La globalizzazione, vista come un sistematico incontro tra culture prima relativamente separate, ha notevole impatto sulla formazione dell'identità personale. La grande crisi, che coinvolge il sistema capitalistico mondiale, però sta terremotando valori e radici antiche, generando un senso profondo e diffuso di insicurezza tra la gente. In questo nuovo ciclo cosmico, si assiste al disfacimento della cosiddetta omogeneità culturale e alla sostituzione di un modello culturale multietnico, il cosiddetto ambiente Fuzzy.
Un ambiente di questo genere è quello in cui le sfumature fanno da padrone. Non più una suddivisione gerarchica tra bianco e nero, tra bene e male, tra amico e nemico. Un ambiente in cui la flessibilità è la risposta più valida al vivere sociale e umano. Certo significa scardinare modi di pensare e di vivere e questo porta con se necessariamente un po’ di paura. Per tale motivo ci si aggrappa con forza all’identità culturale, alle radici, alla tradizione. Come se fosse uno scoglio sicuro che permette la conservazione di sé stessi e della propria uniformità.
La definizione di identità e appartenenza culturale, in un mondo che negli ultimi anni ha visto velocemente incrementare i processi di scambio, connessione e interdipendenza, diventa sempre più complessa. La stessa reazione allo spaesamento e allo sradicamento è rappresentato dal bisogno delle persone di associarsi, di mettersi insieme.
Reciprocità, relazionalità, auto-organizzazione, scambio, dono, solidarietà, sono parole che riecheggiano con sempre maggiore frequenza tra le persone, come fossero parole magiche ed evocassero una forza risolutiva.
Ciò significa interagire con la retorica dell’Identità, non intesa come qualcosa di statico e declaratorio, di consolatorio e assolutorio.
L’identità è qualcosa che muta nel tempo, qualcosa che ereditiamo ma che in maggior misura dobbiamo costruire, dobbiamo guadagnarci giorno per giorno.
L’identità deve, dunque, necessariamente ibridarsi con il mutamento sociale e lo sviluppo, se non vuole cadere nella sterile rivisitazione nostalgica.
Un passo avanti in questa direzione si compie se la logica della solidarietà che presiede ai processi di sviluppo collettivo volti ad entrare nell’ambito dei principi e degli strumenti di cittadinanza attiva
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