamente entro quella data la loro intenzione di essere
assunti a partire dal 1° settembre 2015. Il censimento servirà anche perché può succedere che – di fronte ad una richiesta espressa – qualche migliaio di persone iscritte nelle GAE rinuncino volontariamente all’assunzione, magari perché hanno nel frattempo trovato un altro lavoro e non intendono lasciarlo.
Sappiamo, ad esempio, che negli ultimi 3 anni circa 43 mila persone iscritte nelle GAE non anno effettuato né supplenze annuali o sino al termine delle attività didattiche né supplenze revi. Si tratta di un dato che
va preso con molta cautela, dal momento che molte di queste persone hanno lavorato (e lavorano) in scuole paritarie e che potrebbero comunque fare valutazioni diverse se venisse offerta loro un’assunzione stabile
invece di una supplenza annuale. Ma si tratta comunque di un dato che richiede di verificare il numero effettivo di coloro che, iscritti alle GAE, sono ancora oggi disponibili all’assunzione. In caso di un numero significativo di rinunce volontarie, il Governo integrerà nel piano di assunzioni straordinarie anche i laureati in Scienze della Formazione Primaria Vecchio Ordinamento (SFPVO) e i c.d. “congelati SISS” che non sono stati inseriti a suo tempo nelle GAE – rispettivamente circa 9 mila e circa 500 aspiranti docenti di ruolo. Questa integrazione sarà però possibile solo a condizione di: (a) non superare il plafond dei
148 mila; e (b) constatare un fabbisogno di docenti aggiuntivi in particolare nelle scuole primarie. E sempre, chiaramente, introducendo anche per costoro lo stesso requisito di disponibilità geografica prevista sopra.
Infine, si potrà prevedere, attuando da subito un minimo di mobilità da organico su cattedra a organico funzionale, che una parte dei docenti di ruolo attualmente in servizio coprano, già a partire dall’a.s. 2015-2016, alcuni dei nuovi posti creati come organico funzionale. Tra costoro potrebbero esserci, su base chiaramente volontaria, anche quei docenti che preferiranno spendere gli ultimissimi anni prima della
pensione lavorando “dentro la scuola ma fuori dalla classe”, contribuendo così allo sviluppo del progetto scolastico con attività e funzioni diverse da quelle dall’insegnamento in classe. E liberando, di conseguenza,
ulteriori cattedre per alcuni dei neo-assunti col piano straordinario.
I laureati in Scienze della Formazione Primaria Vecchio Ordinamento (SFP-VO)
Sono coloro i quali hanno conseguito la laurea (durata quadriennale) in Scienze della Formazione Primaria
dopo l’anno accademico 2010-2011. In generale, la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 605, della legge n. 296 del 2006) ha trasformato le graduatorie provinciali permanenti per il reclutamento dei docenti in “graduatorie ad esaurimento”, fatto salvo per il biennio 2007-2008:
a) l’inserimento a pieno titolo nelle stesse graduatorie dei docenti già in possesso dell’abilitazione;
b) l’inserimento con riserva (da sciogliersi al momento del conseguimento del titolo abilitante) dei docenti che all’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007 frequentavano i vari corsi abilitanti: presso le SSIS, i corsi COBASLID, corsi di didattica della musica presso i conservatori di musica e il corso di laurea in scienze della formazione primaria. Quanto a Scienze della Formazione Primaria:
• a questa laurea, infatti, fino al biennio 2007-2008 era riconosciuto valore abilitante con conseguente
inserimento diretto nelle GAE;
• non era riconosciuto valore concorsuale. I laureati in Scienze della Formazione Primaria, dunque, avevano accesso diretto alle GAE ma non potevano partecipare ai concorsi a cattedra. In conclusione, la chiusura delle GAE pone fine al meccanismo dell’inserimento diretto nelle GAE fatto salvo l’inserimento di coloro che nell’anno accademico 2007-2008 erano iscritti al primo anno di corso di laurea. Con il d.l. n. 216 del 2011 è stata istituita una fascia aggiuntiva alle GAE, la c.d. IV fascia aggiuntiva, che ha permesso l’inserimento diretto di coloro i quali “hanno conseguito l’abilitazione dopo aver frequentato i corsi
di laurea in Scienze della Formazione Primaria negli anni accademici 2008- 2009, 2009-2010 e 2010-2011”. La legge del 2007 faceva salvi coloro che si erano iscritti, nel 2007-2008, al primo anno del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria, mentre la legge del 2011 ha fatto salvi solo coloro che hanno conseguito la laurea, e quindi l’abilitazione (trattandosi di laurea abilitante), entro l’anno accademico 2010-2011. Pertanto, a causa di una successione di norme nel tempo, sono rimasti esclusi circa 8.000 laureati che pur essendosi iscritti nell’anno accademico 2007-2008, si sono però laureati dopo il 2010-2011.
I “congelati SISS” Le SSIS (Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario) erano percorsi selettivi abilitanti all’insegnamento, il cui ultimo corso è partito nell’anno accademico 2007- 2008.
I c.d. “congelati SISS” sono coloro che avevano sospeso il percorso SSIS, al quale erano stati ammessi,
per vari motivi (dottorato, malattia, gravidanza, ecc.). Le SSIS sono state poi chiuse e quindi il loro percorso è rimasto “congelato”. Tutti coloro che avevano sospeso il percorso hanno avuto la possibilità
di iscriversi poi con riserva nelle GAE. Tuttavia sono rimasti esclusi circa 500 “congelati” che non hanno mai richiesto l’iscrizione con riserva nelle menzionate graduatorie, convinti di rientrarci comunque.
Questi hanno ottenuto solo l’ammissione, in soprannumero e senza svolgere i test d’ingresso, al primo
ciclo del TFA e quindi il conseguente inserimento nella II fascia delle graduatorie di istituto all’esito del
conseguimento dell’abilitazione. Anche questa categoria può vantare una posizione “privilegiata” trattandosi di iscritti al percorso SSIS (poi “congelato”) nell’anno 2007-2008.
Il piano straordinario di assunzioni funziona solo se è concentrato in un anno solo, e se va di pari passo con un’altra misura ugualmente importante: l’indizione di un nuovo concorso con cui perseguire un altro duplice obiettivo centrale per cambiare la scuola italiana. Anzitutto, servirà mantenere pressoché costante nel tempo il numero complessivo di docenti della scuola italiana che avremo raggiunto dopo l’attuazione del piano straordinario.
Un nuovo concorso sarà quindi indispensabile per sostituire i docenti che via via andranno in pensione– sostituzioni per le quali non sarà più a disposizione alcuna riserva storica da cui attingere. Secondo, perché il concorso permetterà di selezionare una massa critica di migliaia di giovani, preparati, sintonizzati
sul mondo globale di oggi, che hanno scelto l’insegnamento e la scuola non per il posto fisso, o perché lo vedono come un lavoro meglio di tanti altri, ma perché credono nel valore della formazione e hanno deciso di scommettere sul contributo che ciascuno di loro può dare per aiutare a crescere una l´eccezione che come la scuola potrà contare su decine di migliaia di giovani docenti rafforza la regola.
Il concorso, bandito nel 2015 per il triennio di riferimento 2016-2019, offrirà in questo modo una reale opportunità a tutti coloro che si sono “abilitati” all’insegnamento negli ultimi anni e che hanno maturato un’aspettativa di diventare (presto) docenti di ruolo. Un’opportunità grazie alla quale smettere di inseguire l’ultima supplenza, di accumulare l’ultimo punticino, di vedere uno Stato che costantemente procrastina la possibilità di prendere servizio e cominciare finalmente ad occuparsi a tempo pieno e con
serenità della formazione dei ragazzi. Di che numeri stiamo parlando? La stima del turnover nella scuola è di circa 13/14 mila docenti all’anno.
IL GOVERNO BANDIRÀ NELLA PRIMAVERA DEL 2015 un concorso per 40 mila posti per coprire il triennio 2016-2019 Ciò vuol dire che il Governo bandirà nella primavera del 2015 un concorso per circa
40 mila posti per coprire il triennio 2016-2019. Fin qui sul lato dell’offerta. E sul lato della domanda?
Chi avrà interesse e potrà giocarsi le sue carte con il prossimo concorso? A seguire è offerta una panoramica di chi sono oggi gli abilitati all’insegnamento e di chi potrebbe partecipare al prossimo concorso.
Il concorso del 2015 sarà bandito per un numero di posti pari a quasi quattro volte il numero di posti banditi dall’ultimo concorso del 2012. Inoltre, sarà bandito in tutte le regioni e per tutte le classi di concorso, così
da far decadere graduatorie concorsuali “storiche” in alcuni casi datate di quasi 25 anni. A seguire è riportato il cronoprogramma, che mostra come il concorso sarebbe bandito ad inizio 2015, dopo che in autunno
sarebbero state trovate le risorse per il piano straordinario descritto sopra, e dopo aver fatto l’esercizio di “matching” tra i dati relativi agli iscritti alle GAE e ai vincitori/idonei del concorso 2012 e la geografia/
tipologia effettiva. La tabella di marcia è stata pensata anche per permettere ai circa 22.500 che in autunno
inizieranno il loro percorso di abilitazione – c.d. Tirocinio Formativo Attivo (TFA) – di poterlo terminare in tempo utile per farlo valere ai fini del concorso (saranno ammessi “con riserva”); e per consentire di preparare al meglio uno degli esercizi più impegnativi in assoluto per la pubblica amministrazione, ossia una selezione nazionale a cui si stima che parteciperanno quasi 200 mila candidati.
Chiaramente, per il prossimo concorso non basterà pensare solo ai numeri. Perché se è importante capire quanti nuovi insegnanti verranno assunti, è ancora più importante capire chi saranno questi insegnanti.
E quindi assicurare un concorso in grado di selezionare realmente i migliori candidati, quelli più preparati ma anche con maggiore predisposizione e capacità a trasmettere le proprie conoscenze. Tradotto: i più bravi ad insegnare. Per fare questo, servirà introdurre alcune piccole varianti rispetto all’ultimo concorso, che ha comunque dimostrato di funzionare bene. Gli elementi essenziali del concorso del 2012 sono stati una preselezione mediante test su computer, e una selezione basata su una parte scritta (moduli predefiniti, risposta aperta per tematiche) e una orale, che simula una lezione. Nel nuovo concorso sarà diminuita significativamente la percentuale di giudizio legata ai titoli; sarà rivisto l’elenco dei titoli ammessi; e sarà dato maggior peso alla valutazione delle capacità “pratiche” dell’insegnante, come tenere una lezione o affrontare situazioni concrete. Infine, tutti i concorsi futuri dovranno prevedere la possibilità di graduatorie di merito nazionali (con possibilità di esprimere preferenze locali) che rispondano alle necessità dei diversi territori, ma non facciano della dimensione provinciale un limite invalicabile.
* Potranno rientrare nel piano assunzionale straordinario 2015-2016 se il numero effettivo degli
iscritti alle GAE che confermeranno la loro volontà di essere immessi in ruolo risulterà inferiore
a quello previsto.
** Stima.
STIMA DEI COSTI, IN MILIONI DI EURO, PER L’ASSUNZIONE DI 148.100 DOCENTI
A SETTEMBRE 2015
Bisogna infine considerare che il costo salirà progressivamente (in maniera abbastanza lineare) col passare degli anni, mano a mano che questa nuova platea di docenti, che entrerà in ruolo con anzianità e ricostruzioni di carriera diverse, maturerà gli scatti. La stima è che, dopo dieci anni, il costo complessivo sarà arrivato a circa 4 miliardi di euro. Su queste stime non avrà un impatto significativo il nuovo sistema di avanzamento
di carriera dei docenti, vale a dire l’abolizione degli scatti di anzianità e l’introduzione degli scatti di competenza (vedi Capitolo 2), dal momento che la massa complessiva di risorse destinate alle progressioni di
carriera resterà pressoché invariata su un arco temporale relativamente lungo come un decennio. Tuttavia si potrebbe ottenere un risparmio attraverso l’utilizzo del personale neo assunto anche sulle supplenze brevi e saltuarie che oggi hanno un costo complessivo di oltre 500 milioni di euro all’anno.
La Tabella mette anche in evidenza come i primi 64 mila nuovi posti avranno un costo relativamente basso, dal momento che questo sarà compensato: da turnover o da posti sul sostegno già coperti finanziariamente (i primi 24 mila posti non sono un onere per le casse dello Stato); che i successivi 14 mila potranno essere quasi interamente coperti – fatta eccezione per le ricostruzioni di carriera – con le economie generate dalle
supplenze annuali (comprese luglio e agosto) oggi pagate ai docenti utilizzati per completare il c.d. “organico di diritto”; e che i successivi 26 mila avranno un costo limitato, leggermente superiore ai 14 mila, perché le economie saranno in questo caso relative a supplenze di dieci mesi, e quindi oltre alle ricostruzioni di carriera servirà trovare le risorse per i mesi di luglio e agosto. A partire dal 2016-2017, e quindi dall’anno successivo a quello in cui verrà attuato il piano straordinario per l’assunzione dei 148 mila, il reclutamento
avverrà senza ulteriori costi per le casse dello Stato oltre quelli sopra previsti. Si tratterà infatti di assumere su turnover e di sostituire, quindi, i docenti che andranno via via in pensione. Il Governo ha molto chiaro in mente che le risorse necessarie per realizzare tutto ciò non sono un costo. Quanto, piuttosto, un investimento. Probabilmente, il più grande investimento nella scuola degli ultimi 20 anni e il miglior investimento che oggi possiamo fare sul futuro dell’Italia. Perché è investendo nella scuola che attrezziamo le future generazioni a stare al passo col mondo di oggi e ci dotiamo di quel capitale umano che serve
per tornare a crescere, competere, correre e assicurarci negli anni a venire sviluppo economico e progresso sociale e civile. IL RISPARMIO delle supplenze brevi POTREBBE ESSERE SUPERIORE A 300-350
milioni all´anno.
UN SEGNALE FORTE SE ANCHE LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA per l'Europa SI INTERESSA DEI DOCENTI ITALIANI
L a necessità di attuare un piano di assunzioni ambizioso e di porre la scuola italiana fuori da un decennale stato di eccezione” per passare ad assunzioni basate solo su concorsi a cadenza regolare è un’esigenza arrivata all’attenzione dell’Europa. La Commissione europea ha infatti avviato una procedura d’infrazione per la non corretta applicazione della direttiva 1990/70/CE, relativa al lavoro a tempo determinato, che è finita davanti al giudice comunitario. Recentemente, l’Avvocato generale incaricato di seguire e presentare il caso ai giudici della Corte di Giustizia dell’Unione europea che presto dovranno pronunciarsi, ha concluso che i giudici italiani dovranno verificare se il sistema attuale delle supplenze annuali sia fondato su giustificate esigenze. Il rilevato motivo di contrasto tra il sistema italiano e la direttiva sul lavoro a tempo determinato risiede nel fatto che il sistema delle supplenze annuali di fatto rinnova periodicamente dei
contratti a tempo determinato per provvedere alla copertura di posti vacanti d’insegnamento. Tali rinnovi sono effettuati senza che però si abbia certezza sulla data di conclusione delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo né si definiscano criteri obiettivi e trasparenti per verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale. Inoltre il sistema attuale non prevede alcuna misura per prevenire e sanzionare il ricorso abusivo alla successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore scolastico. Questa prospettiva è ciò che è oggi all’attenzione dell’Europa, e va nella stessa direzione di ciò che il Governo intende offrire alla scuola grazie ad un piano di assunzioni straordinario e ad un nuovo concorso che – insieme – diano una risposta alle aspettative non solo di quasi 200 mila aspiranti docenti di ruolo ma ad alcuni milioni di studenti, che si meritano docenti che, quando la mattina vanno a scuola, pensano non tanto a cosa succederà loro l’anno dopo, al successivo “walzer” di supplenze, o a come saranno posizionati in una qualche lista d’attesa, ma a come migliorare ciò che fanno ogni giorno in classe.
A COSA PUNTA il Governo.
In sintesi, il piano straordinario per assumere quasi 150 mila nuovi docenti a settembre 2015 e il nuovo concorso per oltre 40 mila posti sul triennio 2016-2019 permetteranno congiuntamente di:
• dotare stabilmente la scuola italiana di tutti i docenti di cui ha bisogno (organico di diritto), sia per le materie già previste dagli ordinamenti sia per aggiornare e ampliare l’offerta formativa;
• creare le condizioni per il tempo pieno nella scuola primaria, che verrebbe incontro alle esigenze di moltissime famiglie italiane;
• mettere fine alle supplenze, a tutte quelle di lunga durata e a gran parte di quelle brevi, che rendono incerta la vita degli insegnanti, non offrono agli studenti le possibilità di una didattica continuativa e moderna, e creano difficoltà organizzative ai presidi e alle scuole;
• chiudere i conti col passato, mettendo fine al precariato storico della scuola italiana;
• avviare un sistema regolare di concorsi pubblici che dia una prospettiva chiara di assunzione a qualche decina di migliaia di giovani che hanno investito tempo, soldi ed energie per abilitarsi, e quindi per seguire la loro passione per l’insegnamento;
• rispondere in maniera più che efficace al richiamo che ci arriva dall’Europa.
Dopo il 2015-2016, quando sarà ristabilita la regola dell’assunzione solo per concorso, l’abilitazione all’insegnamento diventerà centrale. Da un lato perché in futuro i concorsi saranno riservati ai soli abilitati. Dall’altro perché solo gli abilitati potranno scriversi nelle nuove graduatorie di istituto ed essere chiamati a svolgere le poche supplenze in classe che non si dovesse riuscire ad eliminare del tutto attraverso la nuova gestione interna alle scuole e agli organici funzionali. Il sistema attuale ha prodotto, infatti, una duplice evidente distorsione, dal momento che, da un lato, al concorso hanno potuto partecipare anche i non
abilitati, e che, dall’altro, nelle graduatorie di istituto, da cui si attinge per le supplenze, ci si è potuti iscrivere anche senza l’abilitazione (seppure in coda, nella c.d. III fascia). In questo modo, l’abilitazione ha perso di senso e di valore ed ha finito per valere decisamente meno di quanto dovrebbe.
Il risultato di tutto ciò è che abbiamo trasformato l’abilitazione in uno strumento non per diventare docenti, ma per diventare precari ed entrare in questo modo in competizione con decine di migliaia di altre
persone ancora più precarie.
LA NUOVA PROCEDURA DI ABILITAZIONE.
L’attuale sistema di abilitazione previsto dal d.m. n. 249 del 2010 è il Tirocinio Formativo attivo (TFA). Tuttavia, negli ultimi anni, un altro canale per conseguire l’abilitazione sono stati i c.d. percorsi abilitanti speciali (PAS). Quindi, da un lato i Tirocini formativi attivi (TFA), destinati a coloro che – freschi di laurea ma ancora senza esperienza – volevano portare avanti la loro vocazione per l’insegnamento nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. Fino al 2008 per tutti costoro esistevano le Scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario (SSIS) che duravano due anni. Una volta abolite le SSIS, lo Stato ha
inventato un percorso che prevede, all’esito di una selezione nazionale basata su test preselettivi e prove scritte e orali, un anno di formazione per un totale di 1.500 ore di attività, di cui una parte nelle aule universitarie e il resto direttamente a scuola, dove gli abilitanti assistono i docenti di ruolo, oppure collaborano con gli stessi nella preparazione delle esercitazioni, nella preparazione delle lezioni e nell’assistenza agli studenti con difficoltà di apprendimento. I risultati di questo percorso sono stati – per il primo ciclo di TFA – di oltre 115.500 candidati presenti alle prove preselettive, e di quasi 10.500 “tieffini” abilitati alla fine del percorso di circa 1 anno. Il secondo ciclo, appena avviato, ha visto quasi 160 mila candidature e porterà entro ottobre a selezionare quasi 22.500 aspiranti docenti che si abiliteranno entro il mese di luglio del 2015. Dall’altro lato i c.d. percorsi abilitanti speciali (PAS), che si sono resi necessari
perché moltissimi precari avevano maturato ormai non settimane, ma anni di insegnamento, ed era giusto
e necessario offrire loro un percorso che riconoscesse loro l’“abilitazione meritata sul campo”. Ai PAS hanno potuto accedere coloro che avevano almeno tre anni di insegnamento, che hanno dovuto seguire un percorso di formazione attraverso corsi presso le università per il conseguimento di 41 crediti formativi universitari. Il risultato è stato che, allo stato, l’80% di coloro che si sono iscritti hanno ottenuto l’abilitazione, e che oggi abbiamo 69 mila “passini”.
Questo doppio canale di abilitazione ha contribuito a creare una forte contrapposizione tra i nuovi
gruppi di abilitati, ognuno dei quali ritiene di aver fatto un percorso di abilitazione più difficile degli altri, e
quindi di meritare di più, e di meritare prima. La laurea abilitante in scienze della Formazione Primaria. Il corso di laurea magistrale quinquennale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria è preordinato alla formazione culturale e professionale di coloro che decidono di voler insegnare nelle scuole dell’infanzia e primaria. È un percorso già immediatamente abilitante, comprensivo delle attività di tirocinio.
L´ABILITAZIONE FINO A OGGI
Tutto questo non può più essere accettato. Serve ridare dignità, fiducia e prospettiva a coloro che ottengono l’abilitazione, facendone uno strumento rigoroso che permetta di abilitare tutti (e solo) coloro che scelgono di diventare insegnanti e che, in aggiunta ad una adeguata competenza disciplinare, dimostrano
non solo di sapere, ma di saper insegnare. Serve un’unica procedura di abilitazione – unica per tutti –
basata sulla combinazione di due “momenti”. Il primo momento riguarderà la formazione vera e
propria, e quindi il periodo universitario. Gli ordinamenti universitari dovranno realmente far sì che chi aspira a diventare docente possa iscriversi, nel proprio ramo di specializzazione – ad esempio lettere, matematica e scienze, ecc. – ad un biennio specialistico improntato alla didattica, a numero chiuso (cui si potrà accedere attraverso selezione rigorosa per esame e per titoli). Nel corso del biennio di specializzazione, seguirà corsi di didattica e pedagogia, e in generale materie mirate sul lavoro di formazione e crescita dei ragazzi. Chiaramente specifici bienni specialistici potranno funzionare anche per
materie affini, evitando di doverne istituire uno diverso corrispondente con rapporto 1:1 a ogni diverso tipo di laurea oggi esistente. Il secondo momento consisterà – per coloro che, avendo con successo frequentato
il biennio, avranno conseguito una laurea “quasi-abilitante” – in un semestre di tirocinio a scuola. Durante il tirocinio il quasi-abilitato assisterà l’insegnante mentor (vedi capitolo 2) e contribuirà a svolgere alcune attività nella scuola. E otterrà l’abilitazione, al termine del periodo di tirocinio, solo se riceverà una valutazione positiva da parte della scuola (competerà al docente mentor a cui sarà stato assegnato, e al dirigente scolastico). Nel caso i valutazione negativa, potrà ripetere il tirocinio una seconda volta, in un’altra scuola. Nel caso in cui anche questa seconda volta non dovesse andare bene, il tirocinante avrà comunque conseguito la laurea, che potrà spendere in altri ambiti professionali.
Per chi scoprirà di avere una ‘’vocazione tardiva”, magari dopo anni dalla laurea, servirà sostenere gli esami caratterizzanti del biennio specialistico – dopo aver però superato le prove per il numero chiuso, che determinerà il contingente e creerà quindi un canale di abilitazione legato al fabbisogno reale, evitando così di tornare a creare in futuro nuove folle di precari. Con questa nuova procedura, il percorso che porta a diventare docenti risulta nel complesso bilanciato, alternando tra livello nazionale e livello “locale”, con l’università che offre la formazione necessaria, la scuola che attraverso il tirocinio forma e “rilascia la
patente” ai suoi stessi futuri docenti; e con lo Stato che, attraverso il meccanismo del concorso, assicura un filtro nazionale uguale per tutti coloro che saranno assunti nelle scuole italiane.
Blog che si occupa delle dinamiche di gestione della conoscenza, legate ai nuovi scenari tecnologici (ICT). In particolare, gli argomenti trattati sono: innovazione della PA, innovazione dei processi didattici e di apprendimento, gestione della conoscenza aziendale, document management, knowledge management, information sharing.
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