Dopo l'approvazione della legge di conversione del decreto “Crescita 2.0” (legge n° 179 del 18/10/2012) che ha sancito di fatto l'obbligatorietà della pubblicazione dei dati in possesso delle amministrazioni, il tema sul tavolo non è più “se” deve essere perseguita una politica di promozione degli open data ma “come” farlo. A partire dalla consapevolezza dell'enorme potenziale che questo passaggio ha sia per l'evoluzione democratica, sia per l'efficienza della macchina amministrativa sia per lo sviluppo del settore IT dal punto di vista dell'evoluzione democratica, perché l'apertura dei dati consente una forte accelerazione nel processo di trasparenza che è nei principi di base della partecipazione democratica, dell'Open Government, consentendo ai cittadini non solo scelte consapevoli sui servizi pubblici, ma anche capacità di controllo sull'operato di chi amministra e governa, fino al controllo dei bilanci e delle operazioni di spesa . il tutto riveste ulteriore importanza dal punto di vista dell'efficienza amministrativa, perché la pubblicazione dei dati obbliga le amministrazioni ad esporsi verso gli utilizzatori assumendosi la responsabilità della qualità dei dati e acquisendo la capacità di gestire il feedback da chi (enti e imprese) può utilizzarli per i propri prodotti e servizi.
Dal punto di vista dello sviluppo del settore IT, inoltre, la disponibilità ingente di dati sul territorio consente l'incremento esponenziale di generazione di idee di sviluppo di applicazioni e di servizi per organizzazioni e cittadini.
Questa è sicuramente una grande possibilità non solo per cambiare nel profondo il rapporto tra cittadini e istituzioni, ma anche per la riorganizzazione dei processi delle amministrazioni pubbliche, e per favorire lo sviluppo e la crescita di iniziative imprenditoriali ICT; per sfruttare appieno questa opportunità occorrono però alcuni ingredienti fondamentali, quali ad esempio: la definizione di una strategia e di un progetto di cambiamento; una linea di indirizzo operativo che consenta alle amministrazioni di disporre di indicazioni sui vari aspetti normativi e tecnici dell'apertura dei dati; una governance che favorisca la condivisione di esperienze e risultati tra le amministrazioni, indirizzato al loro riutilizzo; un luogo che favorisca lo scambio tra amministrazioni, imprese, università, associazioni, in una logica di open innovation.
Da qui la proposta di progettazione, oramai sempre più ragionevole di creazione di un “Istituto per gli Open Data”, sotto forma di organismo indipendente e no-profit, che possa essere uno strumento di formazione e stimolo di una più ampia e solida “domanda” di dati per la realizzazione di servizi innovativi, in grado di innescare un circolo virtuoso di convenienze reciproche tra chi favorisce la distribuzione di dati, ricevendone in cambio nuovi servizi e nuovo valore, e chi quei dati utilizza per ampliare la propria “offerta” imprenditoriale. Un ente che dovrebbe rivolgersi principalmente a tre categorie di interlocutori: le associazioni e i centri di studio e ricerca, che sono i “naturali” compagni di viaggio di questa iniziativa; le imprese, che dovranno sostenere, economicamente e con la realizzazione di progetti comuni, la vita dell’Istituto; le pubbliche amministrazioni e i grandi fornitori di dati, infine, che sono la controparte attiva della attività dell’Istituto, il terminale di quella domanda che l’Istituto dovrà contribuire a formare.
Articolo tratto dalla rubrica 'La spir@le della conoscenza' Info Oggi del 15/06/2014http://www.infooggi.it/articolo/la-proposta-di-un-istituto-per-gli-open-data/66980/
Nessun commento:
Posta un commento