Il primo e più immediato dei significati associati al termine società della conoscenza riguarda la rilevanza crescente del sapere in quanto risorsa per la vita individuale e collettiva. Oggi risorse economiche di base non sono più soltanto il capitale finanziario o le risorse naturali, ma anche, o forse soprattutto, i saperi, la creatività, le relazioni e tutto quello che oggi viene definito capitale umano e intellettuale.
Non è il caso di insistere in modo particolare su questo punto, non perché non rappresenti la principale connotazione della società della conoscenza, ma perché esiste una diffusa consapevolezza dell’importanza sociale del cosiddetto triangolo della conoscenza (istruzione, ricerca e innovazione) in particolare per promuovere la crescita e l’occupazione (Hervàs Soriano e Mulatero, 2009). È tuttavia importante aggiungere che, quando si parla di rilevanza del sapere, non esiste soltanto il versante dello sviluppo economico. Il sapere è anche lo strumento per progredire in una direzione, forse ancora un po’ remota ed utopica, che potremmo chiamare civiltà della conoscenza.
I possibili significati di questo termine sono, almeno in parte, ancora da costruire. Potremmo comunque identificare il nucleo centrale di questa utopia nell’integrazione fra maturità cognitiva e maturità etico-relazionale. Nella civiltà della conoscenza la dimensione cognitiva e quella etica non sono più indipendenti fra loro e sono invece legate in un rapporto di rinforzo reciproco sia a livello del singolo individuo che della collettività. In particolare la maturità cognitiva collettiva determina un contesto capace di riconoscere il vero e il bene dietro lo schermo della complessità degli eventi e della molteplicità delle immagini promuovendo in tal
modo l’etica della vita pubblica in ambito sociale, economico e politico. Gardner (2007) riconosce nella dimensione etica la quinta (ed ultima) della chiavi necessarie per affrontare il futuro.
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